Dario CecconiTestimone di una delle pagine più buie della Storia, quella legata agli orrori dei campi di concentramento, il 19 gennaio scorso Liliana Segre è stata nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ancora non aveva conferito questa nomina a nessuno, durante il suo mandato. Di origini marchigiane, ma nata a Milano nel 1930 da famiglia ebrea agnostica, nel gennaio del 1943, dopo alcuni brevi soggiorni nelle carceri di Varese, Como e Milano, fu deportata insieme al padre ad Auschwitz. Stessa sorte subirono i suoi nonni paterni, qualche settimana più tardi. Il viaggio in treno durò una settimana. All'arrivo, venne separata dal padre, che non vide mai più perché fu ucciso il giorno successivo. In quanto ancora giovanissima, fu assegnata ai lavori forzati. Due anni più tardi intraprese la 'marcia della morte', quando con l'inesorabile avanzata della controffensiva russa da est, Heinrich Himmler, dal 1936 comandante della polizia e delle forze di sicurezza del Terzo Reich, decise di sgomberare i campi polacchi per distruggere le prove di quanto era successo e trasferire i deportati verso le zone più interne della Germania. Liliana Segre, in quell'occasione, riuscì ad arrivare al campo di concentramento tedesco di Malchow, dove rimase fino all'arrivo dei sovietici, avvenuto il primo maggio del 1945. Il ritorno alla normalità e il reinserimento nella società fu, per lei, un processo lungo, difficile e doloroso. Comprendere e far comprendere fino in fondo le atrocità subite non fu uno sforzo da poco, così come conviverci e cercare di dimenticare i traumi vissuti. Per questo motivo, per molto tempo aveva deciso di non parlare pubblicamente della propria esperienza, fino a quando, negli anni '90, finalmente si crearono le condizioni per riaprire quella pagina terrificante. Da allora, ha offerto la sua testimonianza partecipando a incontri e iniziative di ogni tipo, per mantenere vivo il ricordo della 'Shoah'. Adesso è stata chiamata a contribuire alla vita politica del Paese.

Sopravvissuta ad Auschwitz
Liliana Segre è una delle voci più intense della memoria della 'Shoah'. La sua storia è racchiusa in 'Sopravvissuta ad Auschwitz' (Paoline Editoriale Libri): una lunga intervista a Emanuela Zuccalà, in cui ha raccontato tutta la drammaticità della sua vita nel campo di concentramento. Tra gli estratti più belli e significativi del suo libro vogliamo ricordare alcuni passi decisamente interessanti: "Vivevamo immersi nella zona grigia dell'indifferenza. L'ho sofferta, l'indifferenza. Li ho visti, quelli che voltavano la faccia dall'altra parte. Anche oggi, ci sono persone che preferiscono non guardare". E più avanti: "Fummo scelti per la vita in 128. Il mio numero 75190 non si cancella: è dentro di me. Sono io, il 75190. I lager nazisti erano isole circondate dal silenzio. Il silenzio della Chiesa, i cui vertici non denunciarono mai. E li, su quelle strade, io ho visto un corteo di fantasmi in marcia. Come abbiamo fatto non lo so: forse era quella che chiamano la forza della disperazione". Riteniamo che ogni altra parola sia, francamente, inutile per descrivere ulteriormente il delirio di un'ideologia totalmente imperniata sul dominio di una razza, quella ariana, su tutte le altre.


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