Valentina SpagnoloCommentare l'anteprima di 'Divorzio a Las Vegas', diretto da Umberto Carteni e in uscita prossimamente nelle sale cinematografiche italiane distribuito dalla '01', ci conduce innanzitutto verso l'impressione di un primo e molto attento ritorno alla normalità dopo i lunghi mesi di chiusura per la pandemia da coronavirus. In sostanza, il cinema italiano intende ripartire. E la sensazione di un gruppo di operatori, professionisti e amici che ha saputo spiritualmente ricompattarsi, nel pieno rispetto del protocollo di distanziamento applicato nel presigioso cinema 'Adriano' di Roma, ci ha dato l'impressione di un ambiente che ha saputo vivere il lungo 'lockdown' con grande sacrificio, ma anche con sincera solidarietà. Persino i 'posizionamenti' in sala sono stati ricercati con accortezza, pazienza e buona educazione, senza nervosismi di sorta. E il caloroso ed educatissimo Renzo Arbore, a un certo punto ha tentato di dare una mano, consigliando un'ordinata sistemazione delle file centrali: piccoli e 'toccanti' momenti di una capitale i cui cittadini, per fortuna, tra loro si vogliono bene. Insomma, finalmente si riparte. Anche nel cinema. E lo si fa con questa 'commedia rosa' che vede protagonisti la graziosa Andrea Delogu, popolare conduttrice radiofonica di Raidue prestata al grande schermo, in compagnia di Giampaolo Morelli, Ricky Memphis, Gian Marco Tognazzi e Grazia Schiavo. Si tratta di un commedia semplice, immediata, ma senza concessioni di sorta a espressioni vernacolari o alle eccessive volgarità del recente passato. Qualche risata, qua e là, riesce a mantenere in asse una pellicola che sembra un po' 'ammiccare' al pubblico, ma con apprezzabile sincerità, per ribadire come gli italiani, quando vogliono, riescano sempre a trovare una via d'uscita dalle loro difficoltà. Un tratto identitario che abbiamo, tutti quanti, riscoperto, soprattutto dopo il trauma dei camion di Bergamo carichi di vittime del Covid 19. Perché in fondo é questo, il tema sotteso di questa piccola 'commedia degli equivoci'. La quale, per l'appunto, propone un gruppo di giovani italiani che, pur nel loro far sempre 'casino', sanno anche trovare le soluzioni per riuscire a risolvere i problemi. Persino il 'deluso' Gian Marco Tognazzi, chiamato a interpretare il ruolo alquanto 'scomodo' del 'buon partito' raggirato dalle ragazze, ha proposto una credibile identità di maschio italiano che sa prendere la vita con filosofia, senza trasalimenti o vendette. Tra gli interpreti 'non protagonisti' non possiamo non segnalare la bellissima Grazia Schiavo, che 'buca' letteralmente lo schermo con l'espressività dei suoi occhi azzurri, inchiodando gli spettatori alle poltrone. E poi c'è lei, Andrea Delogu: carina e spiritosa; vivace come una nuova Audrey Hepburn all'italiana; un 'peperino' dotato di ottime qualità espressive, con questi suoi simpaticissimi, ma sempre autentici, occhi neri, che sanno aprirsi uno spazio nel cuore del pubblico. Ovviamente, se vogliamo ripartire con sincerità ed equilibrio, anche noi non possiamo esimerci dal fornire alcune indicazioni, pur sapendo di esserci trovati di fronte a una commedia 'rosa' che, dunque, doveva per forza prevedere il 'lieto fine'. Pertanto, ragazzi, cercate di comprendere: il gruppo di attori ci è piaciuto, siamo stati trattati bene e con affetto, ma alcune 'piattezze' di fondo rimangono evidenti, pur avendo apprezzato, per esempio, le difficili riprese effettuate nel deserto del Nevada, probabilmente realizzate con l'aiuto di droni. Inoltre, alcune tecniche di regia hanno donato una buona confezione all'intera pellicola. Tuttavia, anche 'da queste parti', cioè quelle della sinistra 'in' e 'vippaiola', si tende al 'calderone': alcune scene sono state girate negli alberghi o nei gattaciieli di Donald Trump, accompagnate da un conteso progetto di sviluppo ecosostenibile, in cui la tematica ambientale resta ancora troppo 'sullo sfondo'. A riprova dell'avvenuta digestione di alcuni contenuti, ma con l'impressione di accettarne anche altri assai più 'spuri'. Anche il protagonista, l'interessante Giampaolo Morelli, denota un interesse verso il cinema a cui ricorre nei momenti di difficoltà, a riprova dell'avvenuto assorbimento di un certo 'veltronismo cinematografico' che aiuta a fuggire dai soliti luoghi comuni del napoletano nostalgico di Maradona e ubbie affini. Noi possiamo anche comprendere molti 'sentimentalismi popolari', se vogliamo. Ma bisogna anche saper compiere delle selezioni, delle distinzioni, delle scelte, nella nostra vita quotidiana. E lo affermiamo sottolineando come certi buoni elementi di sceneggiatura ci abbiano indotto, alla fine, a dare un buon giudizio, nel complesso, a questo film. Un tentativo di ricominciare a fare qualche passo in avanti tutti insieme, riemergendo da una fase di eccessive indulgenze verso i nostri tratti più 'lazzaroni' e un po' volgari. La sincerità di questo gruppo, insomma, noi l'abbiamo notata. Ovviamente, non siamo d'accordo sul lieto fine, tanto per tirarci appresso anche noi il solito rimprovero verso una critica troppo 'intellettualoide', amante dei 'lati amari'. Tuttavia, la nostra ricerca sociologica ci conduce ad affermare che non solo l'amore vince raramente, ma addirittura ci conferma un 'tratto' ben preciso della nostra società, ormai divenuta 'contrattualista' anche nei rapporti umani, individuali e personali, al fine di segnalare un contesto di problemi che, evidentemente, esistono e che non si possono certo rimuovere o far finta di dimenticare. Neanche per quel 'gusto' di ''leggerezza' divenuto tanto auspicabile, quanto ormai lontano.


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