Ennio TrinelliL'insonnia aiuta. Perché quando ti stanchi di leggere e di dormire non se ne parla nemmeno pagando, scopri che la notte è il momento in cui ha un senso guardare la tv. Mi è capitato di seguire, su differenti canali, interessanti documentari sull'arte che fu e su accenni alla vita privata di alcuni dei più grandi artisti degli ultimi decenni.  Ed è stato bello rivedere artisti del calibro di Stan Laurel e Oliver Hardy, molto più grandi - soprattutto il primo - di ciò che ci è stato dato di vedere dalle nostre 'comiche' televisive. Rivedere nei dettagli le improvvisazioni e la perfetta e assoluta padronanza del gesto del quale solo Stan Laurel è stato capace e al quale anche il fin troppo celebrato Roberto Benigni paga un tributo quasi sconosciuto, è stato magnifico. Bello, inoltre, vedere sullo schermo anche la grande amicizia che legò Stan Laurel, ritiratosi dalla scene dopo la morte del suo partner artistico di una vita e fraterno amico, al grandissimo Marcel Marceau, probabilmente il più grande mimo della Storia insieme a Jacques Le Cocq e Linsay Kemp. E' stato bello rivivere l'epopea di Rudolf Nureyev, a partire dall'asilo politico in Francia, sino alla sua storia d'amore con Broom, l'altra stella della danza. E ascoltare dalle parole di Roberto Bolle quanto fu importante l'apporto artistico del grande ballerino russo nella storia della danza classica così come la conosciamo, con la rivisitazione del ruolo maschile sul palcoscenico attraverso coreografie innovative e 'rivoluzionarie'. Dato che il sonno tardava a venire, ho sorriso ripensando a una scuola di recitazione spagnola che, una decina d'anni fa, mi contrattò affinché facessi parte del corpo docente come insegnante di Recitazione e Commedia dell'Arte, la cui direttrice ignorava chi fossero Marta Graham e Lindsay Kemp. Ho poi sorriso di nuovo ripensando ai tanti giovani che, al tempo dei miei vent'anni, nemmeno secoli fa, utilizzavano le loro vacanze per andare in giro per l'Europa a studiare con questo o quel Maestro e apprendere tutto ciò che era possibile, spendendo molti soldi, dormendo dove potevano e mangiando - poco - ciò che capitava, mossi dalla passione per l'arte, il teatro, la danza. Io ero tra loro. Ho poi pensato con tristezza all'agghiacciante panorama giovanile odierno, dove 'cialtronesche' compagnie, spesso dirette da emeriti imbecilli senza arte né parte, s'inventino il mestiere di registi e drammaturghi dopo corsi di due mesi seguiti 'a singhiozzo'. Questi 'bambocci web-diretti' si permettono di insultare critici dello stampo di Alessandro Paesano per avere detto ciò che c'era in scena, il nulla, accusando la critica nel suo complesso di "non sapere nulla di teatro" e di voler "impedire lo sviluppo dei giovani per mantenere lo status quo". E' triste vedere questi 'poveracci', devastati dal loro conformismo e dalla loro nullità intellettuale, partecipare a ogni 'festivalucolo' che ha, naturalmente, tra i suoi obiettivi, "la promozione del teatro giovane" (avercene!), prendendosi poi la 'briga' di insultare non la loro incapacità, non la loro mancanza di cultura, non il loro non saper scrivere due dialoghi che abbiamo un senso, non il loro essere stonati o il non essere in grado di capire che uno spettacolo è una sinfonia che deve 'suonare' in armonia, anche musicalmente parlando, ma coloro i quali - siano il sottoscritto, il critico citato poc'anzi, il mio direttore di testata e tutti gli altri - "sono invitati per aiutare, con la loro critica, queste persone a crescere". Impreparazione e arroganza vanno sempre di pari passo. Per i grandi artisti citati poco fa, che della preparazione avevano fatto la loro base, il problema non si poneva. Si dovrebbe porre, invece, oggi. Soprattutto innanzi a questi 'cialtronucoli' ai quali la visibilità del web ha dato così alla testa da portarli all'onanismo intellettuale al primo 'like' che, immeritatamente, la loro madre ha messo compassionevolmente sotto al video degli adorati e dilettanti figlioli. Se l'arte è devastata, se il teatro è devastato, se la scrittura è quella che leggiamo, lo dobbiamo proprio a questo tipo di 'cialtronismo' che, al contrario della professionalità dei 'grandissimi', ha fatto proseliti. A qualcosa l'insonnia serve.


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