Antonio Suraci

Il consenso del Vaticano, nella recente storia d’Italia, è stato uno dei motivi dominanti la politica italiana. Successivamente, quello degli Stati Uniti. Oggi si aggiunge quello di Israele. La politica interna ed estera è così delineata. Non ci sarebbe nulla di male se questa ricerca di consensi non fosse una malattia della numenklatura temporaneamente al potere. Non basta evidentemente la legittimazione popolare a governare, ovvero avere una maggioranza della popolazione che offre il proprio consenso. Questo viene legittimato pienamente se avallato da altri consensi qualificati, altrimenti risulta, o può risultare, insufficiente. Osservare le immagini di un Berlusconi raggiante che, come figlio, si inchina a baciare la mano di Ratzinger non rappresenta il massimo della qualità politica che intende rappresentare. Era una visita di Stato e non privata, durante la quale avrebbe potuto anche piangere sulla spalla del Papa e nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare. Ma vedere genuflessioni e baciamano in una visita di Stato, bisogna ammettere che desta qualche perplessità sull’autonomia di questo esecutivo dalle gerarchie vaticane. La riflessione non nasce da un vuoto laicismo, ma dall’orgoglio di essere uno Stato indipendente conscio della propria dignità e dei valori democratici che rappresenta, nei quali è inclusa l’autonomia da qualunque forma religiosa che in esso vive, maggioritaria o minoritaria che sia. Difatti, finito l’incontro, si apprende che il capo del Governo, logica conseguenza del baciamano, si è detto convinto di rappresentare la nuova Democrazia Cristiana e di assecondare le richieste, valutate pertinenti, provenienti dal Vaticano. Quindi aspettiamoci una offensiva governativa su: scuola, fecondazione assistita, famiglia, aborto e diritti sensibili. Ovvero aspettiamoci un ritorno al Medioevo. Questo tentativo ci lascerebbe forse indifferenti se la società avesse, in parlamento, forze in grado di contrastare questa visione minoritaria della futura società italiana, ma così non è per una volontà meschina di un’opposizione che pretende, essa stessa, mutatis mutandi, di voler rappresentare, seppure in modo più soft, le medesime cose. L’accordo elettorale, perché di ciò si discute, tra le due maggiori aggregazioni elettorali, inizia a produrre quell’effetto soporifero di cui pochi hanno parlato e a cui ancor meno è stata dedicata la giusta attenzione. Il dissenso, per la logica del voto utile e dell’eliminazione delle minoranze, ora è riservato unicamente alla società civile, con conseguenze laceranti e sicuramente non tranquillizzanti. La stupidità di avere eliminato in Parlamento forze politiche di minoranza verrà evidenziata sui temi della libertà individuale e su quelli della libertà civile. Alcuni intellettuali, in tempi non sospetti, hanno sostenuto che il ritorno alle religioni all’interno delle società (peraltro tutto da dimostrare al di là di un esercizio puramente mediatico) era dovuto al vuoto politico che in queste si era generato. L’equazione tra vuoto politico e crisi dei partiti è stata immediata. L’opportunismo ha fatto il resto. Ma di quali partiti si parla? Ci risulta che dalle forze cattoliche e ex-comuniste sia nata la crisi politica e, di conseguenza, partitica generando una pluralità di movimenti e gruppuscoli. Altri hanno subito la resa dei conti tra questi schieramenti senza poter difendere le proprie ragioni e la propria qualità politica, essendo stati allontanati dai mezzi di informazioni e dalla ribalta mediatica. Un disegno che ha attraversato non la società civile, ma quella parte di ‘sepolcri imbiancati’ che ancora, nonostante i guai prodotti, regge le sorti del Paese. Fu Giovanni Berlinguer a parlare di ‘scuola pubblica non statale’, il resto è la logica conseguenza, più o meno velata, di quelle posizioni politiche che miravano e mirano a stabilizzare il consenso del Vaticano su una parte dello schieramento politico. Fu la sinistra, allora saggia e presuntuosa, ad aprire le crepe nella democrazia laica ed oggi quelle crepe rischiano di allargarsi al punto di dividere, non elettoralmente ma di fatto, la società italiana su due diverse interpretazioni della democrazia: l’una, non siamo sicuri se maggioritaria, che vede nel leader il portatore di valori condivisi, l’altra che vede nel pluralismo il rafforzamento dello Stato laico. Queste due visioni rappresentano l’inizio di uno scontro tra poteri e non è detto che lo spirito democratico che sostanzia la nostra Carta Costituzionale resisterà a lungo. Il comportamento di Berlusconi tenuto innanzi alle gerarchie vaticane rappresenta l’epilogo di una politica la cui ondivaga linearità deve essere equamente divisa tra i due maggiori schieramenti elettorali, così come l’eliminazione, per fortuna non fisica, dei laici dal Parlamento. Nessuno potrà mai rappresentare i laici all’interno di contenitori elettorali in cui vige la sola regola di operare per sconfiggere elettoralmente l’avversario, possibilmente sul suo terreno, senza alcun progetto per la società futura che, al contrario, vuole vivere serenamente in quella libertà che rappresenta il mare per i pesci. Oggi siamo costretti a vivere in una vasca guardata a vista per evitare che la forza del branco possa abbattere quei delineati e condivisi confini trascinando nel fango la casta che oggi si ritiene intoccabile. Nessuna società è eternamente immobile, prima o poi il risveglio dei valori democratici rappresenterà la forza grazie alla quale i laici potranno tornare a rappresentare quei valori e principii di cui si nutre l’uomo e nei quali la libertà religiosa rappresenta il più alto sentimento individuale da tutelare e da non contrapporre alle strumentalizzazioni temporali, terreno sul quale solo la Chiesa è abile a giocare le proprie carte.




(articolo tratto dal sito web di informazione e cultura www.diario21.net)
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