Vittorio Lussana

Il governo Prodi sembra ‘reggere’. Forse è ancora presto per cantare vittoria, da parte di Prodi e Veltroni. Tuttavia, se la Finanziaria riuscirà a superare lo scoglio del Senato, la partita potrà dirsi, almeno sino a gennaio, nuovamente ‘chiusa’. Ciò potrebbe aprire uno scenario ben diverso rispetto a delle presunte ‘spallate’ o ‘implosioni’: la possibilità di varare una nuova legge elettorale attraverso un accordo bipartisan tra le due coalizioni. La giusta via di mezzo, lo ripetiamo da mesi, sarebbe quella di un meccanismo proporzionalista con sbarramento, sulla base del modello tedesco, legando tale ‘passaggio legislativo’ anche all’approvazione di alcune modifiche costituzionali in grado finalmente di distinguere le funzioni delle due Camere - velocizzando di molto gli iter di discussione e di approvazione dei disegni di legge -ed inserendo, altresì, lo strumento della ‘sfiducia costruttiva’, ovvero la possibilità di indicare un nuovo indirizzo esecutivo allorquando appare evidente che una determinata fase politica sia giunta al suo termine, evitando così di esacerbare eccessivamente gli animi e senza obbligare nessuno a brusche interruzioni di legislatura. Si tratterebbe di una svolta eccezionale per il nostro Paese, che ambedue le coalizioni in campo potrebbero favorire e del cui merito potrebbero ambedue gloriarsi: il centrosinistra, infatti, potrebbe valorizzare la propria insistenza nel perseguimento di un metodo di dialogo, mentre il centrodestra rassicurerebbe anche il proprio elettorato più moderato e centrista intorno al proprio senso di responsabilità politica nei confronti degli interessi generali. Una qualità che, in alcune occasioni importanti la coalizione guidata da Silvio Berlusconi ha saputo dimostrare. Ma per la coalizione di centrodestra, ciò tornerebbe comodo anche per altri fattori, a dire il vero: 1) dimostrerebbe una nuova propensione a fare una politica ‘propositiva’ che potrebbe anche riavvicinare il partito di Cesa e Casini alla Casa delle Libertà; 2) aprirebbe la strada ad una nuova fase della Storia della nostra rappresentatività politica nazionale, cancellando almeno in parte gli effetti divisori e di irrigidimento di un bipolarismo costruito troppo frettolosamente e secondo criteri di eccessiva contrapposizione ‘demonizzante’ tra pericolo comunista e pericolo ‘berlusconiano’; 3) in caso di futuri risultati ‘paritari’ alle consultazioni politiche, favorirebbe il ricorso a soluzioni ‘altre’, come ad esempio avvenuto, in questi ultimi anni, proprio nella Repubblica Federale tedesca; 4) verrebbe finalmente avviato un graduale processo di trasformazione costituzionale del nostro ordinamento verso una nuova forma di governo: la Repubblica federale d’Italia fondata sulla libertà! Tutto ciò, rappresenta un programma minimo di realizzazioni, tutto sommato. Ma non per il nostro Paese, purtroppo, il quale appare un luogo in cui ‘cascami postideologici’ sembrano ancora regolare i distinti presupposti di elaborazione politica dei partiti. Inoltre, la gente è anche assai stanca di vivere in una Repubblica in cui si deve soffrire enormemente - e a volte anche inutilmente - per riuscire a raggiungere traguardi ed obiettivi che sono considerati normali negli altri Paesi dell’Unione europea. La forzatura demagogica e supponente, infatti, rimane quotidianamente in agguato come forma di mentalità politica, mentre stenta sempre a farsi strada la sanissima convinzione che solo un autentico riformismo liberaldemocratico rimane la via di uscita di una comunità che potrebbe finalmente abbandonare vecchi metodi e antiche nostalgie. Il ‘guado’ corretto è dunque quello di una laicità sentita, benché rispettosa dei sentimenti religiosi popolari: riusciremo ad varcare questa ‘porta stretta’? In qualche modo, noi speriamo di sì, perché sappiamo di avere l’onestà intellettuale e, in un certo senso, la consapevolezza di poter affermare, quasi alla Dottor House: “Ebbene sì, signore e signori: abbiamo ragione noi”.


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