Daniele Berti

Leggendo un interessante articolo di Vittorio Lussana, intitolato ‘Una politica devastata’, mi è venuta voglia di proporre alcune considerazioni in merito all’attenta analisi riportata nell’articolo stesso. Ma prima di manifestare tali considerazioni, ritengo necessario fare due brevi premesse, che consentiranno di leggere nel vero significato e nel loro vero valore le argomentazioni successivamente esposte. La prima di queste premesse è relativa alla mia conoscenza con Vittorio Lussana. Il tutto è nato ‘miracolosamente’ in quella straordinaria rete ‘neuronale’ del mondo globalizzato che si chiama Facebook: forse un commento ad una nota di un comune amico, forse un video particolarmente interessante che ci ha visti accomunati in un “mi piace”. Insomma, di preciso non ricordo come sia nato il contatto. Sta di fatto che il collegamento sinaptico tra il neurone umano Vittorio Lussana e il neurone umano Daniele Berti si è attivato. E i successivi e sempre meno casuali scambi di segnali tra i due neuroni umani hanno consolidato questa connessione che, a mio avviso, di virtuale non ha proprio nulla. La seconda premessa riguarda le modalità di lettura del suo articolo, che non prendono spunto da analisi sociologiche, culturali, economiche o politiche, bensì ma da considerazioni di tipo ‘neuropsicologico’. Mi spiego meglio: chi si interessa di economia e di finanza non solo dal punto di vista strettamente finanziario sa bene che, in questi ultimi anni, si sta facendo avanti una nuova disciplina chiamata ‘psicofinanza’ o ‘neurofinanza’, la quale indaga sull’andamento dei mercati finanziari e sulle scelte degli investitori non tanto partendo dall’analisi degli assets economici, quanto da quella dei comportamenti che gli investitori assumono, quasi esclusivamente in modo inconsapevole, sulla base delle loro EMOZIONI. La parola emozioni qui è riportata tutta in maiuscolo, perché pare proprio che gli andamenti del mercato finanziario, nonostante quanto ci raccontano gli economisti e i vari analisti, di razionale abbiano veramente ben poco. Se quindi il mercato borsistico e l’intera economia mondiale, virtuale regno incontrastato della razionalità, è mosso più dalle emozioni che dalle calcolatrici - e i fatti di questi ultimi tempi ne sono una evidente riconferma - per quale motivo non dovrebbero essere sempre le stesse emozioni a muovere il ben più sanguigno mondo della politica? Ed ecco che le mie considerazioni sulla “politica devastata” di Lussana partono proprio tenendo conto di quelle che, a mio avviso, sono le vere forze che muovono anche la politica: le emozioni. Ma andiamo per ordine: in quello che ritengo un bellissimo libro di analisi storico sociale dell’Italia - “Proletari senza Rivoluzione. Storia della classi subalterne dal 1860 al 1950” – l’autore, Renzo Del Carria, attraversando quasi 100 anni di storia italiana ben descrive, in oltre 450 pagine ricche di avvenimenti più o meno noti, il costante manifestarsi di quello che è sempre stato il grande limite della sinistra italiana, un limite che può essere riassunto in questa semplice frase: in Italia, la rivoluzione socialista non c’è mai stata, né mai ci sarà, perché il movimento è sempre stato guidato e sarà sempre guidato da intellettuali. Ma come mai gli intellettuali, con i loro cervelli sopraffini, con le loro intuizioni e le loro puntuali e meticolose analisi, non sono in grado di guidare il Paese verso un vero rinnovamento che, tutto sommato, oggi forse anche chi è schierato alla destra del parlamento comincia a desiderare? E’ qui che entrano in campo quelle considerazioni di tipo ‘neurologico’ che ora andrò ad illustrare. Ormai tutti, o quasi, sanno che il nostro cervello è diviso in due lobi molto ben distinti, sia dal punto di vista fisico, sia da quello funzionale. Seppur divisi, questi due lobi sono connessi da un ‘cavo’ composto da circa 300 milioni di ‘cavetti’ che i neurologi chiamano ‘assoni’. Chi si occupa di benessere ‘biopsicologico’ sa bene che più questo cavo viene utilizzato meglio funziona l’essere umano o, per dirla in altre parole, più i due lobi del cervello “dialogano e cooperano” tra di loro, più l’essere umano gode di un benessere non solo fisico, ma anche psicologico o, per dirla con un termine a me caro, corre il ‘rischio’ di essere felice. Bene, se ora andiamo a vedere le specificità operative dei due lobi, vediamo che il lobo sinistro è quello che si occupa di valutare: buono/cattivo, bianco/nero, bello/brutto, positivo/negativo. Insomma, il lobo sinistro è quello intelligente, razionale, preciso. Dall’altra parte, il lobo destro è proprio un ‘sempliciotto’: si accontenta di farsi gli affari suoi, mangiare, bere, dormire, in fin dei conti gli basta stare tranquillo e non ama le cose complesse. Ecco che l’intellettuale, per sua natura intelligente e di sinistra, quando è al lavoro fa andare a mille il suo lobo sinistro e, in questo suo modo di operare, diventa particolarmente abile nel distinguere le cose o, meglio, nel trovare anche le più piccole differenze in qualsiasi cosa. Grazie a questa sua naturale ed efficiente dote, l’intellettuale è anche particolarmente abile nel produrre tutte quelle cose che gli consentono al meglio di evidenziare le innumerevoli diversità che riesce ad individuare e, tra queste, la più efficiente diviene senza dubbio il linguaggio: avviene così che, con la necessità di affermare le proprie intuizioni e i propri progetti, egli impiega un linguaggio sempre più raffinato e specialistico, sempre più lontano dalla capacità interpretativa del lobo destro che, comunque, purtroppo, è quello che prende le decisioni. La riprova di quanto fin qua detto sta non solo nel continuo frammentarsi della sinistra italiana, ma anche nei continui successi della destra. Ormai da più di cento anni, la sinistra vive in un continuo frammentarsi e ricomporsi che si regge più su accuse reciproche, più o meno velate, che su concrete e sostanziali differenze nel progetto politico: un continuo frammentarsi che, a chi lavora per dimostrare quanto precisa sia la sua analisi, porta senza dubbio la sua soddisfazione intellettuale e, quindi, intelligente per aver trovato un nuovo valido motivo per differenziarsi dagli altri. Purtroppo, in questo suo pregevole lavoro l’intellettuale non si rende conto che, per raggiungere questo ambito traguardo, ‘spiana la strada’ a chi, magari senza alcun valido progetto politico, si limita a propagandare luoghi comuni e banalità che anche quel ‘pacioccone’ del lobo destro capisce ed approva senza sforzo. E purtroppo, per il lobo destro non ha alcuna importanza che certe banalità, magari dotate di un qualche senso fino a cinquanta anni fa, oggi, nel mondo globalizzato, non abbiano più nessun motivo di esistere, perché a lui gli basta stare tranquillo a farsi gli affari suoi.


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