Giuseppe LorinFino al 1887, quando Villa Ludovisi venne abbattuta per far posto a via Veneto, la chiesa dei Cappuccini era circondata dalla quiete campestre, nella pace di nostra "matre Terra" di francescana memoria, con "coloriti flori et erba". Un ambiente più confacente alla meditazione e alla preghiera, che non all'attuale caotico traffico automobilistico quotidiano, incrementato dai turisti dell'estremo Oriente in fila longobarda, che seguono alacremente la bandierina gialla della loro guida turistica. Ma con un atteggiamento filosofico tipicamente romano verso il mondo che muta tutt'intorno, i frati decisero di adeguarsi. Sorse così il macabro cimitero che si trova sotto la loro chiesa e che, strano a dirsi, in questi ani è diventato meta ambita e richiamo per i turisti. E non solo. Pochi sono i frequentatori della chiesa: la maggior parte delle visite spettano al solo cimitero. E pensare che, pochi decenni fa, il 'San Michele che abbatte il demonio' di Guido Reni era una delle pitture basilari da vedere a Roma. Quest'opera si trova nella prima cappella a destra e, secondo una leggenda, il volto del diavolo rappresentato sarebbe quello del cardinale Giovanni Battista Pamphilj, in seguito divenuto papa Innocenzo X, odiato da Guido Reni per una serie di mancati pagamenti. Tanto è vero che, in seguito, il papa scelse Diego Velázquez per farsi ritrarre. Santa Maria della Conciliazione fu progettata da Antonio Casoni e costruita nel 1626 dal cardinale Antonio Barberini, cappuccino fratello maggiore di Urbano VIII. Sembra che il cardinale fosse assai diverso dagli altri membri della sua nobile famiglia, conosciuti per l'attrazione verso le cose antiche, per i marmi e le statue da sottrarre e lo sfarzo esibito. Storicamente, una locuzione latina li ricorda: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini". La tomba del cardinale Antonio Barberini è nel pavimento, davanti all'altare maggiore e non porta nessun nome e nessun titolo, ma semplicemente il seguente epitaffio in latino: "Hic jacet pulvis, cinis, nihil". Tra gli altri numerosi quadri interessanti della chiesa, meritano di essere ammirati il 'San Paolo' di Pietro da Cortona nella prima cappella a sinistra e il 'San Francesco in meditazione' di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che si trova in sacrestia. Tuttavia, esistono anche due altre pitture, pregevoli per fattura e bellezza, attribuite entrambe al Caravaggio, che si trovano l'una nella chiesa di San Pietro a Carpineto Romano e in deposito alla Galleria nazionale d'Arte antica di Palazzo Barberini a Roma, mentre l'altra trova, appunto, nella sacrestia della chiesa dei Cappuccini di Santa Maria della Concezione, a via Veneto. Una porta sulla destra dell'altare maggiore introduce in una scala che scende nelle sottostante cinque cappelle della cripta dei Cappuccini: il loro cimitero. La terra che qui si trova fu portata dal Monte Calvario della 'terra santa'. E in passato, i frati vi venivano sepolti in un abbraccio silenzioso con la sua materna spiritualità. Quando le sepolture erano esaurite, i resti dei precedenti venivano dissotterrati per far posto ai loro successori. Ecco perché le ossa di più di 4 mila frati oggi ricoprono volte e pareti, disposte in macabri disegni secondo il gusto artistico del XVIII secolo. Nelle nicchie vi sono gli scheletri interi dei frati mummificati più devoti, ricoperti del loro saio. Tra le ossa, si possono vedere due o tre scheletri di bambini: sono i resti di fanciulli di nobili famiglie, deceduti in giovanissima età: sono i pronipoti di Urbano VIII; un altro è il principe Matteo Orsini vestito con il saio; e ancora, la piccola principessa Barberini sul soffitto, che con la mano destra sorregge una falce e con la sinistra una bilancia, simbolo di equilibrio tra vita e morte. Il macabro percorso mette in evidenza i decori, di gusto 'rococò', tutti realizzati con gli innumerevoli elementi ossei delle varie parti del corpo, formando rosoni, lesene, stelle, fiori, festoni e persino lampadari e un orologio. L'effetto dell'insieme è indescrivibile: benché la solenne maestà della morte possa apparire diminuita dall'uso decorativo a cui sono adibiti gli ossami dei defunti, una prima, forse inopportuna, curiosità lascia ben presto il posto a un senso quasi di panico, di emozione, di stordimento: quei corpi sono stati vivi, un tempo. Tutto ebbe inizio tra il 1831 e il 1846. A Roma, governava lo Stato Pontificio e in via Veneto nel convento dei Cappucini viveva un certo Fra' Pacifico. Questo frate aveva la straordinaria capacità di indovinare i numeri del gioco del Lotto. E non di rado egli elargiva queste sue previsioni anche ad altre persone, che ben presto iniziavano a vincere. Fra' Pacifico der Lotto, detto anche "er mago de Roma", osservando quelle ossa riusciva a dare numeri vincenti, ma Gregorio XVI (1831-1846), al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari, nato a Belluno il 18 settembre 1765, 254º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 2 febbraio 1831 al 1° giugno 1846, fu costretto a intervenire e ad allontanarlo dalla 'città eterna'. Il frate apparteneva alla Congregazione camaldolese dell'Ordine di San Benedetto. E accomiatandosi dal suo popolo, lo salutò dicendo: "Roma, se santa sei, perché crudel sé tanta? Se dici che sei santa, certo anche bugiarda sei". Il povero suo popolo giocò: 66 - 70 - 16 - 60 - 6 e vinse somme favolose con la fortunata 'cinquina', facendo 'sbancare' il Lotto pontificio. Per questo motivo, Fra' Pacifico venne soprannominato: "Er mago de Roma".


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