Antonio Di GiovanniLe mutilazioni genitali femminili (Mgf), sono un’orribile tradizione che viene eseguita principalmente in Africa (Egitto, Etiopia, Somalia, Sudan) e consiste nell'escissione, chiamata anche ablazione o asportazione, totale o parziale del clitoride della donna e/o della totale o parziale asportazione delle piccole labbra vaginali o nella cucitura delle grandi labbra vaginali per la restrizione dell'apertura della stessa, detta comunemente infibulazione. L'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che siano già state sottoposte a tale pratica 130 milioni di donne nel mondo e che almeno 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Inoltre, questo fenomeno sta prendendo piede in larga scala anche in Europa: solamente in Italia, si contano gia 40 mila casi. Certo è sconcertante leggere certi dati. Ancor più pensare che, in nome della religione e della cultura, si possa permettere tutto questo. Facciamo dunque, questo viaggio all’interno dell’Africa e di questa sua infamante icona, percorrendo insieme alcuni momenti che sicuramente ci faranno riflettere. L'infibulazione praticata sulle ragazze consiste in un’operazione chirurgica, ovviamente eseguita senza le più elementari norme di pulizia e asetticità, effettuata per lo più per mezzo di coltelli, rasoi e pezzi di vetro, in cui viene tolta un parte dell'organo sessuale della donna. Il che consiste nell'asportazione delle "grandi e piccole labbra" vaginali e del clitoride, per poi cucire il resto lasciando un piccolissimo foro, che non permette neanche l'ingresso di un fiammifero. Durante questo rito, le ragazze più grandi non devono gridare o piangere perché, cosi facendo, il loro comportamento rappresenta un disonore e una vergogna per i propri genitori. “Se piangi, non sei degna di tuo padre”  gridano le donne dei villaggi e, ad attendere la povera martoriata, ci sono i tam tam della festa in suo onore, a sottolinearle che, altrimenti, non avrebbe avuto amici e non avrebbe trovato un ragazzo che la potesse corteggiare. Sette giorni servono, poi, a rimarginare la ferita che sanguina, sempreché si sopravviva dopo essere state tagliate con arnesi non convenzionali e senza nessuna anestesia. Altrimenti, si finisce in ospedale, anche perché altissimo è il rischio di setticemia, dell'epatite o dell'HIV. La forma più grave di queste pratiche è certamente l’infibulazione, conosciuta anche come ‘circoncisione faraonica’ riguardante circa il 15% di tutte le mutilazioni genitali in Africa. Altre forme  di mutilazione sono la sunna ("tradizione", in arabo) che consiste nella rimozione del ‘cappuccio’ del clitoride, e la tahara ("purificazione"), con la quale vengono rimossi sia il clitoride, sia le labbra adiacenti. Ovviamente, il tutto  provoca spesso frigidità sessuale o, comunque, notevoli problemi di carattere psicologico, spesso irreparabili. Tant’è che fatti normali, come ad esempio il ciclo mestruale, si trasformano in un vero e proprio incubo. Gli stessi rapporti sessuali sono dolorosissimi e le gravidanze una vera e propria tortura. Questo genere di fenomeni non rappresentano un problema solamente per il continente africano: l’infibulazione è una piaga nascosta anche a Milano e a Roma, sommersa da uno velo pesante di omertà e di pudore in cui diviene molto difficile persino stimare il numero esatto delle donne che vengono sottoposte a simili barbarie. L’Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che oltre alle 500 mila vittime in Europa, anche in Italia il numero dei casi è in forte aumento. Considerato che la Lombardia e il Lazio assorbono molta  dell’immigrazione  proveniente dai Paesi africani, è ragionevole pensare che siano ormai diverse migliaia le vittime delle infibulazioni nelle due più popolose regioni italiane. Impressionante è stato il filmato trasmesso nel corso di ‘Conto alla Rovescia’ di Telereporter, che ha testimoniato il caso del centro di preghiera islamica di via Gallura in cui i fedeli davano indicazioni a un cronista (finto-papà) che chiede ragguagli sulla possibilità di praticare l’infibulazione alla figlia di 4 anni. Questa orribile pratica in buona sostanza non ha nulla a che vedere con la religione, ma solamente con rituali che affondano le proprie radici in una assurda follia. In Italia, tali pratiche sono severamente punita dalla Legge "Consolo" n°7 del 09/01/2006 e, in particolare, dall'articolo 583 bis, che sancisce un inasprimento della pena per chi pratica l'infibulazione nel nostro Paese e per chi "cagiona" la mutilazione, intendendo con ciò, di fatto, riconoscere la grave responsabilità della famiglia delle piccole vittime di questa sevizie. Una legge, questa, attuativa di alcuni fondamentali articoli della nostra Costituzione e di quanto sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino nel corso della IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne del 1995. Ancora una volta, la ‘parola – chiave’ diviene, dunque, l’educazione: educazione alla pari dignità per tutti senza far sconti a nessuno, con ogni mezzo.


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