Saverio ZavettieriNoi socialisti del Nuovo Psi siamo stati i primi a prendere atto della crisi irreversibile del bipolarismo, un sistema politico che in questi anni non ha saputo dare risposte concrete ai bisogni del Paese. Un nuovo soggetto politico in grado di riorganizzare tutta l’area laica, socialista, liberale e radicale rappresenterebbe, perciò, un contributo forte per lo sbocco positivo di questa crisi. In ciò, noi ci sentiamo vincolati da una decisione congressuale. Abbiamo infatti celebrato un Congresso ‘vero’ che, fra l’altro, ci è anche costato una dolorosa scissione da parte del Segretario Nazionale uscente proprio sulla questione politica delle alleanze. Per cui, sarebbe davvero strano se noi adesso non confermassimo tale scelta. Questo è stato, infatti, il nostro punto di partenza: una decisione chiara nell’ambito del centro-sinistra in funzione del nuovo soggetto politico, la ‘Rosa nel pugno’, da costruire assieme ai socialisti dello Sdi e ai radicali. Il nuovo soggetto deve essere una forza riformista che assuma responsabilità di governo e che, in quanto tale, cerchi di dare soluzioni ai problemi del Paese. La diatriba con De Michelis, a questo punto, può considerarsi superata. Egli ancora si attarda nella rivendicazione di un ruolo che non può più appartenergli, dopo aver abbandonato un Congresso che aveva perso sia sul piano politico, sia su quello organizzativo. Le cose, sotto tale aspetto, mi appaiono assolutamente lampanti e lineari e, se costretti, ci rivolgeremo alla magistratura, anche se lo faremo molto a malincuore, poiché secondo noi il nodo politico è stato sciolto da un Congresso legittimo che ha eletto un nuovo Segretario e, di conseguenza una nuova Assemblea nazionale, una nuova Direzione e, di recente, nuovi organi di Segreteria. L’alleanza con lo Sdi e i radicali, invece, per quanto ci riguarda è ancora nella fase di avvio. Per noi si è trattato una scelta di fondo, che abbiamo confermato anche nella recente Direzione Nazionale: ma il nostro interesse è quello di costruire un vero soggetto politico e non solo un’alleanza elettorale, perché le due cose sono sostanzialmente diverse.
Se dobbiamo discutere e impegnarci per la costruzione di una nuova formazione politica, diviene infatti essenziale discutere assieme la base programmatica. Il profilo di una compagine del genere dipende dai contenuti, dai valori, dai programmi e dai simboli. Questa nuova forza deve rappresentare la sintesi o, meglio, la fusione tra l’esperienza dei socialisti riformisti e dei radicali. E, per far questo, è necessario un approfondimento della piattaforma che i radicali e lo Sdi definiscono “i punti di Fiuggi”, che noi non possiamo accettare a scatola chiusa. Se, invece, si vuole solo tentare un’alleanza elettorale, cosa che a noi interessa molto meno, tale operazione si può anche fare discutendo solo su alcuni elementi programmatici, anche se, in tal caso, il discorso diviene assai meno impegnativo. Ad esempio, lo Sdi e i radicali, per parte propria, hanno già presentato il simbolo della “Rosa nel pugno”: noi non abbiamo nulla in contrario, in linea di principio, che sia questo il simbolo adottato dal nuovo soggetto politico. Però, abbiamo avanzato una proposta per mantenere anche quello del garofano, allo scopo di tenere il nuovo soggetto politico strettamente collegato alla storia socialista del nostro Paese, che non può essere, in nessun modo, archiviata. Questa nostra proposta non ha ancora avuto un riscontro favorevole, ma continueremo a lavorare e ad insistere, soprattutto con Boselli e con i socialisti dello Sdi, sull’obiettivo dell’Unità socialista, che non è affatto contraddittoria o alternativa al progetto di fusione con i radicali e che può allargare moltissimo l’area di un progetto che, altrimenti, rischierebbe di presentarsi con una base di consenso molto più ristretta. Per quanto concerne, infine, il tema della laicità dello Stato, io ritengo che i socialisti, intorno a ciò, non debbano esprimere nessun atto di fede, poiché la nostra laicità è a prova di bomba, a partire dalla divisione con i comunisti, nel 1947, sull’approvazione dell’articolo 7 della Costituzione. Lo stesso Concordato stipulato da Bettino Craxi nel 1984 credo che mantenga il principio della sovranità dello Stato, riconoscendo alla Chiesa una funzione importante. Certamente, gli accordi si possono aggiornare e rivedere. Tuttavia, io non parlerei per nulla di abolizione o di superamento del Concordato, perché penso che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, in questi anni, abbiano funzionato, anche se, soprattutto in quest’ultima fase - e anche a causa del vuoto della politica – indubbiamente vi è stato un intervento sempre maggiore delle gerarchie ecclesiastiche sulla vita pubblica del Paese. Ma se di offensiva si tratta, certamente essa va bloccata, ragionando, però, non certo in termini di scontro o di ritorsione.
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