Il Prof. Severino Antinori da molti anni è uno dei più noti esperti mondiali nel campo delle biotecnologie.

Professor Antinori, qual è il suo pensiero sulla questione del referendum abrogativo della legge sulla procreazione medicalmente assistita?
“Un parlamento responsabile non doveva approvare una legge pericolosa, potenzialmente dannosa per le persone. Adesso siamo tutti d’accordo nel fare il referendum, perché la gente si è stancata di questi ‘papaveri del palazzo’ che prima fanno le cose e dopo si accorgono di ciò che hanno approvato o lasciato approvare. Molti problemi si potevano evitare. Quindi, chi ha voluto quella norma ora è tenuto a rispondere all’opinione pubblica, tenendo anche presente che chi veramente ha favorito l’approvazione di quel progetto di legge sono stati gli esponenti cattolici della Margherita. Voglio dire: la responsabilità di quella legge è della maggioranza di centrodestra, ma dobbiamo anche ricordare che un aiuto fondamentale a suo tempo venne anche da alcuni settori democristiani della Margherita. In ogni caso, gli italiani queste cose le sanno. E se ne ricorderanno. Insomma, è mia convinzione che il referendum sia la via giusta per abrogare quell’obbrobrio”.

Il futuro della medicina passa per la clonazione, secondo lei?
“La clonazione è un evento già esistente in natura, in molti aspetti della riproduzione biologica di animali, piante e così via. E’ una via per rigenerare parti del corpo e, grazie a tali tecniche di riprogrammazione genetica, l’uomo potrà vivere meglio e molto di più”.

Può spiegarci in cosa consistono le tecniche di clonazione terapeutica autorizzate in Gran Bretagna quest’estate?
“La clonazione terapeutica è la possibilità di rigenerare cellule umane andando a riprodurre, mediante trasferimento nucleare, quella, diciamo così, esaurita, malata, con una più giovane. Il nucleo di questa cellula somatica, a sua volta riproduce cellule staminali cosiddette ‘bambine’, le quali possono rigenerare cellule di diverse parti del corpo umano. Questa, in estrema sintesi, è la spesso male interpretata clonazione terapeutica: un procedimento per ricreare tessuti e cellule ripartendo dal nucleo e dal Dna del soggetto, riportando allo stadio ‘bambino’ una cellula che, successivamente, prende a riprodurre quelle parti dell’organismo che ci interessano. Tra l’altro, si tratta di una tecnica già utilizzata da più di cinque anni in molti Paesi del mondo. Io l’ho dichiarato anche all’Accademia delle Scienze di Washinghton e quella mia affermazione è pubblicata agli atti dell’Accademia: a quei tempi sembrava una cosa impossibile, ma oggi molti Paesi hanno intrapreso questo percorso. Persino i coreani, con i quali ho collaborato personalmente. Ormai è una metodologia diffusa, insomma, e credo sia proprio la via giusta, al di là di ciò che possono pensare il ministro Sirchia e compagnia”.

Ma queste tecniche di rigenerazione di tessuti ed organi non corrono il rischio di poter essere, un giorno, ad esclusivo vantaggio dei ceti più abbienti?
“Se la tecnica funziona, le possibilità divengono enormi, perché la produzione quantitativa di cellule staminali clonate può essere altissima. Quindi non credo che chi finanzia tali ricerche lo faccia per motivazioni speculative o in favore di pochi. Le cellule clonate si possono produrre in quantità tali e la spinta di sviluppo di queste cellule, rispetto a quelle adulte, è talmente potente da risultare una strada giusta e adatta per tutti”.

La ricerca sulle staminali comporta la soppressione dell’embrione clonato: lei ritiene si tratti di un essere umano ‘a pieno titolo’, come sostiene la Chiesa cattolica?
“Anche intorno a questo punto, il procedimento scientifico non è esattamente questo: non si tratta, infatti, di sopprimere un embrione, ma di separare cellule staminali per poterle far sviluppare in abbondanza. Cercando di esprimermi con semplicità, noi ricercatori non stacchiamo l’embrione, ma una delle cellule che, potenzialmente, potrebbero generarne un altro. Pertanto, la Chiesa cattolica volutamente conferisce forza e ruolo di essere umano ad una cellula riprodotta e mandata in cariocinesi la quale, però, non ha niente, ancora, delle caratteristiche dell’embrione: solo dopo due o tre settimane essa comincia ad avere un’identità. Quindi è assolutamente non vero ciò che la Chiesa sta dicendo, e io rivendico che ci sia più chiarezza intorno a questo punto”.

Esiste un modo per liberare la ricerca sulla clonazione terapeutica tenendola, nel contempo, sotto attento controllo?
“Secondo me sì, perché ci sarebbe la possibilità di creare dei veri e propri protocolli di controllo per le cellule che vengono clonate. E ciò sarebbe relativamente facile da realizzare”.

Ma il tanto discusso, a suo tempo, Rapporto della Commissione Dulbecco, che risale all'anno 2000, non era un sentiero percorribile al fine di superare molti ostacoli di natura etico-morale?
“Sicuramente, poiché in quel caso si faceva riferimento a cellule separate l’una dall’altra, non agli embrioni. Quella poteva rappresentare una soluzione valida. Tuttavia, mi sembra anche di ricordare che, alla fine, se ne sia solo parlato e che, dopo, non si sia fatto più nulla. Hanno improvvisamente fermato tutto: questa è stato il dramma...”.
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