Stefania Catallo“Basta con la disinformazione: bisogna spiegare bene e con cognizione di causa come funziona il vaccino contro il Covid 19”. Così il dottor Benedetto Di Mugno, medico anestesista, terapista del dolore e agopuntore in forze presso l'ospedale San Sebastiano di Frascati (Roma) si è voluto esprimere in merito alle polemiche esplose dopo l'avvio delle vaccinazioni in Italia. Sono in molti a chiedersi come sia stato possibile ottenere un vaccino in così poco tempo, se paragonato ai decenni che sono stati necessari per produrne altri o, addirittura, al nulla di fatto rispetto, per esempio, a quello contro l'Aids. La disinformazione e la cattiva informazione hanno creato forti dubbi circa l'opportunità di sottoporsi alla somministrazione, generando una percentuale di persone che potrebbero, se non vaccinate, diventare un rischio per le altre e non riuscire più a condurre una vita normale, se è vero che, nel tempo, ciascuno di noi disporrà di una sorta di ‘passaporto vaccinale’.
 
Dottor Di Mugno, come nasce il vaccino contro il Covid-19?
“Il vaccino per il Covid 19 nasce dopo un lungo percorso, iniziato nel 1990 con gli studi della dottoressa Katalin Karikò. In particolare, dall’intuizione che l’mRna possa essere utilizzato nella terapia di malattie che, al momento, terapia non ne hanno. Detto con estrema semplicità: la produzione delle proteine all’interno delle cellule avviene a partire dal Dna, su cui viene trascritto l’Rna ‘messaggero’ (mRNA) il quale, trasportato nel citoplasma, porta l’informazione nei ribosomi per sintetizzare le proteine (il mRNA non va mai dal citoplasma al nucleo cellulare), dopodiché viene distrutto. Le proteine che vengono prodotte hanno sia ruoli strutturali, sia funzionali. L’idea iniziale della Karikò era quella di progettare l’mRNA, per poi introdurlo nella cellula, al fine di indirizzare la produzione, nei ribosomi, delle proteine che ci interessano, come gli antigeni che stimolano la produzione di anticorpi o gli enzimi per colmare un deficit come si riscontra in malattie rare, o in fattori di crescita che aiutano a riparare il tessuto cardiaco danneggiato. Questi sono solo alcuni esempi di un eventuale uso terapeutico, che pertanto non riguarda solo lo sviluppo di eventuali vaccini. Nel 1990, quest’idea trovò un riscontro pratico sui topi di laboratorio. Il problema iniziale era che l’mRNA sintetico generava una risposta immune, che ne determinava la distruzione prima che potesse raggiungere le cellule. La soluzione di questo problema fu descritta, in seguito, in una serie di articoli comparsi in varie riviste scientifiche nel 2005. In ogni caso, a un certo punto venne identificata quella parte dell’mRNA sintetico che stimola la risposta immune contro se stesso e fu sostituita, creando un mRNA ‘ibrido’ che arriva ed entra nelle cellule, così da permettere la sintesi delle proteine che noi vogliamo. Da tali sviluppi e dall’interesse che questi suscitarono in alcuni scienziati, nacquero due aziende che andarono a operare nel campo delle biotecnologie: ‘Moderna’ negli Usa e ‘BioNTech’ in Germania. Queste sono riuscite a ‘vedere’ il grande campo di applicazioni di questa tecnologia sull’mRNA. Quando è iniziata la pandemia da Covid 19, in breve tempo, ovvero già a inizio gennaio 2020, è stata pubblicata la sequenza genica del virus Sars-CoV2. La tecnologia di cui stiamo parlando non richiede il virus per creare un vaccino, ma un computer, che a partire dalla sequenza genica isolata, ci fa risalire all’mRNA che permette alle cellule di produrre la singola proteina che può dare la risposta ‘anticorpale’ per avere una immunità verso il virus. In questo caso, si tratta della proteina ‘S’ (Spyke), la quale permette al virus di legarsi ai recettori e penetrare all’interno della ‘cellula-bersaglio’. A fine febbraio 2020, ‘Moderna’ ha presentato il primo vaccino sperimentale e sono iniziati i test”.

Come mai si è impiegato così poco tempo per produrre il vaccino?
“Quella che noi vediamo come una rapidità di produzione, in realtà nasce da una tecnologia che si era già sviluppata a partire dal 1990. Nello sviluppo del vaccino sono state coinvolte un numero di persone circa dieci volte superiore agli standard di studi analoghi. E le risorse economiche necessarie sono state messe a disposizione in tempi rapidissimi. Inoltre, la valutazione dei risultati da parte delle Agenzie di controllo avveniva mentre questi risultati venivano prodotti e non, come di norma, a studi completati. In questo modo, si sono risparmiati anni sui tempi di approvazione e si sono potuti garantire tutti gli standard di sicurezza. Molto importante in tutto ciò è stata la ‘Coalition for epidemic preparedness innovation’ (Cepi), nata nel 2017 a Davos allo scopo di sviluppare un piano coordinato, internazionale e intergovernativo, per lo sviluppo e la distribuzione di nuovi vaccini in tempi rapidi. La Cepi è una partnership globale tra organizzazioni pubbliche, società filantropiche private e della società civile, che hanno come finalità quella di rendere più veloce lo sviluppo di vaccini per le malattie infettive emergenti e consentire un accesso globale a essi. La vaccinazione prevede due somministrazioni, mentre l’efficacia ottimale si ha dopo una settimana dalla seconda somministrazione. La circolazione del virus può essere arrestata con una copertura vaccinale del 65/70%. Al di sotto, aumenta il rischio di non avere una copertura sufficiente a livello di popolazione. La percentuale di copertura vaccinale che il Centro europeo per la prevenzione e il controllo di malattie (Ecdc) ha dato come riferimento per avere un controllo sufficiente sulla diffusione della infezione, è del 67%”.

Quanto è sicuro questo vaccino?
“I vaccini, prima di essere commercializzati, devono passare per i controlli degli Istituti responsabili della sicurezza dei prodotti farmaceutici: l’Ema in Europa; la Fda negli Stati Uniti; l’Oms per tutto il mondo; la Swissmedic in Svizzera. Il produttore deve presentare gli studi completi e deve, inoltre, dimostrare che ha le capacità di produrre un vaccino sicuro e su larga scala. Dai controlli degli istituti suddetti ne derivano anche le raccomandazioni d’uso. La vaccinazione, come qualunque altro presidio terapeutico, viene raccomandata quando il beneficio che apporta è superiore agli eventuali rischi. Dai controlli discendono anche le indicazioni riguardanti i soggetti a cui somministrarlo (età, fattori di rischio, possibili complicazioni e così via): nulla è stato lasciato al caso”.

Come considera le posizioni dei ‘No-Vax’?
“Credo che i cosiddetti ‘No-Vax’ siano figli di una mancanza di informazione, ovvero di una diffusa disinformazione. Poco si può fare se di argomenti altamente tecnici e selettivi ne parlano tutti, spesso chi non ne ha alcun titolo. E, a volte, anche chi ne ha titolo ne parla nel modo sbagliato, un caso questo che alimenta ancora di più i dubbi dei ‘No-Vax’. Per rendere più chiaro quello che voglio dire, posso raccontare come nacque la ‘leggenda’ del rapporto dei vaccini con l’autismo: una vicenda che viene evidenziata ancora oggi dal ‘popolo’ dei ‘No-Vax’. È una storia emblematica: Andrew Wakefield, un gastroenterologo britannico, nel 1998 pubblicò su ‘Lancet’, un’importante rivista di medicina, uno studio da lui fatto su otto bambini autistici, nel quale mise in rapporto la malattia di questi bimbi con il vaccino trivalente, quello contro morbillo, parotite e rosolia. Questa notizia provocò un clamore enorme, creando un giustificato allarme in genitori in procinto di vaccinare i propri figli. Due anni dopo, un altro studio, pubblicato su un’altra rivista medica - la ‘Medical Hypothesis’ - mise in correlazione l’autismo con il ‘tiomersale’: un conservante al mercurio utilizzato nei vaccini. Questo ebbe, come conseguenza, lo sviluppo di una ‘ideologia No-Vax’ dilagante e l’investimento di ingenti somme, per portare avanti nuovi studi sull’argomento e verificare se una attinenza esisteva realmente. Ma il ‘tiomersale’ non è altro che etilmercurio: una sostanza atossica, che viene eliminata rapidamente dall’organismo. Oltre a ciò, vennero avviati studi su diverse centinaia di migliaia di bambini vaccinati e non soltanto otto, come nella sperimentazione di Wakefield. Ebbene: tutti gli studi hanno evidenziato un ugual numero di sindromi autistiche sia tra i bambini vaccinati con il trivalente, sia tra quelli non vaccinati. Questo rapporto non cambia neanche negli studi fatti tra bambini nei quali si sono usati vaccini con ‘tiomersale’ e vaccini senza tiomersale. Si tratta di studi pubblicati su molte riviste mediche importanti. Inoltre, successivamente a questi studi, che affossavano le sue teorie, sempre Wakefield ne propose un’altra: la sindrome autistica sarebbe generata dalla somministrazione simultanea di più vaccini, che determinerebbero un indebolimento del sistema immunitario. Ma anche nel merito di questa ipotesi, sono stati fatti studi che hanno dimostrato come la somministrazione contemporanea di più vaccini provochi risposte del sistema immunitario totalmente simili a quelle dei singoli vaccini somministrati separatamente. Eppure, la teoria della cospirazione, nel frattempo, ha trovato un grande numero di proseliti, soprattutto tra persone che ricoprivano un ruolo pubblico, le quali, ignorando le evidenze scientifiche, continuavano a pubblicizzare le teorie di Wakefield. Nel 2002, il ‘tiomersale’ è stato addirittura eliminato, in via precauzionale, dai vaccini. E nonostante ciò, non vi è stata alcuna diminuzione dei casi di bambini con sindrome autistica. Nel 2004, uno stretto collaboratore di Wakefield ha affermato, sotto testimonianza, che lo studio pubblicato su ‘Lancet’ si basava su dati manipolati e che Wakefield, insieme ad altri collaboratori, aveva ricevuto ingenti somme di denaro da alcuni studi legali specialisti in ‘class action’. Insomma, per anni, avvocati e periti hanno diffuso dati fraudolenti, per fare in modo che genitori con figli autistici facessero cause collettive contro le industrie farmaceutiche produttrici di vaccini, sperando di ottenere risarcimenti miliardari alle spalle di quelle stesse famiglie che vivono vere tragedie. Invece, tutti i soldi spesi per portare avanti gli studi atti a confutare le false teorie sono stati indirizzati al finanziamento degli studi sull’autismo. Wakefield fu espulso dall’ospedale di Londra in cui lavorava e fu radiato dall’Ordine dei medici. E i media che avevano dato grande risalto alle teorie di Wakefield, non hanno diffuso con la stessa enfasi la notizia delle frodi. E a tutt’oggi, è ancora radicata in molti l’idea che vi sia un’associazione tra vaccini e sindrome autistica. In questa storia c’è tutto quello che serve per capire come si sviluppa, cresce e continua ad avere effetti gravissimi una falsa notizia, quando basterebbe un’informazione deontologicamente più corretta per evitare tutto questo”.

Come sono stati questi mesi di pandemia in ospedale?
“Sono stati mesi duri e contraddittori. Spesso rabbiosi, per quanto si vede e si ascolta fuori dagli ospedali, in contrasto con quello che noi operatori sanitari vediamo e facciamo tutti i giorni. Speriamo che tutto questo serva anche per una spinta a un’ottimizzazione del sistema sanitario. L’arrivo del vaccino ci ha reso più fiduciosi per arrivare a vedere la fine di tutto questo incubo o, quanto meno, che ci possa essere un controllo della epidemia che permetta un ritorno alla normalità. E bisogna anche sottolineare come il sistema sanitario, nonostante le sue criticità, tutto sommato abbia retto. Soprattutto grazie a chi tutti i giorni vi lavora in silenzio, lontano dai riflettori, con grandi competenze professionali e umane”.


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