Serena Di GiovanniDal 2011, anno di conclusione dei costosi restauri che hanno interessato la Serra Moresca a Villa Torlonia, l'edificio risulta ancora inaccessibile al pubblico. È possibile osservarlo solo da una cancellata all'interno di un prato incolto che, secondo gli intendimenti dei Torlonia, avrebbe dovuto emulare i classici giardini all'inglese ma che, oggi, della cura e della razionalità anglosassone non ha proprio nulla. Ai romani amanti dell'arte e del patrimonio culturale della propria città, certamente non sfugge la bellezza di Villa Torlonia, storica villa nobiliare della capitale acquistata dalla famiglia Torlonia alla fine del XVIII secolo, poi divenuta residenza di Benito Mussolini sino al 1943 e, oggi, proprietà del comune di Roma. Villa che, dagli anni '90 del secolo scorso, ha avviato una serie di interventi di restauro, i quali hanno investito il parco e gli edifici: prima la Casina delle Civette; poi il Casino dei Principi; in seguito, la parte meridionale del parco, il Villino Rosso, fino al recente restauro della Limonaia, del Villino Medievale, del Casino Nobile, delle Scuderie Vecchie e della parte settentrionale della tenuta. Tra tutte le strutture della villa, spicca il bellissimo edificio con vetrate in stile arabeggiante, chiamato 'Serra Moresca'. Costruita tra il 1839 e il 1840 da Alessandro Torlonia, su progetto di Giuseppe Jappelli, la serra è chiaramente realizzata a imitazione degli elementi architettonici delle moschee di Cordova e dell'Alhambra di Granada e rientra nelle pittoresche progettazioni dei giardini all'inglese. Tuttavia, attualmente, della razionalità, delle geometrie e della purezza del modello anglosassone di giardino rimane ben poco. Oggi, infatti, la Serra, che prevedeva originariamente "la grotta e l'Armeria e il Ninfeo e la Pagoda indiana" e che si ispirava alle illustrazioni del libro di James Canavah Murphy, 'The Arabian Antiquities of Spain' (in italiano: Le antichità arabe in Spagna), è immersa all'interno di un parco poco curato, infestato di arbusti ed erbacce. Essa è, peraltro, inaccessibile al pubblico, nonostante sia stata restaurata da circa 5 anni. Un restauro, a dire il vero, che non figura nemmeno sul sito web dei musei di Villa Torlonia, seppure di esso se ne parli in documenti ufficiali e schede tecniche reperibili anche on line. Sostenuto dalla Sovrintendenza comunale ai Beni culturali sotto l'egida dell'assessorato alla Cultura del comune di Roma con un finanziamento di circa 4 milioni di euro, l'intervento è iniziato nel 2009 durante l'amministrazione Alemanno. Affidato alla 'Iab Spa', i lavori si sarebbero dovuti concludere nel 2011, come si apprende dalla scheda tecnica degli interventi. Affidati al progettista e architetto Walter Proietti, all'ingegner Mario Petrangeli e al dirigente U. O. Monumenti di Roma scavi, restauro e valorizzazione, architetto Francesco Giovannetti, l'opera di recupero si è svolta sotto la supervisione storico-artistica di Alberta Campitelli e Annapaola Agati, che attualmente ricopre il ruolo di Curatore dei Beni culturali presso la Sovrintendenza capitolina: U.O. Ville e Parchi Storici Villa Torlonia. Proprio la Campitelli, circa un anno fa, aveva segnalato lo stato di degrado di molte ville storiche romane, compresa Villa Torlonia, attribuendo la situazione alla frammentazione della competenze: "Del verde storico, infatti, si interessano il Servizio giardini e il Dipartimento tecnologico per ciò che riguarda gli impianti di tutti i generi, dall'illuminazione alle fontane, sulle quali però interviene anche l'Acea. E sempre delle fontane si occupa, inoltre, la Soprintendenza capitolina, che peraltro ha la supervisione su tutti gli aspetti che riguardano i parchi storici. Infine, ci sono l'Ama, i Municipi di pertinenza territoriale e ovviamente i Vigili urbani, a cui spetterebbe il controllo, e il dipartimento Mobilità...". La Campitelli ha dato le colpe della cattiva conservazione delle ville allo scandalo di Mafia Capitale, poiché "proprio la manutenzione del verde era particolarmente coinvolta, al centro degli interessi delle cooperative di Buzzi. E ciò ha fatto sì che gli appalti di manutenzione siano stati immediatamente bloccati, e anche giustamente, per verifiche di legittimità". Che siano questi i motivi per i quali la Serra Moresca è ancora interdetta al pubblico? Cos'è che impedisce la sua riapertura? Il problema, comunque, era noto al Campidoglio già da tre anni. Nell'ottobre 2014 - con la giunta dell'ex Sindaco di Roma, Ignazio Marino - la Serra rientrava in una delibera pensata dallo stesso Marino per la valorizzazione dei parchi e delle ville storiche chiuse al pubblico. Una valorizzazione che sarebbe dovuta avvenire ricorrendo all'aiuto di "mecenati" nella cura dei parchi e delle infrastrutture, attraverso concessioni e comodati d'uso, ma anche con l'apertura diretta al pubblico. Addirittura, l'ex sindaco aveva pensato di affidare l'edificio restaurato alla gestione di privati, per promuovere eventi di cultura e di valorizzazione del patrimonio: si parlava, a tal proposito, di un ostello per giovani artisti. Un progetto che, come al solito, dev'essere rimasto 'sospeso', forse per mancanza di denaro e di investimenti, o forse semplicemente per un intoppo burocratico dovuto alla frammentazione di quelle competenze, cui ha accennato la Campitelli. Così, almeno, hanno lasciato intendere gli operatori che lavorano a Villa Torlonia, i quali a seguito di una nostra specifica richiesta sul motivo per il quale l'edificio sia ancora chiuso al pubblico e il giardino lasciato all'incuria, non hanno saputo fornire alcuna risposta certa o univoca, pur assicurando la conclusione degli interventi di restauro. Di fatto, l'edificio oggi si mostra privo di ponteggi. Per contro, gli stessi operatori ci hanno, ahinoi, assicurato che la riapertura della Serra Moresca al pubblico "non è prevista", almeno nell'immediato. L'interdizione della Serra al pubblico rimane un mistero: al momento della pubblicazione del presente servizio abbiamo cercato di comprenderne le motivazioni, chiedendo chiarimenti direttamente ai responsabili della conservazione e della valorizzazione di Villa Torlonia, senza ricevere risposta. Non solo: la vicenda costituisce uno dei soliti, tristi, paradossi della capitale d'Italia, dove si impiegano 4 milioni di euro di soldi pubblici per restaurare un edificio di interesse storico-artistico per poi poterne godere, a distanza da 5 anni dagli interventi, solo attraverso una cancellata.


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