Marcello Valeri'Les crétins créateurs' di Federio Maria Monti, edito da Alter Ego, a prima vista sembra un libro 'strano'. Un romanzo estremamente complesso, che parla di 'cretini geniali', quelli su cui la gente, generalmente, non scommetterebbe mai. Innumerevoli personaggi appaiono quasi all'improvviso, presi singolarmente, oppure in comunità. Come per esempio i 'Puspodici', abitanti di un'isola a forma di piede - Pus-Posp - che fa da sfondo all'intera vicenda. Un romanzo che tratta di 'nerds', si direbbe oggi, mutuando un termine americaneggiante. Forse perché Federico Maria Monti un 'nerd' lo è stato, in gioventù. O per lo meno, lo è sembrato a lungo, agli occhi dei più. Anche se, tra i vari 'nerds' romani insieme ai quali è cresciuto o che a lungo ha frequentato, egli era quello meno 'nerd' di tutti. E infatti, la prefazione di Paolo Gabrielli specifica esattamente questa indicazione, visibile in controluce: "Un autore che lascia una traccia d'autore". L'impronta di un ragazzo intelligente ed erudito, con interessi decisamente particolari e specifici per la filosofia e le culture orientali, oltreché per il cinema, di cui è stato 'onnivoro' appassionato. Sì, un autore decisamente 'strano', che la società 'rovesciata' di questi tempi tende a relegare tra i 'borderline', senza rendersi conto che i veri 'funamboli' sono tutti gli altri. Perché nella logica di massa, valgono sempre considerazioni di massa, che in realtà stravolgono pensieri e idee, falsificando ogni cosa. Si ritorna, ancora una volta, al Gramsci sociologo: "Nella società di massa, tendenzialmente gruppuscolare, coloro che sono migliori rispetto agli altri, vengono giudicati peggiori". Invece, Federico Monti è uno vero, che si connota come un autore di qualità, ricco di interessi reali. Uno che non si perderebbe mai nel retrobottega di un bar per dilapidare, con atteggiamenti 'noir' totalmente assurdi e inattuali, il patrimonio di famiglia in ludopatie tanto cretine, quanto croniche. Un autore impossibile da 'appiattire' tra le molteplici 'attitudini mortifere' di un modello sociale che, nel proprio consumismo, finisce col consumare persino se stesso. Eppure, la morte è ben presente nell'opera 'montiana', persino come archetipo. A riprova della profonda sensibilità di un autore che a lungo ha lottato contro questa paura, sin dai tempi in cui era convinto di essere un giovane 'nerd' immerso tra i 'nerds'. Il percorso esperienziale è stato solitario, ma originale. Soggettivo, nonostante le numerose amicizie romane di un ragazzo che ha attraversato per intero la propria generazione. Ma la persona è solida, credibile, affidabile: una di quelle che ci sono sempre, che non tradiscono, soprattutto nelle amicizie e nei rapporti umani. E il suo gusto per il 'bizzarro' non solo non si è mai spento, ma assurge a livelli di 'meta-immaginazione', tendenti a creare personaggi sempre nuovi, quasi al fine di affermare che il mondo avrebbe bisogno di 'cretini' diversi dal solito. Un lavoro che, a un certo punto, vive una torsione contro se stesso, nel tentativo di destrutturare per ristrutturarsi e che, tuttavia, proprio per questo, rende pienamente l'idea di una solida 'base', di uno 'scheletro' adornabile con ciò che si vuole e che, di forza propria, prende le distanze dalla categoria dei 'nerds', per volgersi innanzi allo specchio e dichiarare a se stesso, come capitato a qualcuno prima di lui: "Io sono un gigante". Un romanzo stracolmo di note a piè di pagina, quasi ai livelli degli 'Eretici italiani del cinquecento' di Delio Cantimori, a riprova di una cultura libertaria che non è affatto sinonimo di complessità, di sovrastruttura, o di sofismo ideologico, bensì di studi e interessi coltivati con amore, in piena e assoluta libertà. Una vera e propria costellazione di cretini, quella descritta da Federico Maria Monti, come se l'essere tali - o l'esser considerati tali dal 'piattume' imperante - non fosse altro che un feticcio, uno 'spettro' che non incontra il favore delle ragazzine dei quartieri 'alti', le quali, in fondo, vogliono tutte la stessa cosa, nella convinzione, totalmente distorta, che una società non si fondi sulla cultura o sullo Stato di diritto, bensì sul danaro e sul benessere. Danaro e benessere che, invece, non sono finalità, bensì strumenti per fare cose 'altre' e per gli altri. In Federico Monti, il talento c'è, l'affidabilità personale pure, la profonda cultura anche: cos'è, dunque, ciò che discrimina i cosiddetti 'nerds' da tutti gli altri? Semplicemente, il coraggio di varcare il confine della 'vuota forma', in favore di una verità sacrosanta: e cioè che la cultura non è un mero bagaglio, ma un patrimonio di princìpi e di valori da applicare ogni giorno, in ciò che si crede e in tutto quel che si fa. Un principio che non dovrebbe essere considerata un'eresia. Insomma, un libro di 'cretini profondi' che incontrano il loro stesso limite: quello di essere profondamente cretini di fronte alla rozza semplicità della società attuale, pullulante di 'cretini semplici', che meriterebbero disprezzo persino dalla malvagità.


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