L’On. Dario Rivolta è parlamentare di Forza Italia e Vicepresidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati.

Onorevole Rivolta, è giusto cercare una nuova formula legislativa che regolamenti anche le convivenze che si formano al di fuori del classico matrimonio concordatario?
“La mia proposta di legge “Patto civile di solidarietà” è pensata per coloro che vogliono formalizzare un rapporto di convivenza che non sia necessariamente di tipo famigliare o affettivo. Non sarà, in questo caso, compito del legislatore entrare nel merito delle motivazioni che spingono l’individuo a convivere, ma ritengo opportuno regolamentare una casistica che, attualmente, è molto vasta, in quanto vittima di un vuoto legislativo. Il Patto Civile si propone, infatti, di regolare le diverse forme di convivenza solidale fra due individui, indipendentemente dalle motivazioni che li induce a stare insieme. La convivenza potrebbe anche essere tra due parenti, tra due vicini di casa che decidono di ottimizzare i propri badget e unificare la propria abitazione, tra due persone legate affettivamente, o altro”.

Cosa pensa di Paesi come la Germania e la Francia che già prevedono, nel proprio ordinamento, la regolamentazione delle unioni di fatto anche per le coppie omosessuali, mentre l’Italia su questi temi sembra rimanere indietro?
“La sensibilità sociale si differenzia notevolmente all’interno della Comunità Europea. Questo spiega le differenze in ambito giuridico e legislativo. La mia proposta di legge non mutua alcuna realtà giuridica presente in Europa, ma parte dalla sensibilità sociale italiana. È, però, evidente che anche conviventi omosessuali potranno usufruirne, se lo desidereranno”.

Solo la famiglia tradizionale è corretta, secondo la Costituzione italiana? Oppure alcune sue norme obiettivo, come la realizzazione della assoluta pari dignità sociale e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, sono concetti poco realizzabili nella vita reale?
“La Costituzione italiana prevede un solo tipo di famiglia, quella che tutti conosciamo e che è già regolamentata dal articolo 29 C. In ogni caso, è evidente che gli obiettivi della Carta Costituzionale non sono ancora tutti raggiunti dalla prassi attuale”.

Perché gli omosessuali non hanno diritto a sposarsi? E perché, due ragazzi che si vogliono bene dovrebbero negoziare giuridicamente e per forza il proprio rapporto affettivo?
“Gli omosessuali non hanno diritto a sposarsi perché la Costituzione riconosce il matrimonio come istituzione tipica della famiglia bisessuale. Per quanto riguarda i rapporti affettivi in genere non esiste, evidentemente, nessun obbligo ad una ufficializzazione giuridica. Resta una scelta libera che però implica una naturale coesistenza di diritti e doveri. Chi non volesse passare attraverso i doveri della ufficializzazione non può pretendere dalla società i conseguenti diritti”.

Ma gli italiani hanno la maturità culturale necessaria per interpretare i principi fondamentali della propria Carta costituzionale secondo criteri liberali e libertari e non anarchici o “liberticidi”?
“Quello italiano è un popolo strano. Estremamente formalista fino ad essere profondamente ipocrita, domanda a volte una forma rigidissima per il gusto di violarla continuamente nella prassi. All’inverso è capace di fare affermazioni di principio estremamente liberali o comunque tolleranti salvo poi negare gli stessi principi nei fatti. Non credo sia una questione di immaturità culturale, è un modo di vivere con tanti evidenti vantaggi sul risultato finale del 'tasso di felicità'. Comunque, occorre non dimenticare che, da una parte, il 'diritto' prende sempre atto della realtà e, quindi, suggella ciò che già esiste, dall’altra, la società è in costante evoluzione e si orienta verso nuovi costumi: basti pensare ai cambiamenti nella morale comune e nei comportamenti sessuali ufficiali”.

Siamo un popolo di ‘bacchettoni’ in perenne contraddizione con noi stessi?
“Siamo un popolo che sente moltissimo il concetto di ‘peccato’, ma che ha anche inventato il meccanismo della confessione e, di seguito, dell’assoluzione. Siamo il popolo di Giovanni Boccaccio e di Alessandro Manzoni, di Girolamo Savonarola e di Giordano Bruno, delle gemelle Kessler e di Padre Pio”.

L’amore è inquadrabile in anguste fattispecie giuridiche? È giusto, cioè, tentare di dare delle regole alla cosa ‘più splendidamente sregolata’ del vivere umano?
“L’amore in quanto sentimento non può certo essere ingabbiato né dalle leggi dell’uomo né da quelle di Dio. Tuttavia ogni società avverte la necessità di controllare e incanalare la potenza eversiva dell’amore. Da questo bisogno nascono le istituzioni matrimoniali che di fatto, esistono, seppur in forme diverse, presso tutte le società. Se lei mi chiede se ciò sia giusto le rispondo che dal punto di vista individuale è sicuramente vivibile come un atto repressivo, però dal punto di vista sociale è indispensabile. Comunque nelle moderne società occidentali l’istituzionalizzare o meno un amore, almeno eterosessuale, è una libera scelta. Non farlo lascia una maggiore discrezionalità alla coppia nella gestione del proprio rapporto mentre l’atto di sottomissione sociale viene compensato attraverso attenzioni, privilegi e protezioni che la società riconosce ai partners”.

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