Giorgio MorinoAver coperto le statue dei 'Musei capitolini' in occasione della visita del presidente iraniano, Hassan Rohani, è stata una scelta assolutamente incomprensibile. Nonostante le belle parole del leader islamico, che ha definito gli italiani "un popolo ospitale" capace "di mettere a proprio agio gli ospiti" sarebbe più giusto definire i responsabili di questo 'gesto ospitale' senza dover per forza scendere nel campo degli insulti più grevi, che comunque sarebbero quasi comprensibili nei confronti dei pavidi soggetti irrispettosi del nostro patrimonio artistico e della nostra Storia. Le differenze culturali tra due Paesi sono sacrosante e rispettabili: su questo non si discute. Come sempre, però, quando si tratta di far rispettare la nostra immagine, noi italiani siamo capaci di scendere a livelli inqualificabili di servilismo, umiliando il nostro patrimonio con veli che non ci appartengono. Proprio il velo, questa protezione che impedisce all'occhio di soffermarsi sulle peccaminose bellezze della donna diventando, di conseguenza, sintomo stesso del dominio maschile, è diventato ormai il simbolo della battaglia per la dignità delle donne islamiche. Perché, dunque, applicare questo oggetto 'demonizzato' a quanto di più bello l'uomo e l'Italia, nel suo lungo percorso storico-culturale, hanno prodotto? Sembra quasi di essere tornati al periodo del 'braghe' che i dettami della Controriforma cattolica, nel 1564, imposero alle nudità del 'Giudizio universale' di Michelangelo. Un paragone forse estremo, ma che diviene attuale nel clima d'ipocrisia e intolleranza che ormai si respira. Se ad avanzare una richiesta che, in questo caso, può sembrarci oscurantista e retrograda, ma comunque contraria a qualsivoglia principio etico-religioso del Paese ospitante, fosse stato uno Stato tollerante, non necessariamente laico, ma quantomeno rispettoso delle altrui opinioni e professioni religiose, si sarebbe sollevato questo 'polverone' mediatico? Troppo facile nascondersi dietro ai contratti miliardari sottoscritti o siglati con l'Iran: il mondo della diplomazia e quello della finanza vivono di regole e cerimoniali precisi, dettami sempre variabili e d'importanza pari, se non addirittura superiori, ai contenuti stessi di una trattato internazionale qualsiasi. La cortesia è quindi un valore universale, che dev'essere riservato all'ospite, ma che dev'essere altresì ricambiata con il reciproco rispetto culturale: un elemento assai raro da ritrovare in determinati Paesi. Non stiamo parlando di becero nazionalismo, semmai di intimo rispetto per la propria cultura, di quel gusto del 'bello' che ha reso l'Italia inimitabile nel mondo. A quanto sembra, per poter aggiungere al 'danno' anche la 'beffa', il premier Matteo Renzi e il ministro Dario Franceschini erano del tutto ignari della vicenda. Partendo dal presupposto che davanti a un fatto, per quanto 'spinoso', si possa offrire una dimostrazione di maggior 'classe' e opportunismo politico assumendosene la responsabilità anziché 'lavarsene le mani', viene da chiedersi chi sia stato talmente 'zelante' da prendersi l'onere di una decisione del genere, oltretutto senza nessuna indicazione a supporto. Stando sempre alle dichiarazioni di Rohani, nessuno dello staff del presidente o dell'ambasciata iraniana ha fatto esplicita richiesta affinché le statue venissero coperte o addirittura occultate: lncomprensione su incomprensione. Ma la vera questione, in fondo, è un'altra: se tutte le nudità sono state occultate e considerando che più della metà di queste sono state coperte, cosa ha visto il leader iraniano? Magari, la prossima volta sarà meglio scegliere un itinerario di visita meno 'sconveniente'.


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