Fabrizio Federici"Volevo liberare il mondo dai disabili": questa l'agghiacciante spiegazione fornita dall'uomo che, nella notte tra mercoledì 25 e martedì 26 luglio, armato di coltello, ha ucciso 19 persone in un centro disabili di Sagamihara, 40 chilometri a sudovest di Tokyo. Satoshi Uematsu, 26 anni, è un ex dipendente della stessa struttura, il 'Tsukui Yamayuri Garden', da cui si era licenziato lo scorso 19 febbraio. Uematsu, già interrogato in passato dalla polizia, in quell'occasione aveva espresso il suo odio per i portatori di handicap, consegnando al portavoce della Camera dei rappresentanti una lettera con richiesta di una legge del parlamento che consentisse l'eutanasia per le persone disabili. L'impresa di Uematsu ricorda sinistramente una delle pagine più nere del regime 'hitleriano': la famigerata 'Aktion T4', il programma di segreta eliminazione di migliaia di malati mentali e portatori di malattie genetiche varato, con decreto del Fuhrer, il 1° settembre 1939 (lo stesso giorno dell'attacco alla Polonia) e sospeso dopo due anni (e almeno 70 mila vittime) per la contrarietà dell'opinione pubblica, specialmente delle chiese. Dal razzismo su base etnico-religiosa a quello su base 'socio-sanitaria': questa la deriva di un mondo che sembra correre su binari sempre più folli. Per quanto diversi nelle premesse di partenza, i due tipi di follìa integralista hanno in comune l'assoluta intolleranza per chi è diverso, per chi, semplicemente con la sua esistenza, rappresenta un affronto intollerabile alla logica del pensiero totalizzante (e totalitario: non a caso Uematsu, sui social network, si è ricollegato idealmente all'attentatore di Monaco del 22 luglio, a sua volta ammiratore di Anders Breivik, il killer di massa di Oslo e Utoya nel 2011). Per modalità e scelta del contesto, un vero e proprio 'assassinio nella cattedrale', anche l'intolleranza etnico-religiosa ha avuto senz'altro la sua manifestazione nell'omicidio di padre Jacques Hamel, a Saint Etienne du Rouvray, pochi giorni dopo la tragedia di Nizza. La Coreis (Comunità religiosa islamica italiana), associazione di musulmani italiani su base laica di dialogo con la cultura occidentale, condivide pienamente la presa di posizione nel comunicato dell'Ihei (Institute des hautes etudes islamiques), organo che partecipa attivamente alle concertazioni col ministero dell'Interno francese: "Noi cittadini francesi e credenti nell'unico Dio di Abramo", recita la nota, "rifiutiamo ogni forma di violenza, fisica o verbale, e condanniamo con la massima fermezza questi atti di terrorismo: che, usurpando il messaggio dell'Islam, cercano di seminare divisione ed esclusione all'interno della nostra comunità nazionale". Questa testimonianza di fratellanza spirituale ha avuto un seguito anche in Italia: domenica scorsa, prima della Messa, delegati della Coreis - proprio come, in questi giorni, molti mussulmani francesi, esortati dai loro imam - hanno portato il proprio saluto in chiesa, al vescovo e al parroco, a Roma, Milano, Novara, Genova, Verona, Sondrio, Ventimiglia, Brescia, Vicenza, Fermo, Siena, Piacenza, Brindisi, Palermo e Agrigento. Questo il testo di saluto della Coreis: "Papa Francesco, tutti i cristiani, i musulmani, gli ebrei e i laici piangono per la perdita di Jaques Hamel e di tutte le vittime del 'franchising del terrore' e levano al cielo la loro preghiera. Non ci sono distinzioni di religione, quando si vive in un mondo spaccato dalla guerra: una guerra che dissemina l'odio a causa di furie omicide, strumentalizzate dal Daesh". Foad Aodi, 'Focal Point' per l'integrazione in Italia, per 'l'Alleanza delle civiltà' (Unaoc, organismo Onu), nonché presidente delle Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) e del movimento 'Uniti per unire', ha commentato quanto dichiarato dal Santo Padre innanzi a migliaia di giovani a Cracovia in merito agli ultimi episodi di sangue conclusi con l'attentato nella chiesa vicino Rouen: "Ringraziamo Papa Francesco, che con estrema lucidità parla della strumentalizzazione della religione per altri fini, essenzialmente di natura economica o politica. Sulla deviazione del Daesh dalla religione islamica abbiamo già parlato a sufficienza, chiarendo che chi trucida le persone nel nome di un Dio è senza religione e non c'entra niente con l'islam". Definendosi "indignato insieme a tutti gli arabi e i musulmani d'Italia" dalle costanti strumentalizzazioni politiche e mediatiche, Aodi ha inoltre lanciato un appello a tutte le religioni: "Le comunità del mondo arabo in Italia chiedono ai rappresentanti della chiesa cattolica e di tutte le religioni, musulmani, ebrei, cristiani copti, maroniti, ortodossi, valdesi e buddhisti, di unirsi per fare muro contro il terrorismo 'fai da te' e contro ogni tentativo del Daesh di scatenare uno scontro tra le civiltà". Il 'Focal Point' si è detto comunque "fiducioso nella costruzione del dialogo" e, rivolgendo i suoi ringraziamenti ad Ahmad Al-Tayyib, celebre Imam di Al-Azhar, l'Università del Cairo, al presidente palestinese, Abu Mazen, alla Regina di Giordania, Rania al-'Abd Allah, alla Comunità musulmana in Francia "e a tutti gli esponenti del mondo musulmano e arabo che nel mondo continuano a condannare questo terrorismo 'cieco', del quale siamo tutti vittime". Come presidente della Co-mai, Aodi, infine, ha lanciato un appello ecumenico "a tutti i musulmani e arabi d'Italia, affinché si rechino nella chiesa più vicina per pregare con i fratelli cristiani, uniti contro il terrorismo, salutando il prete ucciso in Francia e tutte le vittime del terrore".


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