Vittorio LussanaE' andato in scena nei giorni scorsi, presso il Teatro San Paolo in Roma, la commedia 'nera' dal titolo 'Il futuro è donna', scritta e diretta da Eduardo Ricciardelli e da lui interpretata al fianco di Irma Ciaramella, Bernardino De Bernardis, Mariateresa Pascale, Elisabetta Ventura e Marco Di Campli San Vito. Prodotto da 'Teatraltro', in collaborazione con 'Teatro Zeta', 'Rialto' e 'Ddb', la pièce cerca di riflettere sulla realtà segmentata dei nostri tempi, a cominciare dalle relazioni di coppia. Due coppie di amanti si ritrovano a vivere vicende opposte, ma speculari: la prima si trova in una condizione di ricchezza e alterna le proprie giornate tra feste, ristoranti e viaggi nei luoghi più esclusivi; la seconda, viceversa, è angustiata dalle incombenze economiche, ma con una grande dignità e una sola speranza: quella di una vita migliore. Tuttavia, una serie di vicende bizzarre e inaspettate stravolgono le loro vite, legandoli in una singolare decisione: assoldare un killer per eliminare il proprio partner. 'Il futuro è donna' è dunque un viaggio a mezza strada tra il teatro dell'assurdo e il cinema 'poliziottesco' degli anni 70, in cui a inseguimenti e sparatorie si cerca di sostituire il ritmo incalzante del testo. Tale sperimentazione, però, riesce solo in parte: i riferimenti alla musica leggera, in alcuni casi risultano simpatici e surreali, altre volte molto meno, poiché tendono a conferire ai brani cantati in scena una funzione quasi da spot pubblicitario, o comunque presentate come astrazioni semplicistiche rispetto alla dura realtà quotidiana. Pur utilizzando canzonette 'minori', lo spettatore corre il rischio di sentirsi coinvolto in un generico giudizio di 'mero intrattenimento' verso tutta l'arte musicale italiana presa nel suo complesso, che di certo non pretende di svolgere una funzione-guida della società, ma si limita a 'fissarne' alcuni momenti. Parafrasando Bennato: "Sono solo canzonette". Qualche buon monologo sulla crisi dei rapporti di coppia riporta lo spettacolo sulla propria 'falsariga' di genere, ma rende ancor più distinguibile le non soddisfacenti, o non sempre appropriate, 'sortite' nell'assurdo, che dunque diventano elementi marginali, di contorno, nell'economia complessiva della rappresentazione. Il materiale contenutistico è buono, poiché corretta era l'idea di partenza: dimostrare come gli equilibri dell'amore moderno non 'tengano' più sia nell'opulenza, sia quando si sopravvive a fatica. Insomma, 'Il futuro è donna' rappresenta una discesa tra gli inferi di una società in cui non esistono più valori,principi,sacrifici in grado di fornire stabili fondamenta al progetto di vita tra due persone. Ma tale progetto esiste realmente? Le due coppie rappresentate possiedono una visione chiara di quello che vogliono, oppure vivono semplicemente alla giornata, schiacciati sul presente? La seconda ipotesi sembra prevalere. Ed è questo il vero spunto critico dell'autore: si è persa di vista ogni idea di futuro, ormai 'involgarita' tra incostanze e ricatti reciproci. Benissimo. Ma, allora, perché un titolo come 'Il futuro è donna', se è proprio il futuro a non esistere? E perché richiamarsi alle canzonette 'sanremesi'? Per spiegarci che la felicità è un qualcosa che va ben al di là di "un bicchiere di vino con un panino"? Noi crediamo che il pubblico questo già lo sapesse. E che non vi fosse alcun bisogno di sottolinearlo ulteriormente.



Lascia il tuo commento

Cristina - Milano - Mail - martedi 7 febbraio 2017 18.24
Ero curiosissima di conoscerne il contenuto di questo articolo, ma lei ha smontato la mia gioia polemizzando sulla società... Giustamente anche!


 1