Alessandro Pallaro“La musica? Uno sport senza competizione che mi tiene impegnato fisicamente”. Il giovane pianista e compositore Raphael Gualazzi, nuovo ‘astro’ targato Caterina Caselli, si racconta svelando il suo percorso artistico e le sue passioni musicali. Trent’anni, di Urbino, si è presentato nell’ultima edizione del festival di Sanremo con il brano ‘Follia d’amore’, dove – come cita nel sito web – ha fatto “man bassa di premi”: quello per la categoria ‘Giovani’, il premio della Critica ‘Mia Martini’, il premio della ‘Sala Stampa Radio e Tv’ e il premio ‘Assomusica’ per la migliore esibizione ‘live’ tra gli artisti in gara nella sezione ‘Giovani’. Premio, quest’ultimo, che ha ritirato qualche settimana fa a Roma direttamente dalle mani del presidente Alessandro Bellocci presso la sede dell’associazione degli organizzatori e dei produttori di spettacoli di musica dal vivo, dove è stato presentato ufficialmente il rapporto sui concerti in Italia e dove Raphael Gualazzi, per l’occasione appunto, ci ha regalato una performance degna dei migliori nomi del jazz. Gualazzi è la nuova stella della musica italiana con un brano scritto, prodotto e arrangiato dallo stesso cantautore e contenuto in ‘Reality and fantasy’, album d’esordio su etichetta Sugar. Un fenomeno, esploso nel febbraio di quest’anno, che già sta facendo proseliti tra gli appassionati del genere e in tutti coloro che, nelle note del nuovo stile jazzistico del compositore marchigiano, credono di poter ritrovare ancora quelle emozioni ormai scomparse che solo ‘mostri’ del calibro di Giorgio Gaber sapevano trasmettere.

Raphael, ti abbiamo visto sul palco e sembra quasi che tu viva ‘fisicamente’ la musica che fai: è così?

“Si, è uno sport senza competizione che mi tiene impegnato fisicamente. Soprattutto il repertorio ‘stright piano’ richiede dei movimenti fisici che spaziano dai registri bassi, medi, fino a quelli alti dello strumento”.

Ti aspettavi il successo che hai riscosso?
“Sinceramente no. E fino a qualche tempo fa non mi ponevo nemmeno il problema. Credo sia la piacevole conseguenza di chi suona e compone brani e poi succede che le cose vadano bene. Una piacevole conseguenza, come dicevo, che ti aiuta a esprimerti sempre al meglio, perché il successo ti concede più mezzi per esprimerti, ma siamo sempre pronti, semmai si presentassero, anche ai periodi di carestia”.

I tuoi inizi quali sono stati?
“I piccoli locali. Ho suonato e mi sono esibito in qualsiasi tipo di contesto: dai matrimoni alle feste di piazza, di tutto e di più. Il mio mondo è la musica e tutte le esperienze servono, perché chi fa questo mestiere non deve perderne di vista l’aspetto sostanziale, che è suonare e scrivere brani. Quando c’è un’onda positiva è importante lavorare sodo, ma se non c’è più quel momento, lì è sempre piacevole vivere con il proprio mestiere. Come dico sempre: finché ci sono i soldi per l’affitto e per mangiare qualcosa, va comunque bene…”.

A ripensare ai grandi artisti del jazz ci si accorge di eccessi vissuti ed esaltati, quasi per magia, dallo smisurato talento che fa da contrappunto alla loro vita artistica: anche tu ti contraddistingui per qualche eccesso o una follia in particolare?
“In realtà no: forse l’unico eccesso è quello di farmi troppo assorbire da ciò che faccio. A volte è importante anche saper dire ‘basta’, vivere la propria dimensione personale e prendersi tre giorni per se stessi. D’altra parte, la musica è fatta di umanità: se perdi la dimensione umana cosa esprimi…”?

La via privata di Gualazzi per cosa si caratterizza? Uno sport? Hai una ‘passione’, degli hobbies?

“Nello sport sono un fallimento completo e penso che se mi sono mosso verso la musica forse è proprio per questo motivo... Per il resto, vivo la vita nella sua semplicità, nei suoi sapori, nelle sue bellezze: la bellezza di una donna, per esempio, un buon piatto di spaghetti e una bottiglia di barbaresco del 97”.





(intervista tratta dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio