Samir Khaldi è l’Imam della Moschea Al Huda di Roma. Ecco il suo parere intorno ai problemi relativi ad una pacifica integrazione religiosa e culturale in Italia.

Samir Khaldi, lei ha la funzione di Imam alla Mosche Al Huda. Forse non tutti sanno in che cosa consista quest’incarico. Potrebbe spiegarlo?
“L’Imam, nell’Islam, non solo conduce la preghiera, ma è anche la guida spirituale della comunità musulmana che frequenta la sua moschea. Ciò significa che è lui che determina i limiti tra il lecito e l’illecito per i fedeli nel loro ambito”.

Questo significa che l’Imam ha un potere interpretativo?
“Sì, l’Imam interpreta i testi religiosi al fine di adattarli al luogo e all’epoca nei quali si trovano i fedeli. Di solito, noi Imam moderati cerchiamo sempre di consigliare ai fedeli di agire in un modo certamente rispettoso della nostra religione, ma anche delle regole del Paese che ci ospita. I musulmani non sono fatti per essere isolati, ma per integrarsi nelle società dove si trovano ed essere loro utili. Infatti, il profeta Muhammed ha detto: “Al muslimu ainama wakaa nafaa”, “il musulmano dovunque vada è utile”.

Cosa pensa degli attentati terroristici perpetrati a Londra?
“Condanno a nome mio e a nome dell’Associazione Culturale Islamica in Italia, di cui sono membro, questi atti orrendi contro degli innocenti e contro l’umanità intera. Vorrei poi fare una piccola osservazione: sono assolutamente contrario all’espressione usata spesso dai media e dai politici: ‘terrorismo islamico’. Il terrorismo non ha una religione, tutte le religioni rifiutano gli atti terroristici. Esiste il terrorismo e basta, che dobbiamo combattere. Quell’espressione lega la violenza e l’orrore all’Islam e la confusione nasce facilmente nella mente del pubblico. I terroristi possono essere anche di fede musulmana e agiscono nascondendosi dietro un’interpretazione sbagliata dell’Islam e dei testi Coranici, perché non c’è nulla di più grave che uccidere degli innocenti e togliersi la vita. Perciò, gli attentatori e i kamikaze non possono essere premiati da Dio, come pretendono le organizzazioni terroristiche. Come verrà ricompensato chi semina la morte dappertutto”?

Cosa pensa della misure prese dall’Italia in seguito a quegli attentati?
”In Italia, dopo gli attentati, si è parlato di intensificare i controlli e di espulsione delle persone sospette. Certo, un governo deve mobilitarsi per la difesa del proprio Paese, ma penso che sia molto importante andare oltre la reazione istintiva di difesa e riflettere sullo sviluppo di una nuova politica sociale allo scopo di evitare che l’odio si diffonda, nella società italiana, a causa di pregiudizi contro l’islam e i musulmani, pregiudizi generati da questa ondata di attentati che sconvolge il mondo”.

Quali sarebbero, dal suo punto di vista, le soluzioni da adottare nella società italiana per prevenire il problema terroristico?
“Il mezzo più importante per evitare la nascita di terroristi dentro la nostra società è l’integrazione, quella positiva, intendo”.

Cos’è l’integrazione positiva?
“È l’integrazione che fa sentire gli immigrati parte attiva in questa società, rispettati e considerati come un arricchimento per il Paese. Questo non significa che essi debbano essere assorbiti. Anzi, conservando la loro identità di origine si integreranno, a parer mio, meglio”.

Secondo lei, c’è un vero interesse all’integrazione degli immigrati da parte dei politici italiani?
“Ci sono segnali positivi, da parte dei politici. Ho sentito Rutelli e Fini parlare della necessità di rinforzare l’integrazione. Bisogna però avere una vera politica di integrazione e non solo parlarne quando accade un evento che richiama l’attenzione sulla situazione e sul ruolo degli immigrati nella società italiana. Bisogna intensificare e riconsiderare la politica d’integrazione, in Italia. Le autorità italiane dovrebbero dialogare di più con i musulmani moderati, che capiscono bene l’islam. Siamo gli unici a poterle aiutare perché siamo in stretto contatto con la comunità musulmana che ci ascolta e ci stima. Capisco che adesso l’emozione è ancora forte, ma le autorità dovrebbero aprire le porte del dialogo e dell’integrazione vera. Servono azioni concrete e non solo discorsi sull’integrazione come traguardo essenziale”.

Oltre gli sforzi di integrazione quali sono le altre soluzioni preventive nella società italiana?
“Bisogna valorizzare l’Islam e i musulmani nella società italiana. Vorrei far notare che l’Islam è la seconda religione in Italia, con circa 1 milione e mezzo di fedeli. Purtroppo, questo fatto non è riconosciuto. Non ci sono cimiteri per i musulmani in tutte le città. In più, l’otto per mille è concesso a tutte le religioni tranne all’Islam. Tutte le religioni beneficiano del sostegno finanziario dei loro fedeli, mentre la religione musulmana non lo può fare. Non mi sembra giusto, e questo mi fa pensare che l’Islam sia percepito come un pericolo, cosa che sarebbe molto grave, dato che il vero nemico non è l’Islam, bensì l’estremismo, il terrorismo, l’odio sociale ed i pregiudizi che ne sono conseguenza. Il dialogo e l’informazione giusta sono essenziali per sgombrare le menti dai pregiudizi. L’educazione è molto importante. Penso sia fondamentale cominciare ad istruire i bambini e gli adolescenti a scuola ed in seguito anche gli adulti. I libri scolastici non danno informazioni complete e corrette sull’Islam, che viene sempre riferito agli arabi. Invece, l’equazione non è corretta, perché non tutti gli arabi sono musulmani e non tutti i musulmani sono arabi. In più, i libri raccontano solo degli scontri tra musulmani e cristiani, ma la Storia è ricca di scambi positivi tra di loro. Basti ricordare la coabitazione pacifica tra le diverse confessioni nell’Andalusia musulmana e il contributo degli scienziati arabi alla cultura europea. Il Re dell’Inghilterra aveva addirittura chiesto a Khaliffa Abdurrahman III di consentire agli scienziati arabi di insegnare le loro conoscenze ai loro omologhi inglesi. Lancio, inoltre, un appello ai mezzi audiovisivi affinché offrano un trattamento migliore, neutro e il più preciso possibile della religione musulmana, per evitare le confusioni ed aiutare il pubblico a capire bene quest’ultima”.

L’Associazione Culturale Islamica in Italia, di cui lei è fondatore, gioca un ruolo essenziale negli sforzi di integrazione?
“La nostra Associazione è stata fondata nel 1994 ed è un soggetto giuridico utile per agire ed integrare la nostra comunità musulmana. L’integrazione è un obbiettivo per il quale dobbiamo tutti insieme operare; noi non ci limitiamo a chiedere alla società e ai politici italiani di impegnarsi di più ma partecipiamo attivamente. Vogliamo creare una mentalità nella società italiana per le nuove generazioni al fine di realizzare l’integrazione positiva di cui abbiamo già parlato. La nostra Associazione mira anche a conservare la nostra identità ed arricchire in questo modo la diversità nella società italiana. Non vogliamo con queste Associazioni -ce ne sono atre a Roma - isolarci, ma al contrario la nostra intenzione è di aiutare la nostra comunità a vivere meglio nel contesto italiano conciliando le due culture, quella di origine e quella italiana. Noi proviamo, nell’ambito della nostra Associazione, a rinforzare l’integrazione ed il dialogo con le altre fedi presenti con le quali vogliamo convivere in pace ed armonia. Sono andato tante volte nelle scuole per spiegare in un modo semplice l’Islam e per chiarire che si tratta di una religione di pace e di tolleranza. Anche noi dobbiamo fare passi verso gli altri nella società italiana per farci conoscere bene. In questo modo agiamo per una giusta comprensione della nostra religione ed una giusta accettazione e integrazione dei nostri fedeli”.

Alcuni si chiedono che cosa si fa nelle moschee e sostengono che queste ultime servono non solo alle preghiere ma anche alla propaganda contro l’occidente e a far incontrare estremisti islamici. Come risponde a queste accuse?
”Mi permetto di dire che queste accuse non le accetto. Noi abbiamo sempre collaborato con le autorità italiane e offerto la nostra disponibilità totale nella lotta al terrorismo. Siamo anche pronti a denunciare qualsiasi estremista che possa costituire un pericolo per la nostra società italiana”.

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