Stefano de Luca

Il più antico dei partiti politici italiani, il Pli, è anche il più diverso, perché si è dato come obiettivo principale quello di rendere una testimonianza culturale, morale e storica, prima ancora che proporsi come soggetto politico in senso tradizionale. Un partito non partito, dove si coltiva la tradizione delle idee liberali e si cerca di riunire tutti coloro che in esse si riconoscono, anche se contingentemente si sono trovati a militare in altre formazioni. L’obiettivo dei liberali è quello di guardare lontano, assumendo iniziative su temi concreti, sentiti dalla gente comune. Insieme al Pri è stata avviata la realizzazione di una Federazione liberaldemocratica con l’obiettivo di partecipare alle elezioni europee del 2009 nell’ambito del Partito liberale democratico riformatore europeo. Non più la semplice somma di Pri e Pli, altre volte sperimentata senza grande fortuna. Piuttosto, un soggetto nuovo, che raccolga tutte le forze del mondo liberale e democratico e che guardi con interesse alla componente radicale, critica verso la sua linea di appiattimento sul governo Prodi. Una aggregazione, dunque, in grado di attrarre la miriade di circoli liberali esistenti e le singole personalità, intellettuali, professionisti, rappresentanti del mondo della produzione e, soprattutto, giovani delusi dalla politica gridata dell’attuale ‘bipolarismo all’italiana’. Una svolta che punta ad archiviare il passato statalista garantendo la supremazia del merito, della qualità, del privato rispetto al pauperismo e all’egualitarismo, il rischio rispetto alla protezione, il coraggio e la fantasia rispetto alla logica del precariato clientelare. E’ un’esperienza che nasce dalla consapevolezza che nella società italiana c’è bisogno di un soffio di libertà: libertà di competere, di rischiare, di scommettere sul proprio talento, una libertà frutto del proprio lavoro in una società che garantisca sicurezza e certezza del diritto, la libertà di perseguire il proprio sogno di felicità, in una società che consenta di correre liberamente diseguali. Non basta, per realizzare questo obiettivo, liberarsi del Governo Prodi. Ci vogliono idee nuove, che l’attuale centro-destra, negli anni in cui ha governato, ha mostrato di non avere. Bisogna pensare ad una grande alleanza tra i ceti più attivi della società italiana e quelli più deboli, promuovendo il localismo e lo spirito di iniziativa diffuso, ma, innanzitutto, ridimensionando, o del tutto eliminando, i privilegi corporativi esistenti e le rendite parassitarie riservate a sindacati e cooperative, come a finanzieri più o meno improvvisati, ma molto legati a settori politici, a fondazioni bancarie, a consorterie trasversali che, da troppo tempo, detengono una ipoteca di potere sulle nostre più importanti istituzioni. La democrazia liberale non è una sorta di delega in bianco consegnata per un quinquennio alla coalizione vigente, ma un complesso rapporto partecipativo, di cui il voto è uno, magari il più importante, dei momenti, numerosi e diversi, in cui il cittadino deve esercitare il suo controllo sulla classe politica. Un cittadino protagonista che, nella società del fare, esercita fino in fondo le sue prerogative, rivendica i propri diritti e li riconosce a sua volta. Un cittadino senza tutori, padrini, padroni, protettori, che ha affidato a se stesso il compito di affermarsi e crescere, con eguali punti di partenza, ma diseguale nella corsa della vita, all’insegna della libertà. Una libertà assoluta, che può dare un senso di vertigine, ma che per questo da un senso alla vita.- La Democrazia liberale impone una nuova e insieme antica eticità, quella che oggi sembra scomparsa. Non il falso moralismo imposto dalla autorità religiosa, cattolica o islamica, integralista o fondamentalista, o quella dei ‘retrobottega moralisti postcomunisti’, ma la moralità dell’individuo che rende conto solo a se stesso e alla sua coscienza. Se il Paese saprà compiere il necessario scatto di orgoglio, la politica riprenderà il suo primato sul terreno della credibilità degli ideali e dei valori. In questo futuro, non si sa quanto prossimo, ma che certamente verrà, ognuno dovrà fare la sua parte e vi sarà senza dubbio uno spazio per le idee liberali, quelle vere.




Segretario Nazionale del Partito liberale italiano
(Articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 22 giugno 2007)
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