Martina TibertiQualche anno fa, durante i miei studi di economia presso l'Università di Anversa, ho avuto la fortuna di assistere ad una lezione del professore armeno Tatoul N. Manasserian. Si sarebbe dovuto parlare di Europa, del fuori o dentro della Turchia, se fosse giusto che altri Paesi potessero essere inizialmente agevolati per entrare a far parte di quest'entità tanto agognata, quanto disprezzata. Il professore partì da lontano, da un luogo talmente distante che inizialmente molti pensarono che avesse sbagliato classe o lezione: ci parlò dell'ex Unione Sovietica. Per buona parte del tempo, Manasserian si concentrò sulle cause che determinarono il fallimento della transizione verso un'economia di mercato nei Paesi dell'ex Urss. In particolare, si soffermò sul ruolo della legge, fondamentale per sostenere un passaggio storico così delicato, che se non guidato da un apparato legislativo robusto avrebbe portato al collasso economico il ceto medio, come infatti avvenne. Si pensò a smantellare il vecchio sistema economico e monetario senza garantire delle leggi e delle politiche che tutelassero interi Paesi da un'imminente catastrofe. Quando si parla del Trattato di Maastricht e dei requisiti d'ingresso nell'Unione europea, si tratta esclusivamente di numeri: Pil, disavanzo, debito e percentuali, che non significano nulla se alla base del raggiungimento del target c'è uno Stato corrotto, che non significano nulla se in quello stesso Stato ci sono leggi inadeguate che non permetteranno, nel lungo periodo, di rispettare i patti, se non a suo discapito e a discapito di tutti. La crisi della Grecia e la volontà del Regno Unito di uscire dall'Unione europea sono stati segnali di qualcosa che è andato storto, di valori che abbiamo perso per strada, di regole economiche fine a se stesse, sconfitte da un mercato finanziario umorale e temerario. Le nostre vite sono condizionate da quel mondo sotterraneo che si chiama borsa. Prima ancora che venisse palesato l'esito delle elezioni inglesi, già alcuni 'rumors' turbavano l'equilibrio di Wall Street. Alcuni exit polls privati hanno infatti attivato una fitta rete di fondi speculativi altamente mobile e recettiva e la sterlina si è rivalutata, per poi crollare nuovamente. Tali notizie avevano raggiunto perfino i mercati asiatici nel giro di pochi minuti. E già la parola 'spread' cominciava a invadere, in modo nauseante, le pagine dei giornali. Che cosa c'entra l'Europa con tutto questo? Cosa c'entra con quelle aspettative di libertà delle nuove generazioni e di quelle che, come la mia, a forza di sperare nel cambiamento, stanno invecchiando? Possibile che le nostre vite siano condizionate da un qualcosa di talmente ballerino, incostante, folle e noioso come il mercato azionario? Quanto accaduto in questi anni dovrebbe far riflettere e aprire gli occhi su un sistema dall'apparato politico e legislativo quanto meno vetusto, sicuramente non al passo con una globalizzazione che muta a ogni sorgere del sole e che ha bisogno di trovare degli argini sottoforma di leggi, controlli, regolamentazioni. Se la libertà dei mercati porta alla schiavitù della maggior parte degli esseri viventi, allora non si tratta più di liberalismo, ma di oligarchia economica. Inoltre, le leggi e le regolamentazioni del mercato finanziario da sole non bastano: dovrebbero essere ben mescolate con una qualità che non va propriamente in sintonia con questo momento storico. Quanto è accaduto in questi anni, ma soprattutto quel che succederà nei prossimi, dovrebbe insegnare ad avere pazienza. L'integrazione politica ed economica non si ottiene con il tempo di un 'like' su Facebook: bisogna saper aspettare, accettare dei sacrifici, avere rispetto per chi è più debole, costruire politiche lungimiranti e sostenibili senza cedere alla chiusura e all'egoismo. Altrimenti, è come rimanere seduti su un auto che va a 140 chilometri orari senza avere una destinazione. Stamattina ho buttato via tutti gli appunti e gli articoli accademici che avevo pazientemente studiato per scrivere la mia tesi di laurea in economia politica. Erano lì da anni: fogli pieni di grafici, derivate, integrali, tesi, ipotesi e verifiche empiriche, costruite con i migliori software di statistica inferenziale. Ho sentito tutto molto distante da me, dalla vita e dalle persone. Ho cercato di capire se tutto questo avesse ancora un senso, ma non ho ancora trovato la risposta.


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