Vittorio LussanaSeppur lentamente, il gruppo 'No euro' della Lega di Matteo Salvini (quello composto da Bagnai, Borghi e Rinaldi) si è autoconfinato nell'irriducibilismo più intransigente. Si tratta di un circuito di studiosi che l'ex ministro degli Interni si era portato nel Partito non certo per convinzione o per scelta, bensì per disperazione, poiché si ritrovava in una fase in cui il suo movimento, secessionista e 'padano', sembrava sulla via dell'estinzione. In queste cose, Salvini è assai abile: assorbe tutta una serie di piccoli elettorati che, da soli, finirebbero disintegrati tra le 'portaerei' politiche e mediatiche altrui. Invece, riassorbendoli nella Lega, egli è riuscito a dar 'sfogo' ad alcuni umori assolutamente marginali, da addetti al bancone del bar. Prendersela con una moneta, l'Euro, è già di per sé una cosa da sbellicarsi dalle risate. Ma il non riuscire a comprendere la differenza di regime tra una valuta debole e un'altra molto forte, sintetizza perfettamente quanto avvenuto in Italia in questi ultimi decenni. Ovvero, si è finalmente 'intaccato' il mito della grande imprenditoria italiana, che in realtà è sempre stata stucchevolmente arrogante, irrimediabilmente 'pasticciona', spesso strapiena di debiti. "In Francia, non puoi acquistare neanche un chiosco di giornali", afferma Antonio Maria Rinaldi (chi era costui? Ma non stava all'Eni? Non era amico fidato della "volpe finita in pellicceria", allorquando venne firmato il Trattato di Maastricht nel 1992? Mah...). Un'affermazione incredibilmente 'stonata', quella di Rinaldi. Soprattutto, quando si è a lungo accusato il presidente Macron di essere il principale baluardo dell'europeismo più radicale. Inutile fargli comprendere che il sindacato dei giornalai francesi di certo non pone 'veti' in base alla nazionalità degli edicolanti, dato che in Francia risiedono, ormai da decenni, esercenti dalla provenienza più disparata. Il problema resta sempre e solo l'Europa, non il fatto che ai tempi della lira, attraverso svalutazioni concordate ed esportazioni sottocosto, (recuperate tramite un prezzario 'assassino' sul mercato interno, ndr) mantenevamo in piedi un blocco sociale di sfruttatori, collegati a 'doppio filo' proprio con quella prima Repubblica in seguito - ma solo in seguito... - tanto vituperata. Perché spesso, il problema della nostra classe politica non risiede nei suoi leader, bensì nella 'marmaglia' di cortigiani che si crea attorno a loro. Il ragionamento è molto semplice: l'esponente politico di riferimento, a un certo punto, si ritrova impaludato in qualche 'guaio'? Bene: ecco che loro, i 'cortigiani', immediatamente si 'riciclano', spacciandosi come "il nuovo che avanza". Fin qui, tutto chiaro? Si è capito che tipo di 'amici' sono, questi qui? Questo il vero motivo dell'apparizione di certe "nuove categorie umane", che sembrano uscite da un film dei fratelli Vanzina. E che possiedono la stessa mentalità di quella cinematografia lì: quella delle vacanze esotiche, dei "li mortacci tua", della 'bella del momento' a cui far recitare meno battute possibili, ché tanto dev'essere "bona e basta". Ecco quel che è capitato, in Italia, con l'entrata nell'Unione europea: qualcuno si è vendicato della 'boria' di questa 'gentucola' qui. Si tratta di un elenco alquanto lungo e variegato, a dire il vero, composto da persone costrette a girovagare dentro a un labirinto che non possiede alcuna via d'uscita. Siamo cioè di fronte a personaggi che c'entrano poco o nulla col 'popolo delle partite Iva', né tantomeno col "popolo sovrano", improvvisamente riscoperto dopo un'intera vita trascorsa con i 'piedi al caldo'. Ci sono alcuni elementi della critica alla Ue che, in realtà, questi 'soggettini' hanno compreso veramente. Per esempio, quello dell'adozione di una moneta unica non in quanto obiettivo del progetto d'integrazione europea, bensì come punto di partenza. Ma certe cose sarebbe meglio lasciarle dire a Giorgia Meloni, che per lo meno ce la mette tutta e non è di certo 'sospetta' nel pensare certe cose. Parole come 'sovranità', 'eurocentrismo', 'dittatura economica' suonano assai male in bocca a questi qui, dato che si tratta di esponenti che, ovunque tirasse il 'vento', erano pronti a posizionarsi di conseguenza. Chi li conosce bene, sa di cosa stiamo parlando. E sa bene anche quale sia la differenza di statura tra un Carlo Azeglio Ciampi e un Antonio Maria Rinaldi. Perché Ciampi è stato un ministro dell'Economia che era riuscito ad abbattere quasi del 50% il nostro debito: sono stati altri a riportarci, nel breve volgere di qualche lustro, 'da capo a 12'. Eh! Maledetto debito pubblico: sarebbe bello poterlo rimuovere come per magia. Magari, mettendosi a 'gettare cambiali' dalla finestra. Il rimedio dei Borghi e dei Rinaldi, probabilmente sarebbe proprio questo qui. Ma con l'Europa in mezzo ai 'piedi', questa cosa non si può fare. Ed ecco, dunque, il vero motivo delle 'lagnanze' di questi signori, i quali si ritrovano prigionieri di un enigma che non riusciranno a risolvere mai. Mai e poi mai. Esattamente come nel film 'Invito a cena con delitto' di Robert Moore: un capolavoro autentico della commedia brillante. E non certo 'roba' di serie B.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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