Gaetano Massimo MacrìAltro che gourmet, filosofie vegane e simili: il futuro che ci attende come consumatori a tavola potrebbe essere molto diverso. In Thailandia o in Cina è una realtà ben consolidata. E circa due miliardi di persone nel mondo ne fanno già uso. Stiamo parlando del mangiare insetti: argomento che, sulle prime, potrebbe dar fastidio, ma è più serio di quanto non si pensi. In Piemonte lo hanno preso alla lettera: nella terra dei nobilissimi vitigni e dei tartufi pregiati, suona strano che qualcuno abbia deciso di intraprendere la strada di un allevamento di mosche e bachi. Eppure, è successo davvero. Anzi, l'idea è quella di trasformare il territorio in un luogo di riferimento per l'allevamento di insetti a uso alimentare. L'Expo milanese aveva toccato l'argomento, allineandosi con quanto la Fao sostiene da anni: l'uso di insetti per l'alimentazione, nonché per la produzione di mangimi, offre diversi vantaggi per l'ambiente e la salute dei popoli. Gli insetti si nutrono di rifiuti organici, resti di cibo che possono trasformare in nuove proteine utilizzabili dagli animali. Il consumo di gas serra è inferiore e si richiede una più bassa superficie di terreni per l'allevamento. Per quanto riguarda la salute, non vi sono dubbi: secondo gli esperti, il contenuto nutrizionale degli insetti è di tutto rispetto. Le proteine sono di alta qualità e molte specie possiedono una concentrazione elevata di acidi grassi (come il pesce). Altro particolare, non meno degno di nota, è il fatto che si riproducono velocemente e sono presenti pressocché ovunque nel mondo. In altri termini: sono facili da reperire e non richiedono tecniche particolarmente sviluppate. A questo punto, la domanda sorge spontanea: si riuscirà ad annullare il divario tra Paesi tecnologicamente avanzati e non? A tal proposito, qualche anno fa si è riunita a Roma una commissione di esperti per studiare le nuove strategie sull'argomento. E, tra le riflessioni emerse, è stata evidenziata la necessità di diversificare le specie, mantenendo una varietà genetica in grado di evitare il collasso dei sistemi di allevamento; d'implementare le ricerche per migliorare il confronto coi cibi tradizionali; di migliorare la meccanizzazione, per ridurre i costi di produzione e livellarli a quelli 'tradizionali'. Rivedendo la questione senza il tipico pregiudizio 'all'occidentale', allevare insetti potrebbe essere una pratica come un'altra, utile se non altro per creare lavoro e guadagnare. Questo è il punto su cui ha fatto leva il Piemonte col progetto 'Bomb-Hi', sostenuto dalla Fao e cofinanziato dalla Regione. Al momento, è stato avviato lo studio per capire la fattibilità del progetto: ciò che serve in concreto a realizzarlo; la sua sostenibilità; il modello industriale da seguire; i vantaggi in termini di occupazione della forza lavoro. A coordinare il tutto è l'Agenzia territoriale Langhe del Monferrato Roero (La.Mo.). Ne fanno parte varie imprese e centri di ricerca come l'Istituto per le piante da legno e l'ambiente (Ipla) della Regione Piemonte, insieme all'Istituto per lo studio delle macromolecole del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismac-Cnr). Da quanto è emerso finora, il territorio piemontese ha tutti i numeri per diventare un posto all'avanguardia, in Italia, per la coltivazione di insetti. Una buona notizia per le imprese del settore agroindustriale, che possono immaginare nuove opportunità di guadagno in questo particolare settore del food. Il Piemonte, in passato, aveva già 'fatto affari' con il baco da seta per l'industria tessile. Ora, potrebbe finire sulle tavole degli italiani, insieme alla 'mosca soldato'. Si tratta ancora di piccoli passi, che in futuro, tuttavia, potrebbero avere la loro importanza, al di là dell'aspetto economico. Secondo le stime Fao, entro il 2030 il consumo di carne aumenterà al punto da non poter disporre dello spazio sufficiente per i pascoli degli animali. Stime ancora peggiori riguardano il 2050, quando, sempre secondo la Fao, la produzione mondiale di cibo dovrà aumentare del 70%, almeno per il fabbisogno della popolazione, che sarà cresciuta di numero. Disgustosi o meno, non avremo il tempo di scegliere o di fare gli schizzinosi. Del resto, lo dice anche la Bibbia (Levitico 11,20-23): "Potrete mangiare: ogni specie di cavallette; ogni specie di locuste; gli acridi e i grilli". Arriverà il giorno in cui un nutrizionista ci dirà che 100 grammi di bruco possono bastare per soddisfare buona parte del fabbisogno proteico giornaliero di minerali come calcio, ferro, magnesio, fosforo, potassio e zinco. Per il momento, chi è allergico ai crostacei, parenti stretti degli insetti - sono artropodi - farebbe bene a evitarli.

La parola: entomofagia fra tabù e normalità
Colui che si ciba di insetti è definito: 'entomofago'. Di fatto, un predatore. L'uomo primitivo era già entomofago prima che scoprisse la caccia e, in seguito, l'agricoltura. In molti Paesi dell'America meridionale, dell'Asia, dell'Africa o dell'Australia, è una pratica diffusa. Le specie utilizzate come alimento (circa 1200) sono soprattutto coleotteri (31%); lepidotteri (18%); api, formiche e vespe (14%). "Il mondo occidentale è ancora molto restìo a certe pratiche", sostiene la Fao. Anche se la Ue ha approvato un accordo, il cosiddetto 'novel food', che semplifica le procedure per chi voglia commercializzare i 'nuovi prodotti' sul mercato.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio