Vittorio LussanaLa Russia ha sempre storicamente fatto parte delle relazioni politico-diplomatiche europee. Senza l’alleanza con la Russia, la Francia probabilmente non avrebbe minimamente sentito il dovere di scendere in campo in difesa della Serbia nell’estate del 1914. Ricordiamo bene questo fatto, poiché la crisi in Ucraina sta isolando la Russia di Putin in un angolo, senza tener conto di una serie di questioni che non sono solo economiche, bensì dettate dal fatto che la terra che ha dato i natali a Nikita Kruscev, dopo il crollo dell’Unione sovietica, ha spesso sottratto risorse energetiche da quei gasdotti russi che passano nel suo territorio, senza più di tanto impegnarsi a controllare e punire quanto avveniva. E’ questo il motivo che ha indotto Mosca, negli ultimi anni, a condizionare pesantemente le vicende politiche interne dei Governi di Kiev. Dopo l’uscita dell’Ucraina dalla Csi - l’entità geopolitica sorta immediatamente dopo la fine dell’Urss - Mosca ha subito cominciato ad avere problemi con le proprie risorse energetiche. Più e più volte, la Russia ha denunciato la cosa, senza ottenere più di tanto ascolto. Pertanto, essa ha dovuto ‘cavarsela’ da sola, utilizzando le vecchie armi dello spionaggio e del condizionamento politico. In questi ultimi tempi, Kiev ha cominciato a guardare a ovest e all’Unione europea, sognando quell’accelerazione economica che potesse affrancarla dalle proprie condizioni di arretratezza. Ma più di un settantennio di inglobamento nell’Urss ha generato una serie di ‘rimescolamenti’ etnici geograficamente poco gestibili. Inoltre, per la Russia è sempre esistita l’antica questione di avere uno sbocco strategico sul Mediterraneo e sui mari ‘caldi’: un problema che da sempre caratterizza la sua politica estera, sin dai tempi degli Czar. Cerchiamo ora di fare un poco d’ordine per mantenere quei ‘punti fermi’ che hanno caratterizzato, a nostro parere positivamente, i rapporti diplomatici successivi alla seconda guerra mondiale: l’assoluto divieto di annessioni territoriali e l’intangibilità dei confini. Innanzitutto, riprendendo la questione della Crimea, che già all’inizio dell’anno in corso ha segnalato l’esistenza di un sud-est ucraìno in larga maggioranza abitato da popolazioni ‘russofone’, bisogna anzitutto sottolineare che questa penisola era solo la ‘punta’ di un ‘iceberg’ che stava a indicare l’esistenza di un problema serio: quello dell’Ucraina orientale. Putin stesso ha più volte fatto riferimento a questa parte del Paese definendola “Novorussia”, cercando di far comprendere l’esigenza, in parte giustificata, di individuare una soluzione ‘geografica’ alla crisi in atto. La parola ‘geografica’ ha sempre avuto un sottile riferimento politico per Vladimir Putin: quello della nascita di un nuovo Stato, così come accaduto, nel recente passato, con la Bielorussia, il Kazakistan o la stessa Georgia. E’ dunque un errore, a nostro avviso, diffondere un’immagine ‘hitleriana’ di Vladimir Putin, secondo l’idea che egli sarebbe interessato ad attuare una politica neo-espansionista: egli sta sollevando delle questioni reali, sia per ciò che riguarda le popolazioni ‘russofone’ di quell’area che si affaccia sul Mar Nero, sia per le molteplici difficoltà di approvvigionamento delle risorse energetiche e metanifere che ne potrebbero derivare. Putin non è un nuovo Hitler e non lo è mai stato. Molti studiosi, nostalgici degli scenari di guerra ‘pre-Yalta’, continuano a paragonare la politica estera del leader russo come se costui fosse mosso dall’idea di sottomettere un ‘pezzo’ di Ucraina sotto il protettorato di Mosca. Le cose non stanno così, altrimenti non avremmo, oggi, l’indipendenza delle Repubbliche baltiche e quella di molte altre nazioni nate dallo scioglimento dell’impero sovietico. Putin non sta cercando di invertire una tendenza che, dal 1989 in poi, ha visto una costante contrazione del territorio metropolitano russo. Egli sta semplicemente cercando di reagire a un tentativo di isolamento politico teorizzato da alcuni ‘vecchi sciacalli’ della guerra fredda per puro spirito di ‘contenimento’ nei confronti di una nazione che, se dovesse un giorno entrare a far parte dell’Unione europea, risulterebbe decisiva nel dar vita a una nuova superpotenza mondiale ‘anti-Nato’. In sostanza, molti strateghi della Cia e del Pentagono temono che si realizzi un ribaltamento repentino e ‘beffardo’ della vittoria sul comunismo, avvenuta con la caduta del muro di Berlino. Questo tipo di riflessioni non derivano affatto dal ritorno in ‘voga’ di alcuni vecchi schematismi diplomatici degli anni ’10 del XX secolo, bensì da un modo di ragionare che è rimasto fermo al 1989 e che vorrebbe ‘cristallizzare’ il trionfo degli Usa come potenza unilaterale del pianeta. Si teme, sostanzialmente, una rinascita dell’Urss ‘sotto mentite spoglie’, ideologiche o politiche. Così come si teme un eccessivo allargamento dell’Unione europea, che potrebbe definitivamente decretare il declino definitivo dell’impero americano nel mondo. Ma tutto ciò è solamente il frutto di un’inverosimile ‘fantapolitica’: non è dall’Europa che gli Stati Uniti dovrebbero guardarsi, bensì dalla concorrenza del mondo asiatico, in particolar modo dalla Cina. E’ la Cina, infatti, la nuova superpotenza destinata a porre in discussione il predominio statunitense nel mondo. E una futura Unione europea allargata a Turchia, Russia e Israele servirà soprattutto a controbilanciare lo scenario internazionale complessivo. Accusare la Russia di espansionismo, in parte rappresenta il riflesso negativo di una mentalità tardo-imperialista che, invece, appartiene - ed è sempre appartenuta - ad alcuni ‘ambienti’ della Nato. Ma isolarla per metterla in ‘castigo’ e mandarla dietro la ‘lavagna’ delle sanzioni economiche potrebbe rivelarsi un errore, poiché si tratta di una potenza militare destinata a svolgere un utile e preciso ruolo di distensione in Medio Oriente e in molte altre zone ‘calde’ del mondo.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista 'Periodico italiano magazine (www.periodicoitalianomagazine.it)
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Paolo - Italia - Mail - mercoledi 10 settembre 2014 13.11
Non ci fate arrabbiare altrimenti niente gas.. Così vi riscalderete la notte in maniera piu' "naturale"
Cristina - Milano - Mail - lunedi 8 settembre 2014 22.17
Sono perfettamente d'accordo con la sua "versione dei fatti" e sarebbe anche molto sensato non inimicarsi un paese cosi importante!


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