Valentina Corsaletti
Alla scadenza del termine ultimo per concludere i negoziati tra kosovari e serbi sul futuro assetto della nota regione balcanica a maggioranza albanese, il Kosovo, i dirigenti dell'etnia prevalente di quel martoriato territorio si sono affrettati ad annunciare che intraprenderanno immediatamente i primi passi verso la proclamazione unilaterale dell'indipendenza, avviando con i governi occidentali che appoggiano il distacco da Belgrado colloqui intesi a mettere a punto le prossime mosse da compiere, al fine di ottenere un pieno riconoscomento internazionale del nuovo Stato. C’è da dire che, alla richiesta di precisare i tempi della dichiarazione d'indipendenza, il portavoce kosovaro Skender Hyseni ha risposto che la secessione avverrà “molto prima del prossimo maggio”. Gli osservatori internazionali, per parte loro, ritengono che in concreto la cosa si potrebbe realizzare già nei primi mesi del 2008, se non addirittura alla fine del 2007. Poche settimane, comunque, prima che cambino assetto e confini delle ultime vestigia dell'ex Jugoslavia. Il rischio, naturalmente, è che anche tale questione dia la stura all'ennesima tragedia nei Balcani, come ha messo in guardia ancora una volta la Russia, storica protettrice di Belgrado e da sempre apertamente ostile all'indipendenza kosovara, cosa che potrebbe generare un precedente pericoloso anche all'interno del suo stesso territorio. Non a caso il ministro degli Esteri di Mosca, Serghei Lavrov, in questi giorni ha avvertito che chi favorisce la separazione del Kosovo dalla Serbia “dovrebbe valutare con estrema attenzione le conseguenze di una mossa del genere”, liquidandola come una “palese violazione del diritto internazionale” che, dunque, Mosca difficilmente sembra disposta ad accettare. Lo spauracchio di una nuova ‘bomba’ nei Balcani preoccupa anche alcuni membri dell'Unione Europea, tra cui Spagna, Grecia, Slovacchia e, soprattutto, la piccola Cipro, isola disposta a ‘puntare’ davvero i piedi: il governo di Nicosia, infatti, pretende una risoluzione preliminare del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla questione senza la quale, a suo parere, i kosovari non avrebbero titolo per andare verso la propria strada. A parte l'eccezione cipriota, però, l'Unione risulta virtualmente unita nell'appoggiare l'indipendenza del Kosovo e nel riconoscerla quando sarà proclamata formalmente indipendente: lo ha assicurato tanto l'inviato speciale comunitario Wolfgang Ischinger, rappresentante dei Ventisette nella cosiddetta ‘Troika’ in cui sedevano anche i mediatori di Usa e Russia, quanto l'alto rappresentante per la politica estera e di difesa comune dell'Ue, Javier Solana, così come i ministri degli Esteri di Svezia e Gran Bretagna, David Miliband e Carl Bildt, riuniti a Bruxelles con i pari grado degli altri Paesi membri per vagliare il da farsi, in vista del Consiglio Europeo dei prossimi giorni. Tuttavia, Belgrado, per intanto, non ci sta, e ha ammonito: nessuna concessione in cambio dell’ammissione all’Unione europea e nessuna revisione dei rapporti diplomatici con chi sosterrà lo strappo della regione ribelle. Insomma, il ‘rebus’ balcanico sembra ancora ben lontano dal trovare una vera e propria risoluzione. E il pericolo di una nuova crisi nel bel mezzo dell’Europa balcanica sembra avvicinarsi paurosamente. Intanto, sulla missione europea, civile e di polizia che il ministro degli Esteri Massimo D’Alema vuole inviare al più presto per dare il segnale che l'Europa c'è e si è schierata, si sanno già tutti i dettagli: 1.800 uomini, di cui 1.400 poliziotti, da affiancare ai 16.500 della missione Nato, la Kfor, che resterà sul posto. La missione dovrà in pratica “ricreare” le strutture portanti di un Paese:scuole, amministrazione pubblica, servizi di polizia e amministrazione civica. D’Alema ribadirà la richiesta che l’Ue, già nel Consiglio del 14 dicembre prossimo, mostri un “orientamento politico chiaro” sull'invio della missione. Dalla Farnesina, poi, si guarda sempre con un occhio attento a Belgrado: l’Italia ritiene infatti assai importante mantenere per Belgrado una prospettiva europea, evitando pericolosissimi contraccolpi nazionalistici interni. Una cosa è certa per tutti: isolare Belgrado sarebbe un errore, come la stessa Russia, in realtà, sottolinea proprio facendo riferimento ad una politica internazionale multilaterale, di dialogo con tutti e che non colpevolizzi nessuno. Forse, ancora non siamo all’ultimo chilometro sulla strada dell’indipendenza del Kosovo. Tuttavia, una cosa, dopo i negoziati di questi giorni, sembra essere ormai certa: intorno a questa ‘benedetta’ regione si sta rischiando, nuovamente, il caos.

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