Oscar Luigi Scalfaro, oggi Senatore a vita del Ppi, ha vissuto la Presidenza della Repubblica e, dunque, quella del Csm, in un periodo di grave turbolenza dei rapporti tra politica e giustizia. Ci pare opportuno ed attuale riproporre un passo estremamente importante del suo "discorso di fine anno" tenuto la sera del 31 dicembre 1997 e rivolto a tutti gli italiani.

(…) E’ c’è un tema delicato. Molti mi hanno chiesto di parlarne ed è: "giustizia e politica".
Qui, il rapporto è stato, a volte, difficile, polemico. Sono venuti inviti a un dialogo più tranquillo, da molte parti. Vorrei prendere un invito autorevole: quello del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Prof. Grosso, il quale ha detto parole, che io condivido totalmente, sulla capacità di abbassare la voce, sulla capacità di tacere, di silenzio, perché non servono queste polemiche. Soprattutto, quando sono polemiche fatte fra singoli. Non servono, accendono, il fuoco.
La Magistratura ha un’associazione. Più del 90 per cento dei Magistrati fanno capo a questa associazione. Questa associazione ha dialogato fortemente con la Bicamerale.
Io spero che potrà dialogare in questa fase importantissima delle riforme. Questa associazione ha i vertici, tutti i vertici, diciamolo, lo dico con gratitudine, di grande saggezza, di grande equilibrio, di grande capacità di dialogo, di capacità di mettersi anche nell’animo, nel pensiero della controparte. Auguri per questo dialogo. Ma io ho dei doveri, un dovere di chiarimento.
Si sono fatte delle polemiche perché nel salutare le cariche dello Stato per gli auguri di fine anno, facendo gli auguri alla Magistratura ho parlato di normalizzazione, ho parlato di tornare sul binario. Allora si è detto: ma il Presidente pensa che non ci siano più reati, che la stagione delle gravi cose illegittime sia finita?
Il Presidente non se lo è mai sognato questo. Purtroppo, nessuno può sognare questo. Ci sono i reati e ci sono i processi che devono – devono – essere celebrati…Devono. Ma quando io ho detto queste cose, ho ripensato che almeno quattro anni fa, parlando all'Auletta della Camera, proprio su un’iniziativa presa dall’attuale Presidente, l’On. Violante, che era allora Presidente della Commissione Antimafia – se non ricordo male c’era uno studio di Magistrati autorevolissimi.
E il Presidente Violante chiese che io parlassi. Fui il primo a parlare di questo. Lo dico solo perché era mio dovere farlo. E parlai, denunziando l’eccesso di carcerazione preventiva.
Questa c’è stata. Credo che tutti sappiano qual è la mia devozione alla Magistratura. E’ stata la mia vocazione primaria. E lo è ancora. Ho detto qualche volta: “La toga è attaccata all’anima” . Io la vivo così. Il mio rispetto è sempre totale. E la gratitudine per ciò che la Magistratura ha fatto per togliere tante cose storte dal mondo politico deve rimanere. Però bisogna avere il coraggio di dire che la carcerazione preventiva, specie, quando a volte, non so se il Magistrato o qualche collaboratore, consentitemi, un po’ rozzo, ha detto: “ O parli o rimani dentro “, no! Questo non ha spazio nella civiltà giuridica di nessun paese. Ha spazio, purtroppo, sotto la voce tortura. Questo no!
Il tintinnar di manette in faccia a uno che viene interrogato da qualche collaboratore è un sistema abietto, perché è di offesa. Anche l’imputato di imputazioni peggiori ha diritto al rispetto. Ma vi è stata anche un'altra cosa, che io ho denunziato, non a questo Consiglio Superiore, ma a quello precedente – qui, bisogna andare indietro tre- quattro anni - e sono gli avvisi di garanzia giunti alla stampa prima che all’interessato.
No, no. C’è un articolo del codice penale che parla chiaro, che si interessa proprio della violazione del segreto istruttorio.
No, non è possibile. Quando io parlo di tornare sul binario, devo dire che ho sentore che già si è tornati, grazie a Dio, ma ho bisogno di dirlo perché queste cose non possono ripetersi. In questo senso le mie parole (…)

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