Salvatore LordiE’ il lumicino della speranza che tiene in vita il presidente degli Stati Uniti che, in Medio Oriente, vuole tentare di essere ricordato come l’uomo “che portò la pace”. Tuttavia, nel suo ambizioso viaggio nella Terra Santa, egli è cosciente che la ‘sciabola’ sguainata contro l’Iran, dopo i fatti nello stretto di Hormuz, si può ritorcere contro, specialmente là dove non si è tanto amati. Ma perché G. W. Bush solo ora, ad un anno dall’addio alla Casa Bianca, ha pensato di intraprendere il viaggio più difficile della sua vita? E’ la domanda che circola, in questi giorni, tra tutti gli analisti. Sullo scacchiere della negoziazione c’è la “storica opportunità” di un accordo di pace tra israeliani e palestinesi, compromessa dalle costanti provocazioni di Mahmoud Ahmadinejad, pronto a far saltare i già precari equilibri. E allora il presidente americano ammonisce Teheran a “non continuare con le istigazioni, a “non scherzare col fuoco”. Il rischio di Bush, per la stampa americana, è che la visita nella terra sacra si trasformi in un boomerang e che le trattative passino in secondo piano. Forse, l’inquilino della Casa Bianca ha messo in conto anche questa possibilità e corre ai ripari: conosciamo l’accelerazione che egli ha sempre impresso sui fatti della storia e, già nell’incontro con Olmert, non ha usato mezzi termini nell’affermare che “Israele non può perdere questa opportunità”. Ma Bush si spinge oltre, fino ad essere “disposto a quelle difficili decisioni” che possono essere legate ad un accordo di questa portata. “Esistono dei limiti ben precisi”, tiene a precisare il numero uno israeliano, che ascolta in silenzio e conferma: “Non ci sarà pace finché il terrorismo non cesserà. Parole al vento, che Hamas ha commentato come sa fare: la sua voce è stata quella di un razzo Quassam partito dalla Striscia di Gaza, poco distante dalla Cisgiordania, impero di Abu Mazen, che nell’abbraccio fraterno con Bush ha voluto trasmettere un senso di impotenza. Tra le angosce di Abbas, una sembra insormontabile: come farà a promettere la pace agli israeliani e al mondo intero se il suo comando è dimezzato dal controllo, nella Striscia, dei ‘verdi’ di Ismail Haniyeh? Potrà la visita di Bush aumentare la sua stima tra i palestinesi o sarà, anche per lui, un boomerang? E’ difficile prevedere lo scenario dei prossimi mesi. A farlo, ci ha pensato il presidente americano, che alla Muqata si è spinto oltre l’ottimismo di facciata, affermando che “non solo la pace è possibile”, ma addirittura che “accadrà”. Annapolis è ancora vicina per i protagonisti della politica mediorientale che risentono degli umori di quelle ore oltreoceano. E se anche le parole di Bush possono apparire un azzardo, tutto in quella regione è un pericolo. E, quale rischio maggiore, quello di far sfumare “l’accordo della storia”.
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