Come volevasi dimostrare. Mentre Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, per interi decenni sedicente “guida delle democrazie occidentali”, cavalcava come uno ‘sciacallo impazzito’ l’assassinio di Charlie Kirk, minacciando apertamente il Partito democratico americano ed evocando una stretta autoritaria contro ogni forma di dissenso, la Corte suprema del Brasile condannava il suo ex presidente, Jair Bolsonaro, a 27 anni di carcere per “tentato colpo di Stato”. Non dovremmo dimenticare, infatti, che nel gennaio 2023, dopo aver perso le elezioni presidenziali, Bolsonaro si era rifiutato di riconoscere il risultato delle urne e aveva istigato i suoi sostenitori ad assaltare i palazzi istituzionali di Brasilia. Esattamente come Donald Trump, il 6 gennaio 2021. Per fortuna, in America Latina sono abituati ad avere a che fare con personaggi del genere. E non si sono lasciati intimidire, nell’applicare la legge. Ovvero, ciò che gli Stati Uniti, ormai da tempo, non riescono più a fare, grazie a una Corte Suprema di nomina presidenziale che può essere 'teleguidata' o influenzata, per non dire corrotta, da una concezione 'contrattualista' della giustizia, in cui tutto si può comprare, anche l'interpretazione delle norme o la tanto decantata “libertà del singolo individuo”. Tuttavia, emerge anche un’altra amara verità. Ovvero, che la profonda crisi che stanno attraversando gli Stati Uniti sia stata innescata, in realtà, proprio dal Partito democratico americano, che nel 2021 non ha difeso con fermezza il proprio sistema istituzionale e di valori, accettando la logica ‘perdonista’ e cattolica ispirata dal neopresidente appena eletto, Joe Biden. Credere che stemperare le tensioni sia utile a qualcosa è il miglior modo per creare le condizioni per il rovesciamento di ogni realtà fattuale, aprendo la strada all’irrazionalismo più obsoleto e inattuale.
Pasquale Tridico, detto “il mago”, ha presentato un appello di vari intellettuali (i soliti) a sostegno della sua candidatura a presidente della Regione Calabria. E qui si è materializzata la sua ultima magia: l'appello risulta sottoscritto anche dal sociologo Federico Butera, deceduto 8 mesi fa. Non solo: la professoressa di filosofia, Donatella Di Cesare, sarà molto probabilmente la capolista e lo slogan del manifesto elettorale è: "La DESTRA (singolare) ha paura perché SANNO (plurale) che vinceremo noi". Più che la filosofia della Di Cesare, qui ci vorrebbero le lezioni del maestro Manzi.
Il ‘Libro di Enoch’, uno degli scritti apocrifi più affascinanti e controversi della tradizione giudaica, ha subito, nel corso dei secoli, una vera e propria metamorfosi interpretativa. Nato come opera simbolica, ricca di immagini visionarie e parabole, è stato progressivamente letto come un resoconto storico o, addirittura, cosmologico. Questa trasformazione ha dato vita a una delle più radicate mistificazioni religiose: l’idea che la caduta degli angeli sia stata causata dal loro desiderio carnale per le donne.
L’8 settembre scorso, è stata inaugurata a Roma, presso la Sala della Pace di Palazzo Valentini, la mostra temporanea dal titolo: ‘Giove: bellezza e armonia a ispirare la pace’. Si tratta del primo progetto espositivo dell’omonima startup femminile di moda ideata da Volha Marozava, con il coinvolgimento di donne rifugiate ucraine, che hanno trasformato la propria esperienza di dolore in un percorso creativo di rinascita, utilizzando l’arte e la moda come linguaggi di ricostruzione. La mostra, promossa dall’associazione ‘Donne for peace Ets’ e realizzata con il patrocinio della Città Metropolitana di Roma e di Roma Capitale, sarà aperta al pubblico fino al 19 settembre 2025, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle 17.00, con ingresso libero. L’esposizione presenta dodici t-shirt bianche ricamate a mano, ciascuna con un simbolo universale: dalla Kalyna alla Mela dell’Eden, dall’Occhio al Cuore, fino al Fenicottero. Ogni opera rappresenta una chiave di lettura dell’interiorità umana e un invito a “guardare oltre il visibile”, ha spiegato Elena Rossi, giornalista e moderatrice dell’evento, “perché ogni segno non è solo estetica, ma messaggio. Ogni simbolo può sussurrarti qualcosa che stavi dimenticando”. Un percorso artistico che si trasforma in viaggio simbolico e spirituale, arricchito dalle fotografie in bianco e nero di Davide Valente, che raccontano i gesti, le mani e le emozioni dietro ogni creazione. Arricchisce l’esposizione l’opera 'Huh Me' dell’artista internazionale, Francesca Romana Pinzari, che ha allestito la mostra in collaborazione con la curatrice Camilla Bolfe, mentre la realizzazione delle opere è frutto della collaborazione tra professioniste internazionali, tra cui la ricamatrice Uliana Firitch e i visual designer, Anouk Rapaport, Davide Piras e Sara Verdone.
Ci sono autori nel panorama artistico, la cui opera è destinata a rimanere una pietra miliare di civiltà. Tra questi, spicca la cantautrice afro-americana, Tracy Chapman. Nata a Cleveland nel 1964, compie i suoi primi passi nella musica come artista di strada. Conclusi gli studi universitari grazie al conseguimento di borse di studio per gli studenti non abbienti, la Chapman ha proseguito la sua carriera musicale collaborando con Amnesty International e altre importantissime iniziative umanitarie, via via affermandosi come una delle artiste più pregevoli e all’avanguardia nel panorama musicale. La cifra culturale di questa autrice risiede nel fatto che si è resa voce delle istanze di giustizia e di uguaglianza provenienti dalle classi sociali più disagiate. Dai suoi brani traspare la drammatica realtà delle periferie americane. In particolare, sono raccontate le difficoltà quotidiane che la popolazione afro-americana ha dovuto affrontare nei decenni per far valere i propri diritti e consolidare il proprio posto nel mondo. Soprattutto, dal testo delle sue canzoni emerge l’irresistibile forza dei cambiamenti sociali, percepita dalla collettività spesso ben prima delle istituzioni. Ciò si evince chiaramente dai contenuti del brano ‘Talking about a Revolution’. Il ‘pezzo’, infatti, tratta di un impulso rivoluzionario che prende vita e serpeggia tra le persone che lottano per la propria sopravvivenza, come un “sussurro”. E’ veramente rimarchevole constatare come i più grandi mutamenti sociali e il più autentico desiderio di riscatto assumano i connotati di un reciproco e pacato richiamo a sviluppare una consapevolezza comune e a mettersi in gioco per il cambiamento.
Paola Sbarbada Ferrari torna in libreria con il suo nuovo lavoro: ‘Monsieur Soleil - Oltre le apparenze’ (Gilgamesh Edizioni, 6 settembre 2025). E' la storia di una rinascita silenziosa. Ci sono, infatti, rinascite fragili, che non fanno rumore, che tuttavia cambiano per sempre il modo in cui guardiamo il mondo. Il nuovo romanzo di Paola Sbarbada Ferrari racconta proprio questo: una rinascita che non passa dalle grandi svolte, ma dall’incontro inatteso tra due anime stanche. La scena iniziale è semplice: una panchina nei Giardini di Lussemburgo, a Parigi. La protagonista, Jeanne, una donna che ha smesso di credere nella possibilità di ricominciare, cerca un rifugio dal silenzio opprimente della sua vita. Accanto a lei si siede Augusto, un 'clochard' che porta con sé l’odore pungente del vino e del vento, ma anche parole che scaldano più di un abbraccio. Non c’è nulla di eclatante in questo incontro. Eppure, da esso nasce un racconto che ha il potere di trasformare il lettore. Jeanne scopre che la sua solitudine può essere condivisa; Augusto rivela che, anche chi vive ai margini della società, conserva un cuore pulsante di bellezza.