Mai dire mai, in politica. Anche in Italia. Non sedersi mai sugli allori virtuali, sulle vittorie da sondaggio. Mai smettere di pensare ad un Premier che, da sempre, è un indomito combattente, che replica colpo su colpo. E che dà il peggio, ma anche il meglio di sé quando è in difficoltà, quando è in un angolo. Abbiamo già avuto modo di rilevare che il Cavaliere ha impresso una svolta alla campagna elettorale col clamoroso outing a Vicenza davanti ai confindustriali. Da allora, tutto non è stato più come prima: perché Berlusconi è uscito dall’angolo e perché l’Unione si è scomposta. Non sulla linea di fondo, ma su un argomento delicatissimo, esplosivo, a doppio taglio: le tasse. Prodi dovrà pur riconoscere, in quest’ultima settimana elettorale, che lo scivolone, la gaffe, il passo falso compiuto sul fisco è grande come una casa e genera il peggio, ovverosia il partito delle tasse. Un guaio per questa sinistra pasticciona e un insperato aiuto per Berlusconi che, diciamocelo almeno inter nos, ha sopra di sé uno Stellone che è grande assai. Quando Prodi spiegò diligentemente agli industriali di voler ridurre di cinque punti l’ormai mitico “cuneo fiscale”, non ebbe poi la risposta adatta alla inevitabile domanda sul come avrebbe realizzato quella riduzione. Non solo, ma nel corso dei giorni successivi, nell’Unione è stato un florilegio di risposte ad libitum, che variavano dalla tassazione su determinati redditi poi innalzati a quelli “grandi” e quindi rapportati a quelli dei “furbetti del quartierino” e, infine, lasciato oscillare a mo’ di clava sul capo dei contribuenti.
In virtù, tra l’altro, dell’abilità della destra di evocare lo spettro della tassazione dei Bot e Cct. Al punto che lo stesso Romano ha perso le staffe accusando Tremonti di “delinquenza politica” per le sue affermazioni che attribuiscono alla Unione la volontà di imporre aliquote contributive al 25% per i lavoratori autonomi. C’è da leggere in simili atteggiamenti la conferma che nella sinistra quello delle tasse rimane un nervo scoperto. Certo, nessuno è in grado di prevedere se l’autorete unionista sul fisco sarà decisiva o se vi porranno rimedio in zona Cesarini le repliche di un Enrico Letta in vena di chiarificazioni o di un Massimo D’Alema sempre versato in sarcasmi. L’impressione è che, se anche la partita per la CdL sembra assai complicata, non è detto che il risultato finale non si avvicini ad un (quasi) pareggio. Non va infatti dimenticata l’impressionante analogia con l’ultima elezione in Germania. Anche lì c’erano sondaggi favorevolissimi alla Merkel con un distacco di quasi 15 punti sul Cancelliere Schroeder. Sul finire della campagna e quasi in concomitanza col faccia a faccia fra i due vinto alla grande da Schroeder, il ministro delle finanze in pectore della Merkel se ne uscì con una fatale proposta di maggiore tassazione. Esattamente come in Italia hanno fatto quegli schizofrenici fiscali dell’Unione. Ebbene, il vantaggio si è drasticamente ridotto e il (quasi) pareggio ha consentito al Cancelliere socialdemocratico di uscirne in bellezza e alla Germania di realizzare una Grosse Koalition che, col taglio delle ali estreme, sta dando ottimi risultati. Non da oggi andiamo scrivendo - in pochi ma buoni, come si dice - che l’Italia ha bisogno di un periodo di idem sentire, di una sorta di Assemblea Costituente, di una Grande Alleanza, insomma di un pit stop o come diavolo volete chiamare un periodo di decantazione. Che ridia un ruolo non più ancillare alla politica, consentendo al Paese di riformare, di riformarsi e di riprendere la corsa. Pena il declino, quello vero. Quando si capirà che Caruso e Borghezio non sono la soluzione, ma il problema?


Articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 3 aprile 2006
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