La mia adesione, starei per dire naturaliter, all’appello-manifesto di Arturo Diaconale per la Casa Laica, non sarebbe stata così convinta se non si fossero verificate due vendette, una dietro l’altra, anzi, una insieme all’altra. La prima vendetta è stata quella della Politica che, annichilita prima dal giustizialismo selettivo e poi umiliata, bistrattata e male usata, si è presa la sua riscossa sia a sinistra che a destra in queste ultime elezioni: non ha fatto vincere nessuno dei due Poli, li ha lasciati nella palude, cioè nelle loro patenti contraddizioni di cui il bipolarismo imperfetto, quello cioè che ti fa vincere ma ti impedisce di governare, è l’espressione principale. La seconda vendetta, concomitante e intrecciata alla prima, è quella del laicismo, del riformismo, del libertarismo, del liberalismo, di quell’insieme di idee, propositi, aneliti, ansie, aree politico culturali che sono state letteralmente ignorate da destra e sinistra ma, in modo particolare, dalla prima.
Il laicismo, il liberalismo di Fi cos’è? Dov’è? C’è ancora? Non parrebbe se, a sentire Biondi e Costa, due liberali (e galantuomini) doc, Forza Italia avrebbe bisogno, hic et nunc, cioè subito, di un Congresso vero, posto che quello di Assago era finto, era uno spottone fine a se stesso, una passerella autoreferenziale di notabili. Non a caso le proposte più dirompenti provengono da aree analoghe e contigue, vedi quella di Biondi per un ministero alla Bonino - che sarebbe davvero una uscita alla grande da questo impasse - ma anche quella di Pannella a Berlusconi di essere “ascoltati, facendo finire l’embargo sui Radicali”. Le due vendette di cui parliamo, però, non servirebbero a molto se non fossero accompagnate da proposte sul “che fare?” che non siano la solita resa dei conti, il solito far volare gli stracci e, quindi, il ricominciare tutto come se niente fosse.
Temo, ahimè, che in Fi finirà così, anche perché non è mai riuscita ad assumere un suo profilo e un suo ruolo in quanto partito e soprattutto non è stata percepita nella società come quel partito liberal-popolare che vuole trasformare l’Italia, mediando fra i vari interessi, rappresentandone alcuni, affrontandone altri, proponendo soluzioni. Il tutto mentre esistono e agiscono partiti fortemente organizzati ma anche tanti “partiti invisibili”, quelli che, una volta, quando gli piaceva il lib-lab, l’amico Intini definiva “partiti irresponsabili”. In fondo, nasce da qui la crisi della leadership berlusconiano che potrebbe diventare, se già non lo fosse, la crisi del bipolarismo imperfetto. La necessità di una formulazione più chiara e più urgente della necessità di una area liberale, riformista, laica, radicale in un modo o in un altro coordinata, federata e finalizzata a rendere visibile e agibile l’anelito riformatore e innovatore, è emersa ora dopo questi risultati elettorali ma era in nuce anche prima.
Deriva e derivava dai mancati appuntamenti di una CdL al governo, non tanto o non solo sui provvedimenti tipici per un’espressione positiva del liberalismo e laicismo: il divorzio veloce, il proibizionismo, la fecondazione assistita, la libertà di ricerca scientifica, quanto e soprattutto, sulla visione riformatrice di una coalizione in vantaggio sull’altra - cosa mai verificata in cinquanta e più anni e governi - che non è stata capace di dare risposte riformatrici, appunto, e liberali e liberiste alle grandi questioni, a cominciare dalla giustizia per finire all’economia. Riformismo, liberalismo e liberismo, i termini indistinguibili del laicismo, sono stati ampiamente bistrattati, emarginati, liquidati con la classica alzata di spalle nel momento stesso in cui ce n’era (e ce n’è) più bisogno come se, di colpo, fossero state messe a tacere le aree dentro Fi che si richiamano al socialismo, al liberalismo, al laicismo: di questo parla, anche, la protesta-proposta pannelliana ad un Premier scarsamente attento su questo versante.
Ma di questo parla anche e sopratutto, la squillante vittoria del Nuovo Psi di Gianni De Michelis e Bobo Craxi, nella misura con la quale interpreta il malcontento dentro la CdL ma, anche, l’esigenza al di fuori di questa di ridare impulso e forza ad un partito chiaramente e coraggiosamente impostato sul liberalsocialismo. Di questo, infine, parla la voglia di laicismo, la volontà di dare vita, senza pretese egemoniche, con umiltà, con tenacia e con rispetto reciproco, ad una Casa aperta a tutti coloro che sentono l’urgenza della presenza di questo lievito nella società e nella politica italiane. Non so se c’è bisogno di un Nanni Moretti laico, liberale e riformista che possa dirgli, papale papale, se andate avanti così, se andiamo avanti così, non andrete, non andremo lontani. Di certo, non si vince...



Condirettore de 'L'Opinione delle Libertà'
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