Vittorio LussanaLe scritte sui muri di Firenze contro la squadra di calcio della Juventus e la magnifica figura di Gaetano Scirea non rappresentano una vergogna soltanto sotto il profilo sportivo e umano. Al contrario, lanciano un segnale chiarissimo circa il processo d'inculturazione dei costumi che l'attuale deriva 'populista' sta già innescando. Non si tratta del primo episodio, per carità: le nostre città sono piene di stupidaggini e odiosità. Ma questa volta è venuto a mancare ogni senso del limite: un confine che chiunque dovrebbe comprendere di non poter varcare. Un po' come nel caso della fotografia di Anna Frank con indosso la maglietta della Roma calcio, ritrovata lo scorso anno sugli spalti della curva nord dell'Olimpico di Roma. La tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles, avvenuta poco prima della finale di Coppa dei Campioni del 1985, innanzitutto causò la morte di 32 italiani, prima ancora che 'juventini'. In secondo luogo, prendersela con il ricordo di Gaetano Scirea, il quale, oltre a esser stato un 'libero' straordinario della Juventus e della nazionale campione del mondo in Spagna nel 1982, ha sempre saputo comportarsi in maniera esemplare anche fuori dai campi di giuoco, è veramente un'offesa al senso comune del popolo italiano e a tutte le persone che cercano, ogni giorno, di fornire un esempio di come si sta al mondo. Purtroppo, è in atto un processo di diffusione di odio e di comportamenti completamente privi di scrupoli. Atti anche inutili, sotto il profilo della passionalità sportiva, che finiscono col ricadere sull'immagine stessa della comunità cittadina che una tifoseria calcistica vorrebbe rappresentare. Come nel caso della civilissima Firenze: una città che ha saputo conquistarsi un posto centrale nella Storia dell'intera umanità, donando arte e cultura a tutto il mondo. Purtroppo, la nostra società continua a viaggiare nella direzione di una logica di mera provocazione, la quale, in realtà, tende a confermare una serie di stereotipi niente affatto innovativi, sotto il profilo dell'avanzamento civile. Un po' come quando si pianifica una rapina in banca pur di 'fare notizia' e apparire, il giorno dopo, sulle pagine dei giornali: c'è così tanto bisogno di azioni clamorose, per ricevere attenzione dai media o, più in generale, dalla società? Non ci bastano le assurdità che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno? Oltre a ciò, noi cominciamo a temere che lo scrittore Umberto Eco avesse ragione: l'avvento dei social network sta amplificando i nostri aspetti più arretrati e vergognosi, evidenziando l'altra 'faccia' di un'italianità totalmente 'piatta', priva di ogni reale interesse. Indubbiamente, si tratta di un fenomeno che ha le sue vere cause nel marketing, in cui un capo di biancheria intima non viene presentato per esaltare la femminilità o l'eleganza estetica di una ragazza, bensì è finalizzato a confermare lo stereotipo che vede la donna quasi esclusivamente relegata nei consueti 'recinti' della pornografia più pesante e volgare. Oppure, in quelli del focolare domestico allorquando presenta un prodotto alimentare, o un modo più veloce di cucinare un piatto raffinato senza troppo star lì a 'spignattare'. Soltanto questi 'schemi', riconosciamo? Solamente queste due categorie di donne riusciamo a concepire, all'alba dell'anno di grazia 2019? Quanto accaduto a Firenze rappresenta l'ennesimo segnale di una 'rivoluzione reazionaria' che tende a livellare e a omologare come una 'patina' l'intera società, in maniera orizzontale o 'trasversale', come si usa dire in questi casi. Ma non è solo ed esclusivamente il mondo della pubblicità a 'insinuare' nei nostri comportamenti una terrificante tendenza verso la 'piattezza' e la superficialità: anche quello della scuola e delle università continua a dare il via libera a intere orde di 'somari' e di piccolo borghesi. Ma certa gente doveva ricevere una laurea per forza? Non poteva andare a lavorare già a 14-15 anni, o al limite subito dopo il diploma? Cosa ce ne facciamo, oggi, di tutta questa gente qui, che considera il diploma di Laurea un mero attestato formale da appendere al muro, o da allegare in fotocopia ai propri miserabili 'curricula' professionali? Possibile che, con tutto il patrimonio storico e artistico che abbiamo, non riusciamo a far comprendere alle generazioni più giovani che la cultura non è affatto un mero 'bagaglio', bensì l'assorbimento di princìpi e di valori da applicare ogni giorno? In questa cieca deriva che la società italiana ha ormai intrapreso, la sola risposta possibile rimane quella di 'divorare' gli insegnanti della scuola dell'obbligo, i docenti universitari e i dirigenti televisivi? Perché se l'unica alternativa è questa, potremmo anche cominciare ad applicarla, se si vuole, in quanto forma di 'cannibalismo'. E non soltanto metaforico.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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