Michele Di MuroAbbiamo assistito, l'11 agosto scorso, al concerto del cantante e autore dei 'Beach Boys', Brian Wilson, presso il Teatro antico di Taormina. Si è trattata dell'unica data italiana dell'artista americano, successiva all'esibizione tenuta lo scorso anno all'Umbria Jazz di Perugia. Le premesse per una serata dal peso storico c'erano tutte. Il concerto rientrava nel tour mondiale celebrativo di 'Pet Sounds', considerato uno dei capolavori della musica contemporanea, di cui il compositore californiano è unico artefice. Il disco, la cui genesi è raccontata magistralmente nel film del 2014 'Love & Mercy' (protagonisti Paul Dano, John Cusack ed Elizabeth Banks) è stato inserito dalla biblioteca del Congresso statunistense nella lista dei cinquanta album da preservare nel 'National Recording Registry'. E' un lavoro enorme, che ha forgiato intere generazioni di musicisti e compositori. 'Pet Sounds' è il disco della maturità col quale i Beach Boys, per volere di Brian Wilson, operarono, nel 1966, uno scarto in avanti, superando la 'poetica del surf' e la formula del rock 'n roll, in favore di una maggior complessità di arrangiamento e scrittura. Le linee di basso, gli intrecci armonici e ritmici dei brani, la scrittura stratificata e la sperimentazione nelle tecniche di registrazione rendono il disco uno dei lavori più innovativi di tutti i tempi, che ha avuto un forte ascendente sulle generazioni successive. Il rock 'n roll si arricchisce di sfaccettature fino ad allora impensabili, per un risultato paragonabile solamente a 'Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band' dei Beatles. Il raggiungimento di tale spessore artistico fu possibile anche grazie all'interruzione dell'attività live di Brian Wilson, il quale preferì dedicare il suo tempo al lavoro in studio. L'album non ottenne gli stessi risultati dei dischi precedenti della band, ma la sua influenza si percepisce ancora oggi. Sulla 'carta', quella dell'11 agosto si prospettava dunque come la serata delle 'grande occasioni'. E, di certo, l'esibizione fornita da Brian Wilson e dalla sua 'big band' non ha deluso le aspettative. Peccato che il pubblico, composto in buona parte da stranieri, fosse poco numeroso; segno, forse, di una non sufficiente attività promozionale precedente il concerto. Vista l'importanza dell'evento era lecito aspettarsi un'affluenza ben maggiore. In ogni caso, l'atmosfera era elettrica e il panorama mozzafiato. Alle 21,30 in punto, la splendida cornice del Teatro antico ha visto l'ingresso del cantautore americano, che in questo tour è stato accompagnato da una band di dieci elementi, di cui fa parte anche Al Jardine, membro storico dei Beach Boys. Brani come 'Feel Flows' e 'Sail on Sailor' hanno poi visto la presenza sul palco di Blondie Chaplin, chitarrista e cantante, anch'egli parte della storia della band. L'ovazione per Brian Wilson è stata commossa. Il cantante ha dimostrato tutti i suoi settantasei anni quando è apparso sul palco reggendosi a un tutore (a causa di un recente intervento alla schiena), accompagnato dai membri dello staff. La sua esibizione non ha tradito la fama di artista complesso e tormentato. La bellezza dei brani, eseguiti magistralmente, si accompagna a un atteggiamento di Wilson a tratti assente, alienato da quanto accade intorno. Ma sono solo momenti passeggeri, dopo i quali il nostro riprende possesso della scena in maniera puntuale. Ciò testimonia la voglia di esserci a ogni costo. Wilson osserva da un punto di vista privilegiato il suo pubblico come un uomo che, alla fine, ha compreso e accettato il mondo e la vita, dopo essere passato attraverso l'inferno della depressione. Il concerto è stato, sul piano espressivo, eccellente: il supporto della band e la fantastica cornice del teatro ha contribuito alla creazione di momenti di grandi intensità, che siamo certi rimarranno a lungo ben saldi nella memoria dei fortunati presenti. Il 'live' è stato evidentemente pensato al fine di mettere in risalto l'elemento 'autoriale' dei brani e del disco sopracitato. E' emerso pienamente il Brian Wilson compositore: ascoltare le canzoni dal vivo ha reso in maniera ancora più manifesta il talento dell'autore di una musica, al contempo, facile e complessa, da riascoltare all'infinito. L'attenzione passa continuamente da uno strumento all'altro, cosa che rivela la sapienza di arrangiamento di un'impostazione quasi classica, per poi lasciarsi trasportare dalle arcinote melodie corali. Dopo i saluti di rito, l'incipit è risultato affidato a una serie di classici quali 'California Girls' e 'Surfer Girl'. Con 'Wouldn't it be nice', invece, è cominciata la seconda parte del concerto dedicata a 'Pet Sounds', in cui si sono raggiunti picchi elevatissimi di intensità emotiva, soprattutto in 'God only knows'. La chiusura del concerto è stata affidata alle hit storiche e immortali, come 'Surfin' Usa' e 'Good vibrations'. Il pubblico, dapprima seduto, assorto e quasi liturgicamente carpito dalla magia del momento, si è lasciato progressivamente andare. Nei brani finali, a fronte palco si è scatenata un'autentica festa, con persone di ogni età e nazione presi a celebrare freneticamente i mitici 'Sixties'. Tutti consapevoli di essere stati, in quel momento, parte della Storia.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio