Vuoi ‘smontare’, ‘sfottere’, neutralizzare i potenti? Vuoi distruggere l’editoriale di un ‘trombone prezzolato’? E, soprattutto, vuoi riconoscere un buon avvocato? No, non è necessaria una ‘bomba carta’, come non serve incappucciarsi e brandire il manganello d’occasione, né tantomeno è utile il ricorso al TAR per i ‘tromboni’ del diritto di cui sopra ovviamente. Sulla scorta del vecchio ma pur sempre utile adagio “Una risata vi seppellirà”, in tempi compromessi come questi, per l’arte della battuta non c’è proprio pace, no. Soprattutto, in tempi dove anche un ex ribelle ‘capellone’, non pago delle polemiche estive, si concede ancora il lusso dell’indignazione contro i ‘post brufolosi’ di ‘Nonciclopedia’ o le istigazioni ‘sinistre’ di quelli di ‘Spinoza.it’ sul caso Simoncelli (il riferimento a Vasco Rossi giunge quasi naturale). La risposta, allora, è una sola: chiara, cristallina, inequivocabile. La risposta si chiama ironia. Questo è, almeno, il proposito di Sabina Guzzanti e dell’iniziativa che ha presentato a Roma di recente all’ex cinema Palazzo, nel quartiere San Lorenzo. Con Sabina nasce il primo “corso ufficiale di satira”, così come la intendono gli organizzatori: una sorta di “X-Factor di satiristi – l’ha definito la showgirl - con una giuria formata da figure autorevoli (come Vauro, Franca Valeri, quelli di Boris e molti altri) che aiuteranno i partecipanti a esprimersi con i mezzi scelti dagli stessi”. Un corso pratico e teorico in collaborazione con le Università e sempre all’interno dell’ex cinema Palazzo (per le iscrizioni l’indirizzo e-mail a disposizione è corsosatira@yahoo.it). Un percorso che inizierà a metà novembre (“… perché purtroppo abbiamo continui ostacoli causati dalla società del casinò che ci fa staccare la corrente anche se la paghiamo…”) e che durerà sei mesi, in uno spazio faticosamente recuperato e di recente memoria di disobbedienza civile che la Guzzanti definisce sul proprio sito, appunto, “palazzo della resistenza”, dove chiunque potrà imparare, crescere, sviluppare e sperimentare capacità. Si va a scuola, allora, nella speranza che esista al mondo ancora qualcuno che tenda a credere che di battute si possa vivere (o morire, dipende dalle circostanze), che di quella battuta ci si possa riempire gli occhi di lacrime e, soprattutto, che basti prendere qualche lezione per essere dei novelli Alighiero Noschese. “Troppo semplice” direbbe qualche comico alle prime armi: per far satira ci vuole mestiere. Un concetto che Maurizio Crozza – all’ennesimo debutto con il suo “Italialand, nuove attrazioni” su La7 ogni venerdì alle 21.00 – ha sempre espresso magistralmente; un’arte, la sua, che ‘zigzagando’ tra una rete e l’altra ha imparato a farci scoprire il “piacevole sacrilegio contro i potenti”. Una faccia di gomma, un’interpretazione d’esperienza, un team di autori “con gli attributi” (Andrea Zalone docet su tutti) e un’ipotesi suggestiva che fa vibrare ogni volta. “Scenda in campo” il personaggio di turno, o chi per lui. E sì, perché l’ironia deve giocare sul contemporaneo - sull’imminente osiamo dire - sul ‘concetto base’ che, per quanto divertente sia l’imitazione, per esempio, di Giulio Andreotti, questa sarà sempre fuori tempo massimo e di difficile soluzione per la risata finale (lo sanno molto bene quelli del ‘Bagaglino’). Ed ecco le esagerazioni della Merkel sedotta e abbandonata dal nostro premier, di un Montezemolo sbalestrato che, in fondo, non è altro che l’ex compagno della Fenech (che tutti ricordiamo…), di un Bossi al quale non è rimasto altro che la ‘panchina’. Si fa satira perché, essenzialmente, siamo un popolo di saltimbanchi “governati da uno di noi”, direbbe qualcuno. E non importa che questo “mistero buffo” sia di destra o di sinistra: l’importante è che faccia ridere. Si fa satira perché “qualcosa si è mosso” ci fa notare ancora Sabina Guzzanti, “anche se oggi il problema della censura della satira o di certi programmi di informazione in tv non è superato, quello che è successo per ‘Annozero’ - e non solo - lo conferma'”. Un problema che tutti conosciamo e che la Guzzanti ha sperimentato direttamente con ‘Raiot’, programma satirico chiuso dalla Rai dopo la prima puntata; una ragione in più, dunque, per contrastare quel potere, un motivo per pensare, che sia un obbligo considerare il ritorno a scuola e imparare i ‘fondamentali’. E allora? Vuoi ‘smontare’, ‘sfottere’, neutralizzare figure di potenti? Vuoi distruggere l’editoriale di un ‘trombone prezzolato’? Vieni a scuola dalla professoressa Guzzanti. Perché “la satira è una forma d’arte che conserva la democrazia”, precisa la conduttrice, “la presa per i ‘fondelli’ del potere che lo costringe a guardare verso l’opinione pubblica, a cambiare atteggiamento, a non adagiarsi”. Niente è lasciato al caso: sicura sarà l’analisi e la demolizione del linguaggio negli aspetti più ‘loffi’. L’irriverenza nei confronti dei forti sarà il ‘pane quotidiano’, sempre sul presupposto che il riso è il sale della vita e un buon cardiotonico naturale e che “il re è nudo”, come diceva qualcuno. Una satira che “verrà declinata in tutte le sue possibili espressioni”, promettono i promotori dell’iniziativa, ma senza la smania di formare necessariamente una nuova generazione di comici. Una partecipazione libera, quindi, dove ogni componente potrà sperimentare ogni genere: dalla canzone canzonatoria, al video, al buon vecchio corsivo o monologo da recitare nei ‘localacci’ notturni o da ubriachi in mezzo alle piazze. Allora? Che aspetti? Sappi soltanto che la satira serve, ma ci vuole mestiere e professionalità, perché “se quello che produci è lo stesso commento che chiunque potrebbe fare al bar”, conclude la Guzzanti, “il tuo lavoro diventa inutile”. Perché la satira serve, insomma? Perché, come sosteneva Spinoza (quello serio però): “Chi detiene il potere ha bisogno che le persone siano affette da tristezza”. Buona risata a tutti…