Vittorio Craxi

Voglio esprimere un'opinione, come del resto è già avvenuto nel recente passato a proposito della sorte del socialismo italiano, sul futuro della sinistra dopo il cosiddetto 'Lingotto veltroniano', una gara di idee e di primati riformisti alla quale la Costituente socialista non si potrà sottrarre, cercando di adottare un profilo all'altezza del compito e delle responsabilità cui è chiamata una tradizione dalla grande storia, dall'incerto presente, ma dal sicuro futuro. Mi si consenta, tuttavia, di ricordare per quali ragioni siamo arrivati ad un'accelerazione così improvvisa del quadro politico italiano, ad un cambio di rotta determinato e repentino, poiché l'interrogarsi sui motivi di certi eventi rendono questi ultimi meno improvvisi e originali di quanto si possa pensare. C'è stata, nelle ultime settimane, una devastante e roboante campagna di delegittimazione della politica italiana. Lo stile era quello del 1992: questa volta non si trattava di un film, ma di un libro, non di una questione morale trasformatasi in questione giudiziaria, ma solo del suo preannuncio, che tuttavia è servito a procurare una stangata elettorale con un seguito condito da defenestramenti di generali e viceministri, di intercettazioni di uomini politici e, come in una canzone di Rino Gaetano, di banche e banchieri, furbetti e 'botteghini', di passi in avanti e passi all'indietro. In questo quadro di insieme, ci si può tuffare con maggiore chiarezza nella sfida lanciata da Walter, che ha cercato di aprirsi spazi più larghi per evitare di sprofondare nel terreno limaccioso in cui sembra essersi impantanata l'esperienza del II governo Prodi. Veltroni non ha la fama di un riformista, non si possono a lui ascrivere nessuna delle riforme prodotte dal centro-sinistra dal dopoguerra. Semmai, egli si è contraddistinto per il suo contrario, promuovendo battaglie conservatrici contro il pluralismo dell'informazione. Tuttavia, calibrando con equilibrio realismo politico e suggestioni ideali, facendo sintesi tra prospettive e contenuti, ha declinato in forme diverse parole d'ordine non nuove, per la verità, in cui l'eco della migliore stagione socialista, come nella nota canzone 'Er barcarolo, "s'arisente": decisione, innovazione, modernizzazione e tutela del merito a fianco (ca va sans dire) a quella del bisogno. Un modello, quello della stagione liberalsocialista, che non rappresentò mai un'ispirazione o un 'filone' politico verso cui tendere, bensì un esempio che la sinistra italiana avrebbe dovuto contrastare. Intendiamoci, gli ossimori 'veltroniani' possono benissimo stare assieme: industria e sindacato, diritti e responsabilità, sviluppo e solidarietà, ma quando essi sono in grado di penetrare nelle agende del governo della responsabilità quotidiana, in cui le scelte politiche non devono essere il prodotto di un compromesso. In tal senso, chiunque, nella storia più recente della sinistra, abbia varcato le 'colonne d'Ercole' della velleità riformista, ha finito per pagare un prezzo, col soccombere senza mai rompere con l'area del massimalismo radicale. Ora, in un discorso che preannuncia un'assunzione di responsabilità ma che, allo stato, deresponsabilizza chi lo pronuncia, è giusto cogliere l'essenza della sfida che in esso viene lanciata, in particolare quando ci si riferisce alla necessità, fino ad ora mai pronunciata con tanta enfasi nella sinistra che ha governato in questi anni, di una revisione profonda dell'assetto costituzionale del Paese e dell'esigenza di una riorganizzazione del sistema politico che tocca con mano lo stato della sua crisi. Il Partito democratico, d'altronde, sceglie di essere nuovo, ma non può dichiararsi certo 'vergine'. Ed una risposta politica seria deve tener conto anche del peso che le grandi tradizioni democratiche hanno avuto nel nostro Paese, la cui assenza non può sentirsi colmata da un 'Melting Pot' prodotto di un'accelerazione congiunturale. In questo senso, i socialisti democratici e liberali ribadiscono che la questione socialista non è una variabile indipendente. E non è un bell'atteggiamento quello del 'vincitore' che tende a rimuovere la questione stessa, semmai rappresenta il comportamento di chi pensa che la 'buona sorte' che ha risparmiato il comunismo italiano dalla dura ed aspra urgenza di una revisione, possa continuare per tutto il resto della traversata, tralasciando il totale silenzio di Veltroni intorno al quadro internazionale non solo in merito alle alleanze, ma anche sui compiti e le responsabilità del nostro Paese. C'è infatti un problema di compatibilità del sistema politico italiano con il resto della democrazia politica dell'Europa e nel rapporto con le esperienze delle socialdemocrazie, diverse tra loro nelle ricette mediante le quali affrontano le nuove sfide, ma unite nel solco dell'identità e della tradizione. Inoltre, sarà difficile non sciogliere il 'nodo' del rapporto con il mondo laico e socialista, perché ignorare la questione laica o ridurla alla semplice risoluzione del problema dei 'patti di convivenza' significa non aver colto il nesso indissolubile tra libertà e laicità in uno Stato moderno. Per questo ed altro, io credo che la Costituente socialista, aperta e libera, nel suo sforzo di colmare il vuoto che il Partito democratico lascia e nel sottolineare ciò che nell'attuale centro-sinistra non va e che, invece, potrebbe andare, sia già una prima risposta concreta al Lingotto. L'altra grande sfida riguarderà, nel futuro, anche la questione del 'timone' del centro-sinistra: non dobbiamo far sentire Walter da solo in una gara in cui il sostegno mediatico è un abbraccio che soffoca non solo chi lo riceve. E se c'è qualcosa che cambia veramente, caro Franchi, è il fatto che anche nell'area laico-socialista ci si può preparare ad una 'candidatura di area' alternativa e complementare, che sappia fornire risposte efficaci e convincenti in grado di superare le contraddizioni del Pd e rappresentare un'ideale di governabilità che non può essere lasciato al centro-destra, interpretando così un vero nuovo senso di marcia, di direzione e di vocazione del socialismo riformista e liberale che, in questo Paese, ha radici e alleanze più solide di quanto il nostro peso specifico sia lì a dimostrare.     




(articolo tratto dal quotidiano "Il Riformista" del 3 luglio 2007)

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