Lucia Polettini

La grande speranza che si leva nei confronti del nuovo esecutivo recentemente entrato in carica è quella di una definitiva risoluzione del problema del precariato medico. Ciò potrebbe avvenire portando a definitivo compimento concreto quel progetto di sanità territoriale di cui si parla sin dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, anche al fine di non negare ai cittadini, in particolar modo agli anziani e ai ceti sociali più deboli, il diritto ad essere assistiti in maniera decente prescindendo dalle loro possibilità economiche. L’obiettivo di riuscire a raggiungere un buon grado di efficienza del nostro sistema sanitario nazionale rappresenta, infatti, un traguardo tutt’altro che irraggiungibile attraverso un più razionale utilizzo delle risorse economiche a disposizione. Il definitivo dispiegamento della cosiddetta medicina territoriale rappresenta infatti esigenza molto sentita da parte di intere categorie di cittadini. Esistono, naturalmente, grandi bisogni di assistenza in tutto il Paese. Tuttavia, in futuro sono destinate ad aumentare soprattutto le esigenze di assistenza ‘minore’ in ragione dell’aumento di molte cronicità le quali, a causa del continuo aumento delle aspettative di vita media, sono destinate a rappresentare la gran parte delle richieste di soccorso sanitario. Infatti, se per i bisogni più grandi sarà comunque necessario costruire un maggior numero di ospedali, per le esigenze di assistenza ‘minore’, che tra l’altro incidono in modo assai significativo sui bilanci familiari, dovrà essere definitivamente razionalizzata la nostra strutturazione sanitaria territoriale, anche quella più periferica, in piena attuazione del ‘Protocollo di intesa’ stipulato in data 10 luglio 2006. La situazione attuale, in Italia, prevede un grosso programma di risanamento sanitario anche negli ambiti accademici, i cui percorsi contrattuali a tempo indeterminato stanno presentando lati nebulosi e tantissimi validi medici impegnati in numerosi nosocomi universitari dell’intero Paese stanno ancora fornendo prestazioni retribuite con ‘contrattini’ a breve scadenza, nonostante si accollino responsabilità sempre più gravose. Lo stesso vale per tutte le aziende parasanitarie regolate da forme di contrattazione regionale. Insomma, il grave problema del precariato di questi anni non ha investito solamente i settori industriali o quello relativo al pubblico impiego generalmente inteso, bensì tocca anche comparti fondamentali di responsabilità morale e civile come quello dell’assistenza sanitaria nei confronti di tutta la cittadinanza.


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