Silvia MattinaUn lunedì sera di fuoco nella capitale parigina: brucia la cultura e si dissolve nelle alte fiamme la storica guglia di 45 metri di altezza della cattedrale di Notre Dame. Cos'è nell'immaginario comune? Per i francesi e non, è il simbolo di un Paese che fa parte del patrimonio dell'umanità dell'Unesco dal 1991; per gli storici dell'arte, l'indubbio pregio dell'architettura gotica medievale: uno degli esempi più riusciti di raffinatezza e di innovazione di soluzioni strutturali e artistiche; per i cristiani, il luogo che custodisce i simboli della passione di Cristo: la sacra corona di spine, un pezzo della croce e un chiodo; infine, per gli studiosi di letteratura, il loro pensiero va alla prima denuncia di 'cattivo stato' nelle parole di Victor Hugo, nel romanzo 'Notre Dame de Paris', del 1831. Cosa è andato perduto? Non sono solo i danni strutturali a far venire le lacrime: a rendere catastrofico l'evento è la perdita di ottocento anni di manovalanza e materie prime. I 77 minuti di fiamme hanno cancellato i due terzi del sottotetto e, con esso, le capriate lignee risalenti alla prima metà del duecento e realizzate con alberi tagliati secoli prima. In prossimità della guglia e del transetto, il punto di propagazione ha mandato in fumo 'solo' le modifiche ottocentesche applicate dall'architetto Viollet le Duc. La catastrofe si poteva evitare? Solo due anni fa, il New York Times aveva già denunciato le critiche condizioni della cattedrale francese, presentando un conto di 40 milioni di dollari per interventi urgenti, mentre altri 110 sarebbero serviti per i lavori ordinari. L'origine dei problemi è da imputare alla mancanza di un sistema anti-incendio? Ci sono degli allarmi funzionanti, ma non esiste una rete automatica di spegnimento, per ragioni di stabilità della struttura. In questi giorni, tutti si chiedono come sia possibile che un monumento di così grande importanza abbia rischiato di scomparire per sempre e perché lo Stato francese non sia riuscito a operare preventivamente. Accanto a questi dubbi, ci sono gli attivisti che gridano a gran voce: "Ricostruiamo Notre Dame". E, con essi, offerte di progetti da parte di architetti blasonati, Eric Fischer e Fuksas, insieme a raccolte fondi e donazioni provenienti da tutto il mondo. Sembra più una corsa a chi offre di più, invece di riflettere profondamente sull'indifferenza comune nei confronti della Storia e del patrimonio artistico. Ci vuole il crollo del Colosseo per far capire l'importanza della nostra identità? Forse, l'opera di Land Art di Christo, prevista per l'aprile del prossimo anno presso l'Arco di Trionfo, potrà aiutare a concentrare l'attenzione sul valore simbolico dei luoghi e sul rapporto dell'uomo con essi. La sensazione di vuoto del 'non luogo' che intende creare l'artista con l'imballaggio, sarà un segnale forte, ora più che mai, per meditare sul significato del passato, sempre più fragile, ma sempre meno attrattivo rispetto alla smania del 'nuovo'. Mai più una Notre Dame.


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