Roberto LabatePurtroppo, l'argomento è tragico. E le conseguenze di tutte le analisi possibili che si possono fare sono abbastanza impietose, a parte la stima per le alte professionalità, la serietà e il sacrificio di tante persone. L'Italia è il terzo Paese al mondo per morti e contagiati da coronavirus. Non è una nota di merito, tutt'altro. Forse, sarebbe il caso di cominciare a chiedersi cosa è andato storto, anziché raccontarci la favola che siamo stati i più bravi e che tutti hanno seguito il nostro esempio nelle 'chiusure all'italiana'. E' vero che molti Paesi hanno cercato di seguire il nostro esempio, quello delle chiusure pressoché totali. Ma oggi non si trovano granché bene neanche loro. E altri non lo hanno fatto affatto, superando assai meglio di noi l'ondata di 'picco' dell'epidemia. Come quasi tutti i Paesi nordici, che hanno contenuto il virus meglio di noi e stanno già uscendo dall'emergenza. Cosa non ha funzionato dunque? Con la premessa che non si vuole affatto dar vita a un processo politico, a cui non siamo affatto interessati, qui si criticano le decisioni del Governo e il mal funzionamento degli apparati dello Stato e della sanità. Cerchiamo di andare con ordine: il virus si è diffuso in tutta la sua gravità innanzitutto in Cina, nella megalopoli di Wuhan, inquinatissima, come tutto quel Paese. L'inquinamento in questa storia ha un ruolo fondamentale. Tanto che alcuni scienziati ipotizzano che la nascita del del coronavirus derivi da una mutazione genetica dovuta all'inquinamento, che avrebbe trasferito quest'infezione dal sangue animale - quello di un pipistrello - macellato da vivo in un mercato dove si praticano queste macabre operazioni: il mercato degli animali vivi di Wuhan. Il virus, subita questa mutazione, si è diffuso nella regione e, a un certo punto, viene individuato dagli scienziati cinesi. Il Governo di Pechino, a sua volta, blocca tutta la regione con un 'lockdown' totale, che un governo comunista, non democratico, può attuare facilmente. Ovviamente, anche se si blocca un'intera regione in cui si è diffuso il contagio, in Cina ci sono oltre un miliardo di lavoratori che producono e che possono rifornire e supplire, sotto il profilo produtivo, al blocco dell'area in quarantena. E, infatti, sotto il profilo economico, la Cina del coronavirus ne risentirà relativamente. Il virus, ovviamente, si sposta. C'è anche chi dice che non avesse senso bloccare solo i voli provenienti dalla Cina, perché i passeggeri, facendo scalo da altre parti, sono arrivati comunque in Italia, come in tutto il resto del mondo. Tra l'altro, c'è anche chi sospetta che il virus fosse già comunque circolante, ma sconosciuto. Comunque, a un certo punto è arrivato anche qui da noi e, a quanto pare - tale informazione viene messa in discussione da più parti - siamo stati i primi europei ad averlo. Probabilmente, siamo stati semplicemente i primi a rilevarlo e a farlo diventare un caso mediatico, di cui hanno parlato televisioni e giornali: a un certo punto, per tutti, in Italia c'era il virus. Ora, cosa è successo di realmente drammatico, rispetto ad altri Paesi che hanno affrontato la crisi molto meglio? E successo che il nostro sistema sanitario pubblico, popolato da tante persone meritevoli che non finiremo mai di ringraziare, aveva subito tagli pesanti nei decenni precedenti. La percentuale di posti-letto e di posti in terapia intensiva, rispetto alla popolazione, era fra le più basse d'Europa. Per questo motivo, il nostro sistema sanitario si è ritrovato improvvisamente affollato a dismisura e stava collassando, trasformandosi a sua volta in un focolaio dell'epidemia. In buona sostanza, gli ospedali sono diventati il vero 'focolaio', così come i centri per anziani. C'è chi dice che avremmo dovuto chiudere tutto ancora prima. In ogni caso, con un sistema al collasso, il Comitato tecnico-scientifico istituito presso la presidenza del Consiglio, al cui interno la componente fondamentale e dominante è costituita dall'Istituto Superiore di sanità, prescrive al Governo la chiusura totale. E il Governo, a un certo punto, ha chiuso il Paese in quarantena: una decisione drammatica. Ma il Comitato tecnico-scientifico - e tantomeno l'Iss - non si occupa di economia. Ed l'economia vuol dire gente che lavora per vivere e che vive del proprio lavoro. Chiudere tutto vuol dire ridurre milioni di persone alla fame, come è successo e sta succedendo. E la crisi rischia di ampliarsi per le sue ricadute sociali. Baristi, ristoranti, parrucchieri, camerieri e badanti vivono del proprio lavoro: se gli si toglie quello, come mangiano? Sono stati messi in campo degli aiuti che sembrano, al momento, dei 'paliiativi' abbastanza irrisori: un'attività non sopravvive certamente con i 600 euro o con i fantomatici prestiti garantiti dallo Stato, dato che le banche non sembrano propense a concretizzare tali soluzioni. Con ogni evidenza, tutto questo sembra una cura assunta nell'emergenza di un sistema sanitario che era al collasso e che, con ogni probabilità, è ancora peggiore dell'epidemia. La stessa cosa è successa in altri Paesi. Come la Spagna, per esempio, che non ha retto. Invece, i Paesi nordici, con sistemi sanitari efficienti, hanno potuto rispondere all'emergenza e non hanno mai chiuso nulla o solo alcune zone, la loro produzione è andata in gran parte aventi, non hanno avuto crisi sociali e, oggi, stanno già uscendo dall'emergenza. Molto peggio di noi hanno fatto gli Stati Uniti, per motivi strutturali, oltre che per la scarsa comprensione del problema da parte del presidente Trump. Il sistema sanitario americano è in massima parte in mano ai privati, gli ospedali pubblici sono pochi e chi non ha un'assicurazione sanitaria non può curarsi. Un tampone, negli Usa, costa migliaia di dollari, per cui i poveri, che in un sistema privatistico sono tantissimi, affollano i ghetti e sono abbandonati a loro stessi. Ecco perché il Paese si sta avviando verso la sua più grande crisi della Storia, paragonabile a quella tra le due guerre mondiali. Stanno già seppellendo le bare in fosse comuni in un'isola del Bronx: un lavoro affidato ai detenuti un giorno a settimana e che, oggi, lo stanno svolgendo tutti i giorni. Sono allo sbando completo. Ed era prevedibile, dato un welfare concepito in quel modo. Ma per favore, non si dica neanche che noi siamo stati bravi, bravissimi, quelli da imitare: noi siamo i terzi peggiori al mondo. E le persone stanno andando in rovina, non sanno come mangiare. Va da sé, che come conseguenza di questa analisi comparata ad altri sistemi più funzionanti e altri meno, va posto il vero problema: era opportuno, da parte dello Stato, chiudere tutto e mandare fallite attività e persone? Come conseguenza ineludibile di ciò, nel Paese si sta già cominciando a parlare di riapertura, ovviamente con regole di sicurezza da rispettare fin quando l'emergenza non sarà finita. Insomma, occorre lasciare la possibilità alla gente di guadagnarsi da vivere. E anche alla svelta.


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