Chiara Scattone

La manifestazione che il mese scorso si è tenuta a Colonia per contestare la decisione del sindaco della città tedesca di dare avvio alla costruzione della grande moschea nel quartiere di Ehrenfeld, non sembra un episodio isolato e casuale, ma ha tutta l’aria di rappresentare il desiderio di una frangia di estremisti ed oppositori, non solamente tedeschi, di attaccare e destabilizzare il diritto alla libertà religiosa. Tra il 19 e il 20 settembre scorso si sono tenuti il Congresso dell’associazione Pro Koeln e una manifestazione per le strade di Colonia con lo scopo di protestare e incendiare un dibattito che va ben oltre i confini tedeschi, che mira ad alterare e a rendere instabili i concetti di laicità e di libertà religiosa espressi e garantiti dalle moderne Costituzioni nazionali. Il problema più grave non si concentra nella libertà di espressione o di manifestazione delle proprie opinioni che questa associazione sta facendo, piuttosto nei modi e nei fondamenti ideologici che l’associazione ‘Pro Koeln’ sta scandendo con forza e arroganza: non si tratta di far sentire una voce per cercar di garantire i propri diritti ma, al contrario, di urlare nel tentativo di negare i diritti altrui. La protesta contro la grande moschea tedesca nasce da uno spirito di intolleranza e di paura che la politica spesso non nega ed anzi alimenta a proprio vantaggio nei confronti di chi, pur essendo nella maggior parte dei casi già cittadino europeo, appartiene ad una cultura religiosa differente da quella dominante cristiano-cattolica. E la vicenda assume caratteri e toni assai preoccupanti se si ripensa al nostro passato, quando in Italia (così come in altri Paesi europei), in epoca tardo medievale le nostre città sbattevano le porte in faccia alle comunità religiose non cristiane, rinchiudendole in ghetti e impedendo loro l’accesso a tutte le libere professioni. Ma oggi la situazione e la questione sembrano ancora più preoccupanti, perché il desiderio dei partecipanti a questo genere di manifestazioni non è più quello di creare ghetti, ma addirittura di cacciare dal territorio una parte della popolazione ivi residente, di negare la libera espressione dell’appartenenza religiosa. Le giustificazioni sono ovviamente molteplici: si dice che una moschea può diventare luogo di incontro per le frange più violente dell’integralismo islamico; che bisogna impedire che i gruppi fondamentalisti trovino spazio nelle nostre città e nella nostra società; si dice anche che l’intento dei musulmani in Europa sia quello di convertire tutti noi all’Islam e all’intolleranza verso l’occidente. Tuttavia, tali semplificazioni sono piuttosto labili, privi di appoggi realistici: è infatti possibile che un luogo di culto - che sia una moschea, una sinagoga, una chiesa o un tempio buddista - diventi il fulcro di un gruppo di fedeli più o meno ortodossi. Ma ciò non significa necessariamente che l’ortodossia conduca alla violenza e all’intolleranza. Un esempio semplice potrebbe essere quello dei preti delle nostre chiese, portatori di un’ortodossia cattolica non violenta e proiettata verso l’educazione dei fedeli ai principi fondanti la religione e non certo in favore di rivolte armate contro la società. Negando la costruzione di un luogo di culto, non si impedisce la costituzione di nuclei di fondamentalisti violenti e senza scrupoli, perché costoro non possono di certo essere considerati dei religiosi o dei credenti ortodossi. L’ortodossia islamica non ha mai avuto quale portabandiera l’intolleranza e la violenza. Al contrario, i principi che l’Islam, sin dalle sue origini, ha sempre supportato sono quelli della tolleranza, della fraternità, dell’unione di tutti i popoli religiosi sotto l’unica bandiera del monoteismo. Lo scontro di civiltà, tanto temuto dalle culture occidentali, non è il frutto delle immigrazioni di musulmani in Europa, bensì di una politica arrogante che pretende il dominio su quelle civiltà considerate “diverse e, dunque, inferiori” le quali hanno avuto la sfortuna di costituirsi sopra territori ricchi di risorse naturali o situati in zone strategiche per gli interessi ‘euro – americani’. Non è certamente attraverso la negazione dei diritti sanciti dalle nostre Costituzioni che si ferma la caduta verso un’intolleranza e un egoismo che fanno riemergere paure e violenze dimenticate da secoli.


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GIANLUIGI - Roma - Mail - martedi 7 ottobre 2008 23.14
Cominciamo dalla fine. Il riferimento al "tardo medioevo" è, almeno, anacronistico dato che gli eventi cui l'articolo si riferisce si sono prodotti appena nello scorso mese ed il sentire-xenofobo cui lei fa riferimento è fortemente <>, post-11settembre per intenderci (sia da un lato che dall'altro di sicuro, non lo ignoro, le ratio, più o meno conscie, prendono le mosse dal background mondiale dell'ultimo mezzo secolo...ma non prima...o comunque ad esso fortemente connesso). Primo.
Secondo. Può chiarire il concetto di religione "domimante"?! Immagino (voglio immaginare) abbia, il termine usato, una funzione squisitamente statistica e non una connotazione "politicaly-correct".
Ciò premesso, giudico positivamente la messa in prima pagina d'un articolo del genere. Perchè la cultura-religione, in me, dominante, è portavoce (non ignoro manco il fatto che non sia la sola, evviva dio) del più prezioso tra gli strumenti necessari alla convivenza, tout-court, cioè la tolleranza. Tolleranza verso chi non pratica la religione "dominante" ma, con me e noi, crede e crede nella pace, nel rispetto, nei diritti e nei doveri... Certo quelle manifestazioni hanno carattere almeno superficiale oltre che violento (nel senso più ampio della parola) ma di certo non prescindono da fatti concreti, come la scarsa voglia-disponibilità all'integrazione (integrazione, no sottomissione), ovvero apertura e condivisione delle normali regole di convivenza e ancora, il terrorismo. Il ministro Tremonti (non faccio il tifo per quella parte politica, nè condivido la sua visione macroeconomica, nè ci uscirei a cena...) in un'intevista disse : "certo non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono islamici". Affermazione sconcertante, "mani basse", ma come contraddirla? Lo sò, si lo sò, mi risponderà parlandomi delle BR e poi pure dell'ETA, perchè più attuale... Ma lei crede che un cittadino italiano qualsiasi (anche d'origine islamica) tema di più l'ETA o il terrorismo di matrice islamica? Certo è terrore pure quello informativo dell'ignoranza, dell'intolleranza, talvolta è violento uguale, come dicevo sopra.
Le lancio allora la sfida e le pongo la domanda che ha suscitato dentro di me la lettura (del tutto casuale tra l'altro) del suo articolo, come intervenire, da un lato e dall'atro?!
Come curare l'arroganza-ignoranza-razzismo dell'occidente? E poi come intervenire su chi è cresciuto a pane e odio (e senza una cultura idonea a produrre la sensibilità all'ALTRO)? Un ragazzo tunisino mi raccontava, una volta, che tra i suoi amici-connazionali circolava un video che ritraeva soldati israeliani mentre uccidevano bambini palestinesi. E israeliano vuole dire americano. Americano vuol dire occidente. Occidente vuol dire Europa, Italia.
La chiusura, l'assenza di dialogo non ci lascia scampo, ma nel concreto che fare per non assistervi inermi... Non le chiedo un impegno politico, mi capisca, parlo del quotidiano... Della metro, del lavoro, in strada, a scuola...
Prese le distanze dagli eventi recenti, come si fa ad insegnare (è più realistico promuovere) la tolleranza ed il rispetto (sempre presso entrambi le parti)... Con il monito del "tardo medioevo"?! Parliamo piuttosto di esempio, di testimonianza (altro cardine della cultura dominante, mi consenta di sottolinearlo, non a lei ma ai cattolici-cristiani-manifestanti)...Pare che questo non basti...
La repressione?! Dio ce ne scampi. Allora?

Attendo le sue considerazioni.


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