Giuseppe Lorin'Pash' è la parola più gioiosa che si tramanda da millenni nel periodo primaverile, ovvero nel primo plenilunio e non solo, tra il popolo ebraico. Mosè, il patriarca, fece coincidere il 'Pash', ovvero il 'passaggio', con l'esodo dall'Egitto attraverso il mar Rosso, inseguiti dall'esercito del faraone Ramses II. Il punto di fuga venne individuato nella zona di Pi-Achirot, fra Migdol e il mare di fronte a Baal-Sefon. Secondo la tradizione, la trasmigrazione venne favorita da una bassa marea che, opportunamente, permise il passaggio a Mosè e a tutti i suoi seguaci. "Gli Egiziani dunque li inseguirono. Tutti i cavalli, i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito li stavano per raggiungere, mentre essi erano in cammino attraverso il mare". - Es 14:9. Davanti agli Ebrei c'era il mare; dietro, il potente esercito egiziano; a destra e a sinistra montagne difficilissime da scalare. Sarebbe stato inutile, anzi impossibile, opporre resistenza o darsi alla fuga. L'unica scelta era proseguire affrettando il passo, o arrendersi e tornare schiavi in Egitto, oppure morire sotto i colpi degli egiziani. Così, secondo gli scritti dell'Esodo: "Quando il faraone si avvicinò, i figli d'Israele alzarono gli occhi; ed ecco, gli Egiziani marciavano alle loro spalle. Allora i figli d'Israele ebbero una gran paura, invocando a gran voce il Signore". - Es 14:10. "E Mosè disse al popolo: "Non abbiate paura, proseguite il vostro cammino e vedrete la salvezza che il Signore compirà oggi per voi; infatti, gli Egiziani che avete visto quest'oggi non li rivedrete mai più. Il Signore combatterà per voi e sarete salvi". - Es 14:13,14. Le acque allora si alzarono sull'esercito del faraone come uno 'tsunami', mettendo in salvo il popolo d'Israele, ormai giunto sulla riva opposta. Il 'passaggio', in ogni caso, ha origini primordiali, poiché è da considerarsi l'alternarsi del giorno con la notte, della vita con la morte, della primavera con l'estate, dell'autunno con l'inverno. Tutto è ciclico, cioè legato ai ritmi dei quattro elementi che regolano la vita sulla Terra. Quei 'ritmi' entrati a far parte della nostra eredità genetica primordiale, che hanno suggerito alle giovani menti la nascita del mito. È quell'archetipo del mito: quello del ritorno dal mondo sotterraneo alla luce del giorno di Persefone, figlia di Demetra, dea della terra, che simboleggiava, per la cultura dell'antica Grecia, il rinascere della vita in primavera dopo la fredda quiete dell'inverno. L'osservazione del cielo e della terra, del tempo e dello spazio e, ancora, provare gioia e dolore, freddo e caldo: situazioni e sensazioni che ancora oggi segnano il 'passaggio', la crescita, il rinnovamento, la rinascita. Eppoi, la figura dei profeti e dei maestri, tra i quali il figliolo del falegname di Nazareth, l'agnello immolato per la salvezza dell'Uomo, simbolo universale di questa antica 'mediazione'. Il simbolismo dell'agnello, o meglio del capretto, sarebbe strettamente legato al culto arboreo nello stesso significato che aveva la lepre per la dea Eostre, divinità nordica, la cui etimologia sta all'origine del termine inglese 'Easter'. La capra, come Pan, errando per i boschi e le fresche acque dei ruscelli, si nutre di gemme e cortecce degli alberi. Solo al dio Pan era permesso nutrirsi della vegetazione primaverile, dunque la stessa capretta non poteva che essere considerata sacra. L'uomo indigeno, mangiando la carne dell'animale, credeva di acquisire per introiezione la forza e una parte di divinità. Pertanto, il cibarsi di animali sacri diventava un momento solenne, al quale dovevano presiedere i componenti della tribù. Non a caso, la comunione, con l'Agnus Dei, ha radici antiche e primordiali. Le uova, forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un ruolo unico, come simbolo della vita in sé, ma anche del mistero della vita stessa. In tempi remoti, il cielo e la terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo. E le uova erano il simbolo del ritorno alla vita. In primavera, gli uccelli preparano il nido, dando l'annuncio che l'inverno e il freddo sono ormai passati. Greci, cinesi, persiani, slavi e russi se li scambiavano come dono per le feste primaverili. Si ricordino le uova 'Fabergé', realizzate appunto dalla gioielleria di Peter Carl Fabergé: uova policrome in smalto, ideate presso la corte dello Czar di tutte le Russie; ma anche nell'antico Egitto, le uova decorate erano scambiate all'equinozio di primavera, data d'inizio del nuovo anno, quando ancora l'annualità si basava sul fertile limo lasciato come una 'carezza' dal sacro Nilo. Le uova, associate per secoli alla primavera, con l'avvento del cristianesimo divennero simbolo della rinascita non della natura, ma dell'uomo stesso, della resurrezione di Cristo, dell'augurio della rinascita anche in altre forme. Ci siamo limitati, insomma, a una semplice riflessione sul significato simbolico e culturale della Pasqua. E con tutta la redazione rivolgiamo ai lettori i nostri migliori auguri.




Nella foto: il museo egizio in Vaticano
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