Tommaso MestriaSecondo il deputato vicentino, esperto avvocato liberale e componente del Consiglio superiore della magistratura dal 2014 al 2018, la sfida contro l'informazione 'dopata' è quella d'individuare un difficile punto di equilibrio tra rispetto del diritto di opinione, qualità dell'informazione e pluralismo

Pierantonio Zanettin, stimato avvocato vicentino, è un giurista di formazione liberale: un mondo rispettabilissimo di professionalità e di cultura politica autentica. Oggi, l'onorevole Zanettin è membro della II commissione Giustizia della Camera dei deputati, eletto nelle fila di Forza Italia nel collegio di Vicenza. Il suo punto di vista in merito alle 'fake news' appare piuttosto pessimista, per il difficile compromesso che si dovrebbe individuare, a livello legislativo, tra qualità professionale dei giornalisti e libertà d'opinione. Ma anch'egli non ha dubbi: si tratta di una 'battaglia' che bisogna decidersi a combattere. Così come si deve cominciare a invertire una tendenza di basi culturali fortemente indebolite, sia nel mondo politico, sia in quello della scuola.

Onorevole Zanettin, qual è il suo pensiero in merito alla disinformazione e alle 'fake news' che hanno invaso il mondo del web? Si tratta di una fase temporanea, oppure di una vera e propria involuzione?
"Temo si tratti, ormai, di un fenomeno quasi irreversibile e difficilmente contrastabile. Il web è una prateria, purtroppo, in molti casi senza regole. Peraltro, da liberale non mi sentirei neppure di auspicare una censura preventiva su quanto pubblicato. E' davvero complicato individuare un punto di equilibrio".

L'avvento delle nuove tecnologia sta ponendo sempre più al centro del dibattito temi come la valutazione di una notizia e la questione dell'attendibilità delle fonti di prima informazione: ciò significa che, ormai, la politica è divenuta mera comunicazione propagandistica?
"Purtroppo, su questo piano la politica ha subìto una regressione spaventosa. Ormai, la base culturale e i valori di riferimento dei Partiti paiono venuti meno e i leader inseguono soltanto un consenso effimero, che guarda all'oggi senza curarsi di una prospettiva di medio-lungo periodo. E' consentito dire tutto e il contrario di tutto. Arriviamo al paradosso di un Luigi Di Maio che, in una intervista, definisce Atlantia - la holding dei Benetton - "un'azienda decotta" a seguito della revoca delle concessioni stradali e poi, la settimana successiva, la stessa Atlantia viene scelta dal ministero dei Trasporti come partner strategico nella compagine di Alitalia. L'opinione pubblica pare indifferente a queste assurde giravolte, che invece, a mio giudizio, tolgono autorevolezza e credibilità alla funzione politica".

Ma c'è l'intenzione d'intervenire, da parte della politica, per combattere il fenomeno attraverso nuove norme legislative?
"Sarebbe certamente auspicabile, ma dobbiamo ricordare che i giganti del web sono delle entità sovranazionali, spesso indifferenti alle legislazioni nazionali. Nella mia esperienza professionale di avvocato ho potuto constatare che sono rimasti inattuati, da parte di queste multinazionali, anche provvedimenti dell'autorità giudiziaria italiana. Credo che, almeno nei casi più gravi di manipolazione delle opinioni pubbliche a fini elettorali, magari messi in atto da potenze straniere, dovrebbero essere concordate iniziative di forte contrasto a livello di Unione europea. Sono peraltro convinto che gli stessi 'giganti del web' abbiano interesse alla qualità delle informazioni che transitano nelle loro piattaforme. Ricordiamo che questi soggetti traggono ingenti risorse dalla pubblicità: se le informazioni diffuse sono false o di scarsa qualità, anche il messaggio pubblicitario diventa poco credibile".

Nessuno ha la 'verità in tasca', tuttavia le tecniche di manipolazione della notizia dovrebbero essere, nel giornalismo di servizio, puramente formali e a scopo migliorativo: non crede che manchi soprattutto un aspetto formativo che, a monte, avrebbe potuto evitare molti danni?
"Purtroppo, sul piano culturale, l'intero mondo occidentale sta subendo una grave involuzione. Nel nostro Paese, la scuola non riesce più a formare una classe dirigente all'altezza delle sfide che si pongono. I risultati dei test 'Invalsi', diffusi solo poche settimane fa, certificano un fallimento epocale. Molti ragazzi non hanno mai letto un libro. I quotidiani continuano a perdere lettori. Le generazioni più giovani non guardano più neppure la televisione e i telegiornali, che pur con tutti i loro limiti, un certo pluralismo lo garantivano, ma si informano solo sui social network. La battaglia da condurre appare davvero ardua, ma non possiamo rassegnarci al declino".

Umberto Eco dichiarò che "l'avvento dei social network ha dato libertà di parola anche gli imbecilli": lei è d'accordo?
"Da liberale, credo che il diritto di manifestare la propria opinione debba essere garantito a tutti, anche agli imbecilli. Poi, rimane da chiarire chi è l'imbecille e chi è il saggio. E, sopratutto, chi è a stabilirlo. Recentemente, il parlamento russo ha varato una legge per punire chi diffonde notizie false sul web, o mostra 'mancanza di rispetto' verso il Governo o le istituzioni russe. Si tratta, con tutta evidenza, di una forma di censura e di controllo sociale per reprimere il dissenso. E questo, per quanto mi riguarda, lo considero inaccettabile. La sfida è invece quella di trovare un punto di equilibrio tra rispetto del diritto di opinione, qualità dell'informazione e pluralismo. Le istituzioni nazionali e sovranazionali dovranno sforzarsi di lavorare in questa prospettiva. E' in gioco il destino democratico del mondo occidentale: dobbiamo esserne tutti consapevoli".




(intervista tratta dal mensile 'Periodico italiano magazine' n. 49 - luglio/agosto 2019)

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