Vittorio LussanaE' in errore chi crede che, oggi, destra e sinistra non esistano più: si tratta dell'ennesimo segnale di un provincialismo culturale assai grave. In realtà, in Europa è in corso una sfida epocale tra due modelli ben distinti di società: quella imposta dal neoliberismo e dal capitalismo finanziario, in cui tutto viene regolato in termini di danaro, facili guadagni, potere e carriera, consumismo sfrenato e individualismo esasperato; e quello, ancora tutto da progettare e da definire, che punta a porre al centro della propria analisi la persona umana, con i suoi 'bisogni materiali', ma anche quelli 'immateriali'. La società è il luogo delle relazioni umane, della cultura, della conoscenza e del sapere. Pertanto, nella definizione di una nuova economia e di un nuovo modello di società dobbiamo assumere un aggettivo ormai trascurato da tempo: il termine 'umano'. Il problema di questi primi decenni del XXI secolo non è quello di disegnare una società 'più povera', imperniata cioè sul modello 'francescano' di questa espressione, composta quasi unicamente da rinunce e sacrifici; né più 'austera', come teorizzato dalle forze cattolico-conservatrici. Occorre più 'sobrietà' nell'utilizzo delle risorse naturali, che non sono infinite e, al contempo, coltivare un maggior senso comune di serenità. In pratica, dovremmo deciderci, una buona volta, ad abbandonare, soprattutto in economia, parole come 'crescita' e 'sviluppo', per cominciare a parlare, a ragionare e a discutere, invece, di formazione della personalità e dell'identità individuale del cittadino, affinché ognuno di noi possa diventare effettivamente libero di fare le sue scelte e di costruirsi la propria vita. Tuttavia, per realizzare un simile obiettivo 'neo-umanista' dev'essere cambiato radicalmente il modello di società capitalistico, attraverso una serie di riforme di struttura. La globalizzazione è anch'essa divenuta troppo 'costosa': persino i 'giganti' emersi in questi anni, come Facebook, Google e Amazon, se ne sono accorti, anche se non amano darlo a vedere. Quel che pertanto dev'essere cambiato, ovviamente dall'interno del sistema e non per via rivoluzionaria o armata, è il nostro apparato produttivo, assicurando, da una parte, quei 'beni materiali' e universali legati alla sopravvivenza (una casa, un lavoro, un salario dignitoso, la salute fisica e psichica), garantendo, dall'altra, quei beni 'immateriali' universali indispensabili alla formazione e realizzazione di una persona (istruzione, cultura, tempo libero, qualità della vita). Insomma, dobbiamo metterci a 'riprogettare' un futuro che renda compatibile il lavoro per tutti con il tempo libero. Un'occupazione composta da tre giorni di lavoro alla settimana anziché sei, per esempio, scandita sulle 24 e non sulle 48 ore settimanali. Ciò comporterebbe un salario inferiore, ma la disponibilità di altri beni più preziosi: a) il tempo libero; b) l'accesso alla cultura; c) una qualità della vita profondamente diversa; d) una vita di coppia o familiare più umana, perché entrambi i membri potrebbero avere un impiego, alternandosi nelle questioni private o nel seguire, istruire ed educare i figli. Dobbiamo avere il coraggio di discostarci dalla mentalità della rinuncia, del 'sacrificio' di stampo cattolico, o più semplicemente religioso, al fine di tentare la strada di un utilizzo più attento delle risorse, in una contropartita tra beni voluttuari o superflui e beni assai più preziosi, come la cultura, la qualità della vita e il tempo libero. Dobbiamo rilanciare una vera e propria sfida politica nei confronti del capitalismo e del dominio finanziario, contro tutte le ideolgie liberiste e neoreazionarie, poiché è ormai divenuta necessaria una riconversione industriale, una vera e propria inversione di rotta. Chi afferma che in questa fase post ideologica della Storia destra e sinistra non esisterebbero più, in realtà si adegua alla natura 'piatta' e conformista di quel 'pensiero unico' omologativo che intende proseguire nelle sue divisioni e lacerazioni sociali, riportandoci verso la barbarie. Il vero 'disegno', dissimulato e nascosto agli occhi dei cittadini, è esattamente questo: far credere che il socialismo sia 'invecchiato', che esso non sia più in grado di fornire delle risposte costruttive al modello di sviluppo imposto dalla globalizzazione, la quale, in realtà, rende l'individuo un semplice 'imitatore' di un benessere per pochi. O ci si dirige verso una società in cui i beni immateriali, come il rispetto dell'ambiente e la cura del nostro patrimonio culturale, artistico, paesaggistico, archeologico e monumentale, possiedono un proprio spazio di espressione, estrinsecazione ed esistenza, oppure si prosegue sulla via che conduce verso lo sfascio sociale e valoriale. E' inutile andare in televisione a lamentarsi per le vittorie dei movimenti populisti, se non si riesce ad accettare questa semplice verità, accusando altresì la socialdemocrazia di essere "un cane morto". Sostenere una tesi del genere significa non aver capito nulla. Solo quando riusciremo a sciogliere tale 'equivoco', tutto sarà finalmente più chiaro. E si può star certi che tutto questo, un bel giorno, accadrà.

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Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista mendile 'Periodico italiano magazine', n. 39 - maggio 2018)

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Corrado - Roma - Mail - martedi 22 maggio 2018 23.56
L'idea dei tre giorni di lavoro è di origine antroposofica della Scienza dello spirito dal pensiero di Rudolf Steiner nella sua "Tripartizione della questione sociale". Dici benissimo sulla importanza sempre piu pressante del tempo libero. Possibilita' percorribile con una maggior considerazione del fattore UMANO e una migliore distribuzione della ricchezza. GRAZIE
Carlo Cadorna - Frascati - Mail - martedi 22 maggio 2018 13.33
Condivido gli auspici ma non l'analisi: la socialdemocrazia è entrata in crisi perché è stata vittima delle sue contraddizioni. Per fornire servizi sociali e benessere, soprattutto a quelli che non sono in condizione di lavorare, servono delle risorse. Per produrre risorse è necessaria un'economia liberale nella quale funzioni la concorrenza: i due momenti, quello della produzione e quello della distribuzione devono essere ben distinti ed in successione temporale: altrimenti non funziona. L'Italia ha problemi di produttività (la metà della Polonia) e mi domando se lavorando soltanto tre giorni, gli occupati accetteranno un maggiore impegno ed uno stipendio notevolmente inferiore.


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