Stefania CatalloDal mar Egeo di Lesbo, al Tirreno di Lampedusa: è su questi itinerari che, principalmente, si sviluppano i flussi migratori. Coloro che arrivano stremati sulle nostre coste, hanno visto cose inimmaginabili, che siano guerre o veri e propri campi di concentramento in terra nordafricana. L'Italia prima e l'Europa poi si sono domandate come arginare gli sbarchi, senza tuttavia trovare una soluzione definitiva. Dietro le quinte, si svolgono 'balletti diplomatici' e trasferimenti di fondi - o per meglio dire "elargizioni di aiuti" - o, peggio ancora, si lanciano minacce e ricatti neppure tanto velati: basti pensare a Erdogan, il leader turco che, nell'ottobre 2019, ricattò l'Europa palesando un'invasione di milioni di immigrati e di detenuti Isis - spinti alle frontiere greche proprio dall'esercito di Ankara - se non avesse avuto libertà di manovra in Siria. Immigrati e rifugiati utilizzati, quindi, come merce di scambio; come uno spauracchio da agitare per sollevare le masse, provocando panico e crisi politiche; come 'untori' portatori di Covid, laddove i picchi epidemici di quest'estate si sono verificati nelle discoteche 'à la page' della Sardegna. E poi ci sono le immigrate donne, spesso incinte non si sa bene di chi in quanto, come confermato da Elisabetta Canitano, ginecologa presso l'ospedale Grassi di Ostia, "i test di gravidanza non vengono somministrati allo sbarco, preferendo fare le analisi del sangue e altre indagini mediche". Solo chi si è recato all'estero senza avere una rete di contatti e senza conoscere la lingua può, in parte, comprendere le difficoltà di queste persone, le loro speranze e l'assurda realtà nella quale si ritrovano catapultati. Andrea Onori e Luca Sella hanno messo in scena, con il docufilm 'Un posto altrove', la vicenda di Mehdi e Hamda, rifugiati a Venezia, ma provenienti da Iran e Somalia nonché da vite differenti e quasi opposte, per cercare "un posto altrove", nel quale vivere. Ne abbiamo parlato con il regista, Andrea Onori.

Andrea Onori, lei è il regista di 'Un posto altrove', il docufilm realizzato assieme a Luca Sella che ha come  protagonisti due rifugiati ospiti dello Sprar di Venezia: come è nata l'idea di fare un film su una questione così delicata quale quella dell'immigrazione?
"In passato, ho lavorato nel settore dell'immigrazione e, più in generale, sui diritti delle minoranze, sia come giornalista, sia come operatore sociale. Entrando dentro uno Sprar e iniziando a studiarne la gestione, ho capito che quella era la direzione giusta. Ci lavoravo, ma era come se volessi capire il suo significato e la direzione da seguire. E' stato un momento molto formativo, di studio, per me. C'erano moltissime cose da rivedere o che non mi sembravano giuste, ma la direzione era quella: la strada della possibilità, del dare gli strumenti giusti a chi non ne ha, ma senza fare dell'assistenzialismo: non l'ho mai sopoortato. Io ti dò gli strumenti, poi sei tu che cammini da solo. Questa strada portava i frutti. Poi lo Sprar e più in generale il settore dell'accoglienza, è stato quasi del tutto smantellato...".

L'Italia è ancora parzialmente immersa dell'emergenza da Covid 19: lei pensa che la storia da voi raccontata potrebbe subire ulteriori sviluppi o mutamenti?
"Prima del Covid 19, moltissimi ragazzi e ragazze che ho conosciuto nei vari centri di accoglienza avevano una posizione lavorativa: stavano bene. Dopo il 'lockdown', mi sono arrivate moltissime chiamate, poiché molti di loro sono finiti per strada: sono stati loro i primi a 'cadere' in una crisi drammatica. Hamda e Mehdi hanno due caratteri forti e si sono sempre rialzati nei momenti bui, ma non tutti hanno la stessa forza. Quanto riportato dalle loro parole è un grido di dolore verso i giovani, italiani e non solo. Io e Luca abbiamo voluto raccontare le storie di due giovani che, nella disgrazia, hanno alzato la testa".

Sono realmente possibili, secondo lei, l'integrazione e l'accoglienza? Oppure la pandemia ha cambiato tutto in senso negativo?
"La pandemia, rispetto all'accoglienza, ha cambiato veramente poco, dal punto di vista politico-sociale. I cambiamenti in senso negativo si erano già visti qualche anno fa: si è scelto di finanziare grandi cooperative, che potessero permettersi di gestire 500-600 persone dentro una struttura ben organizzata e recintata. Le piccole cooperative, che operavano secondo un modello familiare in appartamenti da 6-7 persone, in base ai metri quadrati delle abitazioni, sono state escluse dai bandi. Questo perché i 'richiedenti asilo' erano più liberi di muoversi e imparare. E adesso, nelle ex caserme stracolme di richiedenti asilo, si va a chiedere il distanziamento...".

Cosa dovrebbe fare il legislatore per creare un 'cordone umanitario' per rifugiati e richiedenti asilo che funzioni, evitando tante tragedie in mare?
"L'immigrazione degli ultimi è una problematica vera e propria: tutti dicono di avere la soluzione 'in tasca', ma io continuo a pormi un milione di domande. Ci sono problemi che vanno dalla cattiva gestione al racket. E in tutto questo, ci rimettono sempre loro: i più deboli. Essere dei rifugiati non significa scappare solo dalla guerra: se io sono un omosessuale e voglio scappare dal Sudan, ho diritto di farlo. Se sono stata violentata in Tunisia, ho diritto di fuggire. È inutile 'mappare' le zone di guerra e dire: 'Tu sei afghano e puoi avere lo status di rifugiato e tu, tunisina, invece no': è un modo assurdo di ragionare. Sicuramente, chi chiede asilo dovrebbe avere un aiuto che estrometta completamente la tratta. A mio parere, si dovrebbe rivedere anche la Convenzione di Ginevra del 1951, che risulta troppo vecchia. Capisco anche che questo non è il momento per mettere le mani su Trattati che garantiscono un minimo di garanzie. Tuttavia, la comunità internazionale, ancor prima dell'Europa, dovrebbe mettere in moto una 'macchina' che garantisca diritti e tutele aggiornate al 2020".

Gli autori del docufilm
Luca Sella: insegna in una scuola professionale tecniche video e audio. Ha collaborato con televisioni e prodotto documentari.

Andrea Onori: ha lavorato in alcuni centri di accoglienza veneti. Ha scritto libri sulla tematica dell'immigrazione e lavorato con giornalista in riviste, quotidiani locali e on line.




Per ulteriori informazioni: http://laparoladegliultimi.blogspot.com

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