Fa piacere che vi sia un franco ed ampio dibattito all'interno di un partito storico come il Partito repubblicano italiano che, finalmente, sta per concludere la sua ‘diaspora’ con il ritorno nelle sue file di Luciana Sbarbati e del Mre. E’ segnale che il Pri è un partito ancora vivo e vegeto. Il Consiglio Nazionale dell’edera ha già deciso che il Pri non si scioglierà e/o confluirà nel nascente PdL, ma, ad ogni modo, in questi giorni su ‘La Voce repubblicana’ si sta dibattendo sul futuro del partito. Per ora la maggioranza degli interventi sono favorevoli alle decisioni prese dal CN, per quanto le posizioni di coloro i quali sostengono una possibile necessità di trasformare il Pri in una Fondazione e di confluire nel PdL non vadano del tutto sottovalutate. Personalmente, sono fra coloro i quali preferirebbero non svendere la storia e la cultura repubblicana in un calderone che ha deciso di collocarsi nel popolarismo europeo. La collocazione di un partito nazionale nell’ambito dello scacchiere europeo ed internazionale non è infatti secondaria. Il PdL ha pertanto scelto di essere e diventare un partito centrista e neodemocristiano. Decisione legittima e che personalmente plaudo: ha abbandonato la sua collocazione a tratti destrorsa ed ha evitato i confusionismi del suo antagonista Pd. Tuttavia, è chiaro a tutti che il neonato PdL non è un partito liberale, né potrà esserlo. Il Partito repubblicano - liberaldemocratico e laico da sempre - non può dunque accettare di confluire in un partito che non rappresenta non solo i suoi ideali, ma nemmeno la sua storia e la sua cultura. Purtuttavia, c’è da chiedersi se il Pri può pensare di mantenersi in vita con le sue sole forze. E qui cominciano i dubbi. La sua storia è quella di un partito d’opinione, di grandi idee ed ideali concreti (molti dei quali recepiti da questa maggioranza di governo come il ritorno al nucleare, la lotta agli sprechi nella Pubblica Amministrazione, la collocazione occidentale e a fianco di Israele e la proposta di abolizione delle Province....nonostante la contrarietà della statalista e antistorica Lega Nord). In ogni caso, siamo un po’ scarsi in risorse e voti da sempre, tanto più oggi che sono in auge i ‘calderoni senza idee’, ovvero i partiti senza Storia. Ed allora non troverei disonorevole il pensare di andare oltre il Pri e, dunque, ad un suo scioglimento, che però rispetti la sua storia, cultura e tradizione. Uno scioglimento che veda protagonista non il solo Pri, ma anche il Pli di de Luca e Guzzanti ed i Liberaldemocratici di Daniela Melchiorre (che peraltro hanno costituito già a suo tempo, in parlamento, con il Pri, il gruppo Liberaldemocratici - Repubblicani). Uno scioglimento che dia vita ad un soggetto politico unitario, che potrebbe chiamarsi Alleanza liberale o Unione liberaldemocratica: che contenga nel suo simbolo sia l’edera repubblicana che il tricolore liberale. Ciò al fine di dare vita ad un nuovo soggetto politico unitario, capace di essere al contempo alleato, ma anche concorrente del PdL, quantomeno nel medio periodo e portatore di istanze di libertà individuale, di rigore nei conti pubblici, di rinnovato europeismo. Tale soggetto non dovrà però essere una sorta di Rosa nel Pugno, ovvero non dovrà essere una mera alleanza elettorale o una federazione di partiti, bensì prevedere un proprio tesseramento e l'unità delle sedi e delle sezioni. Condizione minima per essere, ovvero ambire a diventare un grande partito unitario. Il nostro obiettivo minimo dovrà essere il 4% e, dunque, la possibilità di essere gli unici autentici rappresentanti dell’Eldr in Italia. E’ una proposta forse un po’ ambiziosa, che tuttavia sommessamente lancio a tutti i consociati del Pri, ai Consiglieri Nazionali, al Segretario Nucara, agli stessi organi dirigenti del Pli e dei Liberaldemocratici. Forse ce la potremmo fare, magari anche a partire delle imminenti elezioni europee.