Vittorio LussanaLe elezioni regionali previste per il prossimo 31 maggio rappresentano un 'test' di una certa importanza. Si tratta di una 'tornata' amministrativa che potrebbe condizionare, in forme e modi anche significativi, la vita politica del Paese per i prossimi mesi. La situazione attuale delle nostre principali formazioni politiche non è affatto buona: il Partito democratico, nelle sue vicende più recenti, si è diviso profondamente a causa di una serie di scelte che sono apparse alquanto controverse. Al contempo, il centrodestra 'moderato' si ritrova immerso in una profondissima crisi di identità e di leadership. Ciò rischia di avvantaggiare il voto di protesta, quello a favore di Beppe Grillo, oppure per Matteo Salvini. Ma a prescindere da ciò, risultano già ora evidenti una serie di indicazioni che meriterebbero un'analisi maggiormente approfondita. In Campania, per esempio, il Governatore 'uscente', Stefano Caldoro, si è dimostrato persona attenta e preparata nel gestire una regione difficile e 'stracarica' di problemi. E meriterebbe di poter proseguire la propria esperienza amministrativa a riprova del fatto che, quando lo si vuole, anche negli ambienti di Forza Italia non sarebbe poi così difficile selezionare esponenti all'altezza della complessa fase politica che stiamo attraversando. In Puglia, viceversa, riteniamo Michele Emiliano uno degli esponenti più interessanti della nuova 'sinistra renziana', sia sotto il profilo della propria capacità personale, sia per le doti di saggezza che lo hanno sempre contraddistinto, pur senza rinnegare le proprie convinzioni in termini di linea politica generale. A dimostrazione di come si possa essere in piena sintonia con la Segreteria nazionale del proprio Partito, senza per forza ricorrere a quelle forme di faziosità 'calcistica' che riproducono uno dei peggiori difetti della seconda Repubblica. A tal riguardo, in Liguria si va prefigurando una situazione piuttosto ambigua: così come non si capisce per quale motivo Silvio Berlusconi non si decida a utilizzare lo strumento delle primarie, al fine di dare al popolo moderato la possibilità di mobilitarsi e autoregolamentarsi, allo stesso modo non si comprende come mai il Partito democratico, che già da tempo utilizza tale metodologia di competizione e selezione interna della propria classe dirigente, non voglia provare a normare tale procedura, evitando lacerazioni, polemiche e confusioni. A meno che, in un Paese 'rovesciato' come il nostro, non s'intenda generare il 'mostro' di un personale politico del centrosinistra scelto dagli elettori del centrodestra e viceversa: siamo così 'bravi' a far le cose 'al contrario', noi italiani, da essere tranquillamente capaci di dare spettacolo agli occhi del mondo anche attraverso astrusità 'cervellotiche' di questo genere. In Veneto, infine, la vittoria del leghista Luca Zaia, esponenente che comunque si conferma tra i più preparati dell'arcipelago 'nordista', appare eventualità che definiremmo 'scontata', nonostante la nostra più che vivace simpatia per la 'coraggiosa' Alessandra Moretti, la quale meriterebbe un 'exploit' simile a quello che, nel 2013, portò la giovane e capace Debora Serracchiani alla guida del Friuli Venezia Giulia. In ogni caso, quel che ci preme sottolineare è soprattutto la speranza che l'intero 'passaggio' amministrativo in questione venga considerato dagli elettori in quanto tale. Ovvero, esattamente per quello che è: una consultazione 'locale' e non un 'mini-referendum' nei confronti di Matteo Renzi. Ciò al fine di evitare 'scosse', ondulatorie e sussultorie, che potrebbero danneggiare le fondamenta dell'esecutivo attualmente in carica, il quale non è ancora riuscito a dispiegare tutte le proprie 'potenzialità' riformatrici. Non neghiamo di ritrovarci, anche noi osservatori, impensieriti e, in qualche caso, addirittura perplessi nei riguardi del Governo Renzi, poiché non tutte le decisioni prese ci hanno convinto pienamente. Ma limiti ed errori ci avevano già lasciato di 'stucco' sin dai tempi del Governo Letta, poiché da una 'sinistra di governo' ci attendevamo qualcosa di più. Tuttavia, riteniamo opportuno attendere ancora qualche tempo, al fine di comprendere se l'esecutivo attualmente in carica sia in grado di farci approdare verso traguardi e obiettivi di maggior concretezza strutturale. Ecco dunque per quale motivo chiediamo ai cittadini indicazioni chiare, ma non 'sconvolgenti', dettate da esigenze e problematiche legate soprattutto ai rispettivi territori più che dalla tentazione di 'rivoluzionare' la situazione. Auspichiamo pertanto che queste nostre indicazioni vengano soppesate, valutate e accolte dalla maggior parte di coloro che si recheranno alle urne il prossimo 31 maggio. Anche perché, per riuscire a collocare ogni 'pedone' degli 'scacchi' al posto giusto, non è mai una buona cosa prendere a calci l'intera 'scacchiera'.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
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Tommaso - Ferrandina (MT) - Mail - lunedi 18 maggio 2015 22.3
Analisi interessante...
Massimo - Roma - Mail - lunedi 18 maggio 2015 20.36
Insomma, siamo alle solite: "votare il meno peggio"?? Solo che ci troviamo nella stessa situazione di non chiarezza: la sinistra deve essere più di sinistra o meno di sinistra?... E cosa significa poi essere di sinistra? Lo stesso lessema vale, in fondo, per la destra.... Se si deve votare per cambiare o migliorare, auspicarsi un continuum governativo lo trovo alquanto contraddicente. Oggi, va di moda, all'interno della spocchia politica, snobbare o denigrare la "protesta", ovvero la cultura del movimentismo, tanto cara ai 5 stelle o alla Lega 'salviniana'. Secondo me, è proprio qui l'errore! Tali malcontenti, giusti molto spesso, di popolo, andavano invece fatti propri e magari diretti, secondo la più giusta e lungimirante cultura gramsciana...


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