Annalisa CivitelliFabio Galadini, direttore artistico del 'Civitafestival', la cui XXIX edizione si è tenuta quest'estate a Civitacastellana (Vt) segnalando una grande affluenza di pubblico, ci racconta il 'dietro le quinte' dell'organizzazione di un grande evento, cresciuto grazie alla ricerca e all'offerta qualitativa e culturale che, ogni anno, questa manifestazione puntualmente promuove. Teatro, letteratura, musica e mostre fotografiche sono espressioni artistiche che, unite tra loro, danno voce ai diversi linguaggi diretti al pubblico, per una crescita collettiva e culturale preziosa e fondamentale. L'intento è quello di diffondere e divulgare l'arte ponendosi in rapporto con numerosi ambienti, mentre la letteratura viene ospitata con il Premio Strega. Inoltre, Fabio Galadini è un protagonista importante del nostro panorama artistico e culturale. Ed è davvero convinto che non bisogna mai scoraggiarsi, bensì lottare, con metodo e convinzione, per conseguire i risultati che si meritano.

Fabio Galadini, il XXIX 'Civitafestival' ha ottenuto, quest'anno, una grande affluenza di pubblico: può spiegarcene il motivo?
"Il 'Civitafestival' è un appuntamento fisso da circa trent'anni, che ha ormai consolidato un proprio pubblico. Ogni anno, aumenta la comunicazione di questo evento e, puntualmente, ci accorgiamo che esso viene 'osservato' dagli operatori con sempre maggior interesse. Il festival è noto su tutto il territorio nazionale e le presenze di pubblico aumentano regolarmente. E' divenuto, insomma, un appuntamento atteso. E questa sua posizione dominante nel calendario dei festival estivi è dovuta al rigore e alla serietà della programmazione, ma soprattutto all'organizzazione, curata nei minimi particolari. Attestazioni di stima ci vengono non solo dal pubblico, ma anche dai professionisti del settore. Se un festival programma seriamente e in tempi ragionevoli, gestendo professionalmente l'accoglienza, si è già a un buon punto e il pubblico ti premia".

Quanto tempo ci vuole per organizzare una rassegna di tale valenza e in che modo richiamate artisti di spessore?
"Non esiste soluzione di continuità: la programmazione e l'organizzazione dura tutto l'anno. Sono ormai mesi che ho sul mio tavolo l'edizione del 2018. Ed è già partita l'intera 'macchina' organizzativa per il trentennale del festival, che si terrà, appunto, nel luglio 2018. Gli unici problemi che s'incontrano sono quelli derivanti dai rapporti con gli uffici pubblici e una burocrazìa divenuta lenta, poiché piuttosto 'invecchiata'. Ma ormai abbiamo acquisito una certa esperienza, che ci consente di gestire efficacemente le criticità".
 
Ci può descrivere il 'dietro le quinte' di un'organizzazione così grande e quali problematiche incontra durante il percorso?
"Il festival ha una sua 'macchina' organizzativa ormai collaudata. E' chiaro che ogni anno s'incontrano difficoltà e ostacoli nuovi da superare. E' necessario avere un atteggiamento che consideri i 'problemi' di immediata risoluzione: non c'è nessun problema che non si possa risolvere e superare. In ogni edizione, tuttavia, c'è sempre il solito 'grattacapo' da risolvere, il 'problema dei problemi': la ricerca dei fondi necessari a costruire un 'budget' significativo, che consenta di realizzare una programmazione all'altezza del ruolo che il festival si è conquistato in tanti anni di faticoso lavoro. Direi pertanto che la problematica maggiore rimane la questione economica. Con il progressivo 'taglio' operato dagli enti pubblici, locali e nazionali, manifestazioni storiche come il 'Civitafestival' devono affannarsi per sopravvivere. Noi abbiamo sviluppato una rete di sponsorizzazioni private, che finanziano il festival: aziende e imprese del territorio che abbiamo riunito sotto un unico marchio: 'Industria e Cultura in terra falisca'. Credo che l'impegno maggiore sia proprio questo, perché quando si hanno le idee chiare su ciò che può e deve essere programmato, il dovere maggiore diviene quello di trovare i fondi necessari per realizzare l'edizione annuale del 'Civitafestival'. Credo che ormai, in Italia, il futuro della cultura possa essere garantito dal 'mecenatismo' privato. Per quanto riguarda il Civitafestival, questo risultato raggiunto può essere considerato motivo di vanto. E, in parte, lo è. Però, in realtà, guardando il modo di produrre e di promuovere la cultura negli altri Paesi europei, direi che il mecenatismo privato in Italia, in questa precisa fase storica, rappresenta soprattutto il fallimento delle politiche culturali promosse dalle istituzioni pubbliche".

Successo, un termine 'ampio': come lo si ottiene?
"Spesso si associa il successo con l'affluenza del pubblico. E, in effetti, il successo è decretato dal pubblico: questa sembrerebbe la regola che governa lo spettacolo. E' proprio così? Se questa è la regola, allora i problemi non esistono: basta programmare quello che il pubblico 'vuole' e il gioco è fatto. Ma io credo che le cose non stiano esattamente così. Credo che il successo del 'Civitafestival', per esempio, sia dovuto a una programmazione che ha sempre privilegiato la ricerca e la qualità. Abbiamo sempre lavorato per offrire al pubblico eventi di qualità, che fossero in grado di mutuare i risultati della ricerca, anche quelli relativi alla tradizione. La sfida per una crescita collettiva consiste proprio in questo: non 'inseguire' gli schemi dell'intrattenimento televisivo, che plasma l'immaginario delle persone. Se c'è una proposta alternativa seria, il pubblico reagisce positivamente, perché capisce che il mondo dello spettacolo non è il 'regno dell'inganno', ma molto di più".

Quanta determinazione, volontà e serietà ci vogliono per fornire una buona comunicazione?
"Direi che l'onestà intellettuale e morale sono fondamentali per la riuscita di ogni cosa. Tale giudizio, però, non possiamo darcelo da soli: è chi osserva il nostro lavoro che deve giudicare. E, stando ai risultati conseguiti, direi che siamo sulla giusta strada. Non bisogna mai 'mollare', anche quando il pubblico sembra non premiare alcune scelte artistiche. Bisogna insistere: la gente è più 'rigorosa' di quanto non si creda. Lo scopo dev'esser quello di favorire una crescita collettiva, dunque l'onestà di non 'truffare' nessuno, in particolar modo il pubblico: questo è un imperativo categorico. C'è, inoltre, una sempre maggior necessità di competenze e di conoscenze specifiche: dirigere un festival di queste dimensioni è abbastanza complesso. Confido nei giovani che amano questo lavoro, perché di serietà, in giro, ne vedo poca, molto poca".


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