Annalisa CivitelliLa comicità, in Italia, può essere migliorata alla radice. Basandosi su schemi portanti della mimica corporea e della beffa pesante, essa ci ha sempre portati a ridere istintivamente, ma forse a farci riflettere poco su ciò che si guarda. Chi si approccia a questo genere di mestiere - il comico - almeno ultimamente prova a discostarsi da esempi passati e odierne ridondanze, essendo presente anche in trasmissioni umoristiche. Le solite proposte, così, sembrano non piacere più: 'Colorado', 'Made in sud' e altri programmi sfornano continuamente modelli preconfezionati e omologati, i quali cercano di divertire il pubblico mediante un linguaggio di basso livello, poco ricercato, più fruibile da parte dei giovani, di facile e rapido utilizzo, con la 'parolaccia' sempre a portata di mano. Senza alcun impegno, tra l'altro, da parte delle emittenti, nel provare a 'direzionare' il pubblico verso prodotti qualitativamente più validi, pur di scendere a 'patti' con lo share e assecondare le richieste dell'utente. Questo è ciò che trapela da due interessanti articoli di Laura Tonini su www.vice.com e Domenico Naso su www.ilfattoquotidiano.it in merito, rispettivamente, ai programmi 'Eccezionale veramente' e 'Made in sud', che stigmatizzano le scadenti scelte dei palinsesti, tese soprattutto a garantirsi la stagione successiva. In particolare, l'analisi di Laura Tonini per 'Eccezionale veramente', programma andato in onda su La7, è una critica feroce intorno all'uso delle parole e solleva una questione profonda e contestualizzata. "Il problema", ha spiegato, "non è la carica dilettantistica da 'Corrida' dei concorrenti, ma il completo fraintendimento del concetto di talento comico che fornisce. Un talento in cui il punto non è più uno spirito 'controintuitivo' di osservazione della realtà, né la capacità di sorprendere il pubblico con una 'punchline' brillante o un ragionamento deviato. In 'Eccezionale veramente', il punto sembra essere strappare brandelli di risate registrate a 'botte' di ululati, volgarità varie ed eventuali, pura e semplice pigrizia cognitiva. È un contenitore perfetto e su misura come una tomba di tutto ciò che ha viziato e inquinato l'eredità greve della commedia all'italiana, di un conservatorismo becero che riflette l'incapacità non tanto di fare una comicità nuova ed efficace, quanto anche solo di pensarla. La cosa più triste", scrive ancora la Tonini, "è che un qualsiasi tweet di somejoio92 di Spinoza è più tagliente e connesso con le nostre esistenze di un intero programma messo su da professionisti in cerca di talenti giovani, mentre elementi fondanti della comicità, come la satira e il commento della contemporaneità, vengono totalmente tagliati fuori dall'idea di intrattenimento televisivo". Possiamo considerare, quindi, che malgrado alcuni messaggi derivati sia da questi programmi 'sui generis', sia dai film anni '70 e '80, benché risuonino ancora validi in quanto specchio di una società invariata e dolente, contestualmente e in modo drastico necessitano di proposte nuove, qualitativamente superiori, per riuscire a scuotere le menti in modo diverso. Ma un'onda 'anomala' si sta propagando in lungo e largo per la penisola, destando gli italiani e forse svegliandoli dal loro torpore. Una rivoluzione lungimirante, di derivazione inglese: la 'stand up comedy'. Essa propone spettacoli di stile umoristico e prevede un solo comico sul palco, il quale, in piedi e in assenza della quarta parete, si presenta al pubblico con monologhi dissacranti. Una forma d'arte assai diffusa nei Paesi anglofoni (la tradizione è quasi secolare), che vede esibirsi sul palco anche artisti sconosciuti in pub e club, affinché essi possano testare la propria irriverente arguzia di fronte a un pubblico adulto e preparato. Un genere che richiede, insomma, di spingersi un po' più in là del necessario: dimostrarsi audaci nel trattare la provocazione ed essere necessariamente provocatori, per non scadere nel banale e lavorare sull'originalità e sull'evoluzione di temi scottanti e sui tabù. La scena è 'spoglia': solo un microfono per far sentire la voce di chi si esibisce. Così l'artista propone i propri argomenti satirici e spunti della realtà: politica, religione, società, pornografia, alcoolismo, depressione, tossicodipendenza e sesso, irridendo con ferocia qualsiasi pregiudizio. Questa la classica linea del 'monologhista', mentre la 'one liner' adotta battute secche e non strettamente collegate tra loro. In Italia, questo tipo di movimento nasce nel 2009 grazie all'intuizione di Filippo Giardina, il quale ha sentito l'esigenza di trasmettere una satira più 'adulta', cinica e dissacrante, rivolta a un pubblico rigorosamente maggiore di 18 anni. Molti 'stand up comedian', un collettivo di professionisti della comicità, si sono uniti a Giardina per il suo progetto, dal titolo 'Satiriasi'. Già prima del 2012, il gruppo, stabile alla 'Locanda Atlantide' di Roma, proponeva le sue performance aprendo (nello stesso anno) la quarta stagione. Ora, al 'Caracciolo' di Roma, alla terza stagione per Comedy Central, ognuno dei 'comedian' si alterna sul palco esibendosi con monologhi inediti, della durata di 10 minuti. Attualmente, il nostro Paese sembra essere più maturo per aprirsi a questo genere di esibizioni. La partecipazione a spettacoli di 'stand up comedy' significa assumersi la responsabilità di generare un innalzamento culturale rispetto gli standard abituali. In una società come la nostra, satura di contenuti, parole e immagini superflue, la comicità consapevole e tagliente sa arrivare in modo diretto. I nuovi comici, che 'calpestano' i 'piedi' ai poteri forti e sviscerano argomenti sferzanti, si sentono più liberi di 'trattare' la parola, coinvolgendo il pubblico per renderlo motivato, partecipe, 'complice'. Ultimamente, la squadra di 'Satiriasi', formata da Filippo Giardina, Giorgio Montanini, Saverio Raimondo, Pietro Sparacino, Velia Lalli, Mauro Fratini e Francesco Di Carlo, circola in diverse location italiane urlando il proprio verbo, anche singolarmente. Un riscontro positivo lo ha già ottenuto Giorgio Montanini, con il suo 'Nemico Pubblico' su Raitre, già alla sua terza stagione, così come nei teatri, con lo spettacolo: 'Liberaci dal bene'; Filippo Giardina, per parte sua, continua a riscuotere successo con 'Contumelie'; troviamo, infine, Saverio Raimondo presente sul canale 'Comedy Central'. Tutta la squadra si presenta al pubblico anche singolarmente, sullo stile dell'one man show, con vari spettacoli in giro per l'Italia, non ultima 'La Tognaza' al 'Douze' di Roma. Da non sottovalutare i corsi per principianti e i diversi workshop, predisposti e dedicati a chi si vuole avvicinare alla 'stand up' e per gli emergenti del genere. Ricordare 'Zelig' in quanto 'spazio' precursore di una comicità ben fatta, è qualcosa che aiuta a rievocare il passato, come alcuni nomi famosi che hanno fatto storia. Tra gli stranieri possiamo considerare: Bob Hope; Woody Allen; Bill Cosby; Lenny Bruce; Eddie Murphy; Bill Hicks; Robin Williams; Emo Philips. Tra gli italiani: Giorgio Gaber; Franca Valeri; Roberto Benigni; Beppe Grillo; Paolo Rossi; Lella Costa; Paolo Hendel; Alessandro Bergonzoni e Daniele Luttazzi, i quali hanno aperto le porte a questo genere di teatro satirico, tramite il quale non ci si assoggetta al sistema, bensì ci si pone sempre 'controcorrente'. La nota attrice italiana Simona Marchini ci insegna come la comicità sia "una magia della comunicazione", che fornisce spunti di riflessioni e d'insegnamento, soprattutto se di qualità. Ancora di più quella dialettale, che aiuta a conservare un linguaggio, per evocare emozioni e renderla più fruibile. Secondo quanto scrive la nostra indimenticabile Iside Martufoni sul sito della Treccani: "In Italia, c'è un atteggiamento snob nei confronti della comicità. Eppure, è proprio l'attore comico che, attraverso la satira e il grottesco, riesce a sollecitare nel pubblico una profonda riflessione e un'attenta analisi della società". Consapevoli di questa nuova tendenza possiamo solo avvalerci del nostro buon senso per contribuire a sconfiggere banali standard. Ampliare la mente è sinonimo di pensare 'in grande' e provare, quantomeno, a orientarci in modo diverso rispetto a ciò che risulta 'vecchio', spesso accettato per pura pigrizia mentale e dal quale distaccarsi sembra faticoso. La 'stand up comedy' ci dimostra, invece, che il cambiamento avviene dal basso e silenziosamente sale, per scuotere la massa, movimentarla verso un mondo nuovo di espressioni, di libertà e di osservazioni della realtà, per acquisirne maggior valore grazie a voci che destabilizzano le nostre idee, al fine di rinnovarle.


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