Lorenza MorelloEd ecco che, anche nella canicola dei diversi Paesi sparsi nel cuore del mondo, al centro di un'estate così intensa da togliere il fiato, un pensiero trafigge la mente. Osservare il mondo è sempre stata una delle mie attività predilette: trarre spunti di riflessione dai dettagli più impensati, come una crepa su un muro, una mano segnata dal lavoro, gli sguardi gentili dei passanti sconosciuti. Questa volta, a cogliere la mia attenzione, mentre attraversavo tanti Stati diversi del Centro America - ma la riflessione porta alla mente ricordi collimanti di viaggi in altri continenti, dove questa osservazione sarebbe comunque sempre attuale - è stato un camioncino della Coca Cola parcheggiato nel mezzo del nulla, a pochi passi da una chiesetta la cui linea bianca si stagliava orgogliosa contro un cielo blu cobalto: un blu che avrebbe imbarazzato anche un cherubino. Chiesa e Coca Cola: detto così, potrebbe sembrare il titolo di una canzone di Vasco Rossi. E invece, no. Due entità diverse che, tuttavia, hanno molto in comune: sono entrambi 'prodotti' pensati su larga scala, il cui obiettivo è quello di raggiungere il maggior numero di persone possibili, per un fine che l'economia moderna potrebbe accomunare nella ricerca, per entrambe, del potere e del profitto. Non a caso, chiunque abbia viaggiato per il mondo potrà fare 'mente locale' e ricordare che, anche nell'ultimo angolo sperduto della Terra, prima o poi si sarà imbattuto in una chiesa e avrà potuto bere una Coca Cola. Il potere di quest'ultima è talmente esteso che è nota a tutti la rivalità con la perenne antagonista: la Pepsi. Tant'è vero che, nei Paesi più poveri, si trova o l'una o l'altra, ché dettare il monopolio, in certi angoli del mondo, è un po' più semplice, ma palesa anche quanto, per certe operazioni commerciali, l'imposizione del proprio 'logo' su porzioni di terra emersa sia una grande partita a 'Risiko'. Stessa cosa dicasi, peraltro, per l'imposizione della croce o della mezzaluna, tanto per fare un esempio. Ragionando da giurista d'impresa, adottando cioè criteri a me noti, le operazioni commerciali alla base dei due prodotti sotto esame sono, infatti, molto simili: messaggio forte e chiaro da parte della 'casa madre'; senso di appartenenza; condivisione; collettività che si riunisce per un rituale comune: chi di noi non ricorda lo spot pubblicitario di alcuni anni fa, in cui un gruppo di ragazzi erano seduti attorno al fuoco a cantare e a bere una Coca Cola? A pensarci bene, esiste anche un legame più evidente che lega le due 'ditte': il potere della Coca Cola fu da subito così forte che riuscì a mutare il colore del Natale dal verde originario, al 'rosso Coca Cola'. Quindi, indirettamente, anche la Chiesa dovette chinare il capo innanzi a questo colosso. Una differenza, peró, balza agli occhi: che tu sia Rockfeller o l'ultimo dei vagabondi, nessuna somma di denaro potrà mai permetterti di avere una Coca Cola più buona di chiunque altro. Il prodotto è quello, democraticamente uguale per tutti. Quanto alla Chiesa: beh... Bevo una Coca Cola, che è meglio.




Giurista d'impresa
Mediatore Civile Professionista
Cultrice di diritto civile
Presidente nazionale APM
A.D.R. & Conflict Management
www.morelloconsulting.it

Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio