Silvia MattinaLetitia Chai, una studentessa della 'Cornell University', nello Stato americano di New York, si è tolta i vestiti mentre discuteva la propria tesi di Laurea, intitolata: 'Acting in public: performance in everyday life'. Lo ha fatto per protesta nei confronti della sua relatrice, che qualche giorno prima, durante le prove della presentazione, le aveva mosso un appunto sui suoi pantaloncini "un po' troppo corti". Rimasta in biancheria intima, la ragazza ha chiesto anche ai presenti in aula di spogliarsi: un invito che alcuni hanno raccolto. La tesi della studentessa verteva sul tema dell'integrazione dei profughi. In particolare, di come questi dovrebbero essere trattati dalle società che li ospita. E cioè, in quanto membri attivi e non come corpi estranei. "La prima cosa che mi ha detto la professoressa", ha scritto la Chai su Facebook, "è stata: 'E' questo quello che indosserai? Sul serio'..."? Per Rebekah Maggor, docente del corso 'Performing and media arts', quei 'benedetti pantaloncini' erano troppo corti. E la laureanda in questione avrebbe dovuto fare attenzione, "perché in qualità di oratrice, anche i suoi vestiti avrebbero 'comunicato' qualcosa". In un'intervista rilasciata al 'Sun', la ragazza ha inoltre aggiunto che la sua professoressa temeva che tale abbigliamento avrebbe attirato l'attenzione degli uomini, spostandola così dagli argomenti della sua tesi di Laurea. A prescindere dal fatto che un'università non è certo un luogo sacro o un cimitero, in cui magari qualche accortezza in più è richiesta per motivi di contesto, quel che diverte della questione è l'ormai disordinato panorama sociale che ci circonda, in cui non vi è più alcuna 'bussola' di orientamento, per nessuno. Ognuno vede solamente quel che vuole vedere, quel che più gli dà fastidio o gli torna comodo. Un po' come ai tempi del '68 e dei cosiddetti 'capelloni'. Alcuni princìpi, ispirati alla disciplina militare, si confondono con quelli moralistici e di costume, quasi sempre per fini di 'contenimento', in base a un'idea dei comportamenti divenuta totalmente soggettiva e fuori controllo. Le università hanno un proprio regolamento interno: tutte le università. E di certo, all'alba del 2018, quasi nessuna specifica nel dettaglio come debbano vestirsi i singoli studenti, o di quanti centimetri debba essere la lunghezza di gonne e pantaloncini. A meno che non s'incorra nel reato di oscenità in luogo pubblico, che tuttavia è regolato da una norma penale, che vale per tutti, compresi gli insegnanti. E certamente, non era questo il caso. Anche nel mondo militare, determinate regole vengono adottate per motivazioni 'altre': i soldati indossano un'uniforme proprio per essere 'uniformi' e non spararsi addosso tra loro durante un'esercitazione o in un conflitto. Sono le motivazioni delle norme, quelle che vengono a mancare del tutto: non vi era alcun limite imposto dalla 'Cornell' su pantaloni e pantaloncini degli alunni. Eppure, la docente si è sentita in dovere di dire la sua, giudicando un'altra persona che, certamente, non era lì per mostrare le gambe o le proprie doti fisiche. Gli studenti sono quasi sempre dei ragazzi molto giovani. E i giovani sono portatori inconsapevoli di invidia e gelosia, perché hanno il tempo dalla loro parte. Chi, invece, tende a non farsi i 'fatti suoi', dovrebbe preoccuparsi di non averne più moltissimo. E che sprecarlo per simili sciocchezze sia da 'rimbecilliti'. Si prendesse una vacanza, questa professoressa. Magari, troverà anche lei qualcuno che le guarda le gambe, se ha ancora qualcosa di bello da far vedere: il corpo umano risulta esteticamente più sano di certe 'corbellerìe' che fuoriescono dalla bocca delle persone. Anche perché, insegnare in un ateneo non è certo come andare dal parrucchiere, in cui si può dire ogni stupidaggine che ci salta in mente. L'infrazione è dunque quella della docente, che si è lasciata andare in un giudizio malevolo, offendendo l'onorabilità della ragazza, la quale si è spogliata al fine di dimostrare di aver studiato lealmente e di non avere nulla da nascondere. Soprattutto, in quanto donna.


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