Ilaria CordìE così viene fuori che il Pd romano è un Partito completamente 'malato', in cui predominante era il dominio dei 'signori delle tessere'. Un classico caso di basso feudalesimo politico, totalmente imperniato su favoritismi e clientele. Ecco perché l'economia della capitale d'Italia risultava praticamente 'inchiodata' da decenni: la logica delle 'conventicole' e degli 'amici degli amici' la stavano letteralmente soffocando. L'Italia, come sappiamo, è un Paese cattolico: cosa significa tale affermazione? Semplicemente, che qui da noi una qualsiasi concezione di pensiero finisce col mescolarsi, invariabilmente, con tale millenario filone teologico-morale. Ciò deriva da una serie di ragioni storiche ben precise. Innanzitutto, nonostante l'ottica oscurantista e conservatrice delle istituzioni ecclesiastiche del passato, il popolo italiano ha saputo mantenere, nella sua conformazione culturale più profonda, una propensione all'interpretazione subliminalmente simbolica del messaggio evangelico. Ed era naturale che ciò avvenisse, poiché la più autentica essenzialità filosofica del cattolicesimo mantiene una propria connaturata 'elasticità' naturalistica, escatologica e morale che gli ha sempre permesso di andare incontro alle vicissitudini individuali degli italiani. Il che non è cosa molto piacevole da constatare, poiché corrisponde al dato storico di un Paese popolarmente 'aggrappato', nel corso dei secoli, a una visione capace di fornirgli finalità e speranze. La dottrina espressa dalla Chiesa di Roma è sempre stata particolarmente adatta a tali esigenze, persino in senso psicologico. Le distinte letture storiche che di essa possono aversi, la pongono in una condizione a prima vista molto complicata, ma in realtà assai vantaggiosa in termini speculativi, permettendole da sempre di fornire una visione relativa e totalizzante al tempo stesso, consuetudinaria e trascendente, rivoluzionaria e conservatrice. Ciò è avvenuto principalmente a causa di una serie di caratteristiche insite nel messaggio cristiano: una sorta di moralismo individualista coniugato all'incredibile 'pretesa' teologica d'inquadramento omnicomprensivo di ogni tipo di realtà umana. Una qualità che rende il cattolicesimo schematico e, al contempo, eterodosso, a seconda dell'angolo di visuale da cui si osserva ogni singolo fenomeno, che spiega assai bene un utilizzo totalmente strumentale della religione stessa. A noi qui non interessa rovistare tra gli eccessi inquisitori o di ortodossia dell'istituzione ecclesiastica romana, quanto osservarne la capacità di presa 'sentimentale' sulle radici culturali del popolo italiano e della città di Roma in particolare. Sino al 1870, la Chiesa ha mantenuto un potere temporale e politico su larga parte dell'Italia centrale. La cosa aveva avuto inizio all'incirca un millennio prima (728 d. C.), ma proprio quelle regioni che per più lungo tempo hanno subito 'direttamente' l'influenza egemonica della Chiesa sono quelle che, oggi, vivono con un certo grado di 'originalità' il proprio sentimento di religiosità interiore, pur continuando a dichiararsi, anche apertamente, cattoliche. Tale realtà possiede in sé una spiegazione che, per quanto riassuntiva, è per buona parte esatta: i popoli dell'Italia centrale hanno sempre rifuggito la religiosità ufficiale, quella precostituita e intrisa di autoritarismo, generandone un'altra basata sull'interpretazione popolare. Seguendo un simile ragionamento, si finisce col doversi addentrare ulteriormente intorno a una tematica culturalmente assai complessa, quale quella della Controriforma e delle sue conseguenze, storiche ed empiriche, sull'evoluzione italiana. Tuttavia, alcune conclusioni possono essere mutuate sin d'ora, al fine di avanzare più speditamente su un terreno più propriamente politico-culturale: nonostante il lungo andare dei tempi e il susseguirsi dei progressi delle scienze empiriche, lo 'spirito' della dottrina cristiana è riuscito a mantenere una propria 'libertà di movimento' rispetto a ogni possibile inquadramento legislativo o giurisdizionale che ogni qualsivoglia organizzazione politica, gerarchica o rivoluzionaria, potesse tentare di imporgli. Il cattolicesimo possiede una serie di peculiarità ideologiche che poco o nulla hanno a che vedere con la democrazia, poiché esso finisce con l'imporsi, in un modo o in un altro e in quanto religione 'trascendente', su ogni altra opinione o considerazione possibile, compenetrandosi o inglobando queste stesse. Ecco, dunque, da dove deriva una certa naturale tendenza alle ipocrisie e alle 'mezze verità', la terrificante abitudine a nascondere numerosi elementi di ogni questione, al fine di sottacerne il peso e l'importanza. E' il nostro cattolicesimo, egoistico e intermittente, a comportare un altissimo grado di incoerenza, giustificando ogni interpretazione di comodo dei fatti e delle cose. La trascendenza religiosa giustifica comportamenti da 'guitti'; sorvola su ogni tipo di distinzione tra interesse pubblico e privato, seppur legittimo; impedisce ogni programmazione stabile dei nostri impegni quotidiani, personali o professionali che siano; ci permette di optare per l'ultima cosa che ci viene in mente rispetto alle intenzioni programmate in precedenza; soprattutto, genera un ambiguo irrazionalismo legato a stati d'animo totalmente momentanei, dissimulati dai formalismi e dalle mere apparenze. Esattamente, come quei 'catto-romanacci' del Pd.


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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - venerdi 26 giugno 2015 13.27
RISPOSTA AD ARBOR: gentilissimo lettore, l'autonomia deontologica e professionale di una giornalista dovrebbe imporre innanzitutto a lei di rispettare chi si espone con un'opinione culturalmente degna e di grado assai elevato. Se lei è il primo a non rispettare gli altri esprimendo giudizi che non le competono, non si capisce per quale motivo noi dovremmo mutare la nostra linea editoriale. Lei vuole sapere, sic et simpliciter, la nostra posizione intorno alla questione romana e sul sindaco Marino. Ma per noi, le cose non sono affatto così semplici come sembrano a prima vista. Se lei fosse realmente informato sui fatti romani, converrebbe certamente, per esempio, che un sovrintendente che si astiene dal fare il proprio lavoro al solo fine di danneggiare minacciosamente un sindaco e la sua battaglia etica - e niente affatto burocratica - in favore del rispetto fiscale delle regole, non faccia altro che esprimere una 'mafiosità' insita nel Dna culturale degli italiani. E noi abbiamo semplicemente cercato di andare alle cause storiche, sociologiche e culturali di simili atteggiamenti. Se analisi di questo genere le danno fastidio può tranquillamente astenersi dal leggerci. E, soprattutto, di screditare chi esercita una professione che non è la sua. L'articolo è tecnicamente scritto in buon italiano, dunque difficilmente criticabile sotto un profilo tecnico. Se lei, invece, non è d'accordo sui contenuti dell'opinione espressa, allora si limiti a esprimersi intorno a questi, togliendosi questo maledetto viziaccio di giudicare il prossimo senza averne alcun titolo e competenza, sulla base della banalissima scusa dell'uomo della strada che non può comprendere analisi troppo complesse. Il giornalista ha il dovere di approfondire, non di semplificare, poiché esercita una professione che non lo obbliga a schierarsi politicamente con una parte anziché un'altra. E siamo anche certi che, in merito a molte caratteristiche 'cialtronesche' degli italiani, il buon Montanelli sarebbe certamente con noi. Cordiali saluti. VL
ARBOR - MILANO - Mail - mercoledi 24 giugno 2015 17.31
Analisi così confusa dove non si capisce se Marino dovrebbe andarsene o farsi eleggere undicesimo re di Roma.
Penso che se Monatenelli la potesse leggere non avrebbe sosta nel rigirarsi nella tomba.
Per favore, chi scrive abbia un po' di rispetto per chi legge.


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