Michela DiamantiNon vorremmo accodarci al lungo elenco di richieste che, in questi giorni, affollano i comunicati stampa di auguri di buon lavoro al nuovo governo. Con la retorica degli auguri, infatti, si cerca sempre di ricordare a un esecutivo entrante di occuparsi di tutto e di tutti, praticamente. Tuttavia, ci sono un paio di situazioni nel settore della moda che vorremmo ricordare al nuovo governo 'di sinistra', poiché decisamente preoccupanti: Stefanel e Brioni. Nel primo caso, si tratta di un marchio prestigioso, che ha furoreggiato negli anni '80 del secolo scorso e che, quasi inspiegabilmente, dai primi anni duemila ha imboccato un lento ma inesorabile declino, sino a entrare ufficialmente in crisi. Oggi, l'azienda trevigiana si ritrova ufficialmente in vendita. Senza compratori, purtroppo. E se le cose continueranno così, sarà costretta a chiudere per cessata attività. I posti di lavoro a rischio sono solo un centinaio. Ma bisogna anche ricordare che, alla fine del 1987, Stefanel aveva un organico operativo di più di 600 addetti. Stessa sorte rischia la Brioni, fabbrica di abbigliamento maschile di proprietà del gruppo francese Kering. Nonostante gli investimenti effettuati e le riorganizzazioni industriali affrontate, anche questo marchio continua a vedere i suoi bilanci in perdita. E i sindacati sono sul piede di guerra. La nostra impressione rimane quella di una classe imprenditoriale che proprio non riesce a pensare nuove forme di riconversione 'green' o 'eco-friendly'. Sembrano quasi non comprendere di cosa si tratti. Ma soprattutto, oltre alle consuete e dolorose politiche di risparmio non si sa andare, perdendo 'know-how' e tagliando gli stipendi di chi, al contrario, potrebbe portare idee innovative. Sono proprio le idee che non piacciono, nel mondo della nostra imprenditoria. Che probabilmente è invecchiata e ha perso slancio, non comprende più dove sta andando il mondo, non riesce ad anticipare in alcun modo una risposta che sappia individuare nuovi sbocchi di mercato. Riconversione 'verde' e formazione di nuove professionalità: nell'epoca di internet non dovrebbe essere così difficile da comprendere, poiché anche l'imprenditore non è un mestiere come un altro. Una professione che, ovviamente, dev'essere accompagnata da una coerente politica industriale, che sappia indirizzare l'intero 'Made in Italy' verso nuove e più coraggiose frontiere. Ma anche il coraggio, se un imprenditore o un'intero ceto politico non ce l'ha, di certo non se lo può dare. Purtroppo.


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